DA ANTICORPI

 Di Viator
In questo periodo di ‘grandi cambiamenti’ può accadere che il sistema intorno a noi si impalli esattamente come un Windows qualsiasi. Può impallarsi sia nella esecuzione di istruzioni primarie, ad esempio la politica economica e i rapporti internazionali di un grande paese come l’Italia, sia nella esecuzione diistruzioni di minore importanza, come quella che induce praticamente tutti i cittadini dei paesi ‘ricchi’ ad auto-gratificarsi facendo shopping.

Il bug della Libia

Secondo quanto narrato nei libri di storia e film di guerra, alla fine della seconda guerra mondiale l’Italia fu liberata dal dominio nazi-fascista grazie all’intervento delle truppe anglo-americane. Tale liberazione tuttavia previde qualche piccola clausola. Una di esse fu l’articolo 11 della nostra Costituzione (1946) da interpretarsi  in abbinamento alla adesione al Patto Atlantico (1949).

L’articolo 11 della Costituzione italiana recita quanto segue:
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Tutto ciò in soldoni vuol dire che l’Italia ripudia si la guerra, ma ad alcune condizioni.
Nel senso che tutte le volte che un ente internazionale occidentale autoproclamatosi portatore di pace e giustizia si dia a bombardare un paese sovrano con la intenzione (autentica o pretestuosa) di fargli del bene, il nostro Paese è costituzionalmente obbligato a sottostare a delle non meglio precisate limitazioni di sovranità.

Si tratta di una delle variegate incarnazioni del concetto della ‘violenza a fin di bene’; l’idea che la guerra sia accettabile e necessaria se finalizzata alla difesa di qualcosa considerato ‘buono’. Concetto degno della neo-lingua di orwelliana memoria, che i media – soprattutto con il cinema – non mancano di esaltare ogni volta che possono. Un concetto che si presta a facili strumentalizzazioni.

Sta di fatto che se in passato l’adempimento dell’art. 11 della Costituzione non aveva creato grosse difficoltà ai nostri governanti, la esecuzione delle istruzioni concernenti il ruolo assegnato all’Italia nella campagna libica ha sviluppato un conflitto con l’articolo 3 del Trattato di Bengasi (2008), innescando un macroscopico bug sistemico.

 L’art. 3 del Trattato di Bengasi recita infatti che: ‘Le Parti si impegnano a non ricorrere alla minaccia o allo impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’altra Parte o a ogni altra forma incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite.’ Fonte
Mi sembra chiaro che Gheddafi al momento non avesse molto chiaro cosa fosse compatibile con la Carta delle Nazioni Unite.

Ad ogni modo è stato quando i paesi ‘buoni’ hanno deciso di radere al suolo la Libia – adoperando la penisola italiana come comoda portaerei – che si è sviluppato il conflitto. Un lieve ma fastidioso incagliamento del meccanismo; un bug fatto di facce tese, tentennamenti, dichiarazioni, smentite, silenzi, tutto terribilmente anti-coreografico.

Nel momento stesso in cui l’Italia si è vista costretta ad attenersi a quanto sancito nella propria Costituzione, consentendo a malincuore alla limitazione della propria sovranità e prestando il supporto militare e logistico preteso dalle forze impegnate nella ‘lotta per il bene’ del popolo libico, in un istante ha perso quel briciolo di credibilità che le restava in qualità di stato sovrano, e ha perso il rapporto economico privilegiato che intratteneva con la Libia.

E’ mai esistito un evento più fantozziano e illogico nella storia della politica economica internazionale? L’Italia è stata costretta non solo ad assistere impotente, ma perfino a contribuire allo annientamento di uno dei suoi più solidi partner economici, col quale aveva appena stipulato un trattato, ed ottenendone in cambio un crollo di credibilità al livello internazionale.

Come tutti i bug, anche quello appena descritto ha suscitato una serie di sorrisi straniti. In molti si sono chiesti che senso avesse che uno stato sovrano compiesse un simile autogol. Probabilmente gli stessi che continuano a farsi domande circa un altro curioso bug: uno stato sovrano disseminato di basi militari straniere.

Il bug del governo italiano


Alla luce dello accerchiamento unanime, internazionale, sovranazionale, multimediale, multisettoriale,multidimensionale tramite cui Berlusconi è stato trascinato fuori dalle balle, dovrebbe essere chiaro che la inadeguatezza politica del Cavaliere, evidente fin dalla sua comparsa sulla scena politica nazionale e mondiale, non possa spiegare una così vasta e articolata campagna anti-berlusconiana sorta dal nulla dopo 17 anni di permissivismo.

Qualcuno potrà obiettare che ultimamente gli attacchi si siano inaspriti e moltiplicati a causa della situazione finanziaria in cui versa il nostro Paese, e del ‘rischio contagio’ corso dalle altre potenze economiche europee.

Mi chiedo allora dove fosse questa legione di censori dell’ultim’ora nei 17 anni dominati dal Cavaliere, in cui il debito pubblico lievitava fino ai livelli attuali nella più completa indifferenza della informazione mainstream. Dov’erano le agenzie di rating? Dov’erano i moniti severi della Unione Europea e della BCE? Schiacciavano una pennichella di massa? Erano collettivamente distratti? A quei tempi sembrava che nessuno fosse disposto a denunciare la silenziosa emergenza economica (ben risaputa) che ci ha condotti fino a questo punto. Viene quasi da sospettare che in diversi ambienti si sia concorso nel nascondere la ferita affinché conducesse alla cancrena.

 A dirla tutta viene anche il sospetto che l’estenuante tiro al bersaglio fatto di fotografie osè, scandali a luci rosse, risarcimenti miliardari, defezioni parlamentari, spread in rialzo, moniti della UE e della BCE, sorrisetti ironici tra premier di altri paesi, abbia avuto luogo per un unico basilare motivo: perché nei programmi dei burattinai non era previsto che a gestire le riforme conseguenti lo scoppio della crisi in Italia fosse un governo controllato dalla Lega. Quest’ultima infatti nei test preliminari non aveva soddisfatto i requisiti di zerbinismo necessari per farsi espressione politica del vampirismo finanziario internazionale.
Se in qualità di seconda forza di governo anziché la Lega ci fosse stato un qualsiasi altro partito la cui sopravvivenza non fosse dipesa così strettamente dal consenso di un elettorato sui generis, circoscritto e attento a certi dettagli, probabilmente a quest’ora il governo Berlusconi avrebbe già attuato le riforme lacrime e sangue‘auspicate’ dalle istituzioni sovranazionali, e il Cavaliere non sarebbe dimissionario.

Ma non solo. Se per il nostro ormai ex premier non fosse stata vitale la conservazione del ruolo che gli garantiva la immunità giudiziaria, questo governo non avrebbe avuto il benché minimo interesse a resistere tanto a lungo allo assedio di Fort Apache.

E’ stata questa straordinaria, a suo modo ironica convergenza di anomalie a generare il bug. Un grosso errore di sistema per rimediare al quale il regista del film si è visto costretto a sacrificare qualcosa del realismo della messa in scena, intervenendo con mano pesante sulla sceneggiatura e suscitando in molti osservatori la sensazione di stare assistendo ad una trama talmente mal concepita da richiedere il ricorso ad un deus ex machina. Stessa sensazione provata assistendo alle meste abdicazioni di Zapatero e Papandreou.
Il bug dello Shopping


Fa specie udire certi pensatori da talk show perorare la teoria secondo cui l’Italia in realtà sia ancora un paese generalmente benestante poiché alla apertura del nuovo megastore di una catena di elettronica è accorsa una folla oceanica, mandando in tilt il traffico e creando numerosi problemi al normale adempimento del tran tranquotidiano.
Se la gente può prendere d’assalto un negozio per accaparrarsi una lavatrice o un telefonino vuol dire che i soldi non mancano, asseriscono.
Pochi però hanno tenuto a specificare che per l’occasione i prodotti venivano venduti a prezzi stracciati, elemento fondamentale per la comprensione dell’evento.
L’episodio del megastore ha invece espresso limpidamente le difficoltà in cui versa la classe media italiana. Anche in questo caso si è trattato di un bug di sistema. Il primo di una lunga serie, temo. Un corto circuito innescatosi tra il condizionamento con cui il sistema educa la classe media ad auto-gratificarsi (quasi esclusivamente) mediante lo acquisto di beni superflui, e la sopraggiunta, inedita impossibilità economica di eseguire tale istruzione.

Ci aspettano giorni buggati.

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