Con un articolo sul posto, il noto giornalista inglese descrive l’Esercito siriano rivitalizzato dal successo delle armi avanzate fornite dai russi.
Rudy Panko, Russia Insider, 27 febbraio 2016
Sei mesi fa, i gruppi terroristici ed i loro camerati “moderati” si avvicinavano a Damasco. Ora l’Esercito arabo siriano è a meno di 100 km da Raqqa, la “capitale” del cosiddetto Califfato islamico. Cosa è cambiato? Da quando è entrata nel conflitto a settembre, la Russia ha equipaggiato l’Esercito arabo siriano con alcune delle armi più avanzate sulla terra. Scrivendo per The Independent, Robert Fisk racconta il ruolo cruciale che armi ed addestramento russi hanno giocato mutando la situazione militare precaria della Siria: “Si possono vedere carri armati T-90 russi nuovi di zecca dell’Esercito arabo siriano allineati con la nuova livrea desertica a circa 100 km dalla “capitale” dello SIIL Raqqa. Vi sono nuovi camion di fabbricazione russa accanto e molta artiglieria e, sicuramente le spie dello SIIL sono state inviate a vederlo, molti soldati siriani che camminano lungo il perimetro della base accanto ai soldati russi che indossano cappelli militari ad ampie falde, contro il sole, usati nella calure estivo dell’Afghanistan degli anni ’80. C’è anche un generale russo presso la base militare d’Isriyah, che opera affinché gli equipaggi dei carri armati siriani ricevano l’addestramento più efficace sui T-90”. Fisk evidenza che, mentre l’equipaggiamento russo ha mutato l’equilibrio sul campo in Siria, anche addestramento e consulenza russi sono stati fondamentali nei recenti successi dell’Esercito arabo siriano: “Gli ufficiali siriani hanno dimostrato come il nuovo sistema antimissile del T-90 dirotti a un metro dal carro i missili che gli vengono sparati direttamente contro. Questa è l’arma che potrebbe sconfiggere i massicci attacchi con missili di SIIL e Nusra? Forse. Ancora più importante per i siriani, tuttavia, sono i nuovi sensori per la visione notturna dei movimenti e l’elettronica per la sorveglianza e la ricognizione russi che hanno permesso all’Esercito governativo di sfondare le difese di Jabhat al-Nusra nel nord-ovest montuoso della Siria, spezzando le linee di rifornimento dei terroristi dalla Turchia ad Aleppo. Per un esercito che ha subito 60000 morti in quasi cinque anni di duri combattimenti, gli ufficiali siriani hanno improvvisamente scoperto che la nuova tecnologia russa coincide con la rapida riduzione delle perdite. Questa sarà la ragione del continuo afflusso di disertori dell’ex-‘esercito libero siriano’ che rientrano nei ranghi delle forze governative, riducendo ancor più l’esercito di oltre 70000 soldati fantasma “moderati” di David Cameron. Curiosamente, dall’inizio della guerra nel 2011, una percentuale di gran lunga superiore di poliziotti e personale della sicurezza politica siriani sono passati ai nemici di Bashar al-Assad che non soldati dell’esercito regolare. Ci sono stati 5000 disertori su una forza complessiva di 28000 poliziotti”. I russi sono in una posizione unica nell’esercito siriano; possono addestrarlo nell’impiego dei nuovi carri armati T-90 e vedere come agiscono senza dover subire eventuali perdite.
In origine c’erano piani per riprendere Palmira, la città romana già vandalizzata dal SIIL, ma le difficoltà del terreno desertico hanno convinto i siriani che le offensive nel nord per tagliare tutte le vie dei terroristi dalla Turchia alla Siria fossero molto più utili. E naturalmente tutto questo ha fatto infuriare la Turchia: “Nessuna meraviglia che i turchi ora bombardino le forze siriane lungo il confine. I russi, naturalmente, trovano molto più facile addestrare gli uomini a combattere in città o in montagna, gli ambienti in cui hanno combattuto, che nei deserti, dove i militari russi non hanno esperienza dalla guerra di Gamal Abdel Nasser nello Yemen”. Anche se il cessate il fuoco fallisce è chiaro come la Siria sia un importante banco di prova per nuove armi e tattiche russe: ed è un successo travolgente.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora