Che l’Occidente sia antropocentrico non vi è dubbio alcuno. L’antropocentrismo è una forma di pensiero che si ripercuote nella realtà determinando un’incessante recinzione e cementificazione della Natura, con l’obiettivo di creare habitat artificiali prevalentemente umani: la prima forma di Matrix in cui viviamo è la città. Tuttavia rimane il fatto che l’uomo, volente o nolente, deve convivere con altre creature che popolano il pianeta e, che ci piaccia o no, la Terra non è solo degli uomini, e guai se non fosse così, pena l’estinzione!
Se da un lato il concetto di antispecismo risulta molto arduo da definire – data la complessa struttura dell’ecosistema in cui siamo immersi, ideologia in cui coesistono ambigui controsensi, paradossi e circoli viziosi dovuti alle molte sfaccettature che caratterizzano e regolano i rapporti tra gli esseri viventi – allo stesso tempo va detto che anche il concetto di ‘specismo’ risulta molto vago, proprio per il fatto che nonostante a livello ideologico l’Occidente sia (almeno così sbandierano i media) human-right-oriented o antropocentrico, in pratica è impossibile dividere l’uomo dall’ecosistema, in quanto nella realtà condividiamo il pianeta con altre specie dai tempi dei tempi, con le quali interagiamo quotidianamente da sempre.
È inoltre difficile valutare se un uomo ha di fatto sempre e comunque più diritti degli animali: che dire dei civili bombardati nelle guerre umane? Sostenere che per istinto si pensi prima ai propri simili risulta molto elusivo e superficiale, poiché l’uomo è capace di orribili mattanze anche nei confronti dei suoi stessi simili, e viceversa non mancano esempi stupefacenti di uomini e animali che salvano individui di altre specie, rischiando sovente le proprie vite. Per fare un esempio, si pensi alle migliaia di mummie di gatti ritrovate nelle tombe dell’antico Egitto, indice che quest’animale, per i nostri antenati egiziani, era degno di una sepoltura faraonica mentre agli schiavi umani non era riservato lo stesso ‘nobile’ trattamento.
I vegani più intransigenti, con passo felpato ed estatica visione, cercano di far sì che il mondo animale si gestisca da sé, tentando di limitare al massimo i danni nei confronti dell’ecosistema. Talora alcuni provano a ‘veganizzare’ il più possibile il mondo circostante, ad esempio ‘costringendo’ il proprio animale domestico a seguire una dieta a base vegetale, allo scopo di rendere la vita a tutti un po’ più lieve.
Sembrerebbe una forzatura a prima vista, dato che il senso comune ci sussurra che non si può obbligare qualcun altro a vivere secondo un’ideologia non scelta, ma anche questo pensiero è contraddittorio, perché anche il nutrirsi di carne, ad esempio, è de facto un fattore culturale obbligato sin dalla tenera età: il bambino non ‘sceglie’ di nutrirsi di maiale o di parlare italiano anziché l’esperanto, e il cane non sceglie di vivere in un recinto o di mangiare crocchette industriali, siano esse vegetali o di vacca.
Ma che dire di coloro che affermano di amare gli animali pur alimentando l’industria della carne? Come spiegare i comportamenti di coloro che si emozionano dinanzi ad un pulcino o ad un vitello, ma se ne nutrono? Perché molte persone si prendono cura di animali domestici nelle proprie abitazioni da un lato, e dall’altro vestono il cappotto con il futile colletto di pelliccia di cane (scuoiato vivo) per moda? E come si spiega inoltre che molti mangiatori di carne non riescano a fare una semplice connessione tra la bistecca sul piatto e il mattatoio, tanto che impallidiscono dinanzi alle cruenti immagini della macellazione? Non sono questi comportamenti aberrazioni del cosiddetto mondo civilizzato?
Coloro che si pongono il problema del maltrattamento degli animali, siano essi animalisti o ‘persone normali’, notano talicontrosensi: alcuni giustificano il tutto, altri trovano la propria soluzione nel veg(etari)anismo.
George Orwell, nel suo celebre 1984, definì questo fenomeno come doppio pensiero (doublethink): si prenda ad esempio chi crede che si faccia la ‘guerra’ per portare la ‘pace’. Nel caso in cui l’evidenza risulti innegabile, quelli che non vogliono rinunciare alla propria credenza tendono a piegare la novità alla propria forma mentis come modello intoccabile per dar senso al nuovo: da qui i mangiatori di carne ma ‘amanti degli animali’ chiamano in causa gli uomini primitivi, le tradizioni, i ‘canini’ o la catena alimentare per giustificare la propria dissonanza.
Ovviamente i consumatori di carne che si definiscono ‘animalisti’ sono in piena dissonanza, specie quando, pur sapendo che questo alimento è superfluo nella dieta umana, sostengono di ‘amare gli animali’. Anche la filosofia vegana non è esente da paradossi, come quando ad esempio si nutre un animale carnivoro, ma è condannabile tale ‘contraddizione’ (falsus in uno (ergo) falsus in omnibus?) o bisogna comunque apprezzare l’operato di chi almeno prova ad ammortizzare la sofferenza altrui con piena coscienza? [Fonte]
Un modo di analizzare l’estrema divergenza fra la visione del mondo delle società primitive basate sulla terra e quella della attuale società consiste nel confrontare le prospettive biocentrica e antropocentrica.
Il biocentrismo è una prospettiva che s’incentra sulla terra e ci collega ad essa e alla trama complessa della vita. L’antropocentrismo, la visione del mondo dominante nella cultura occidentale, considera la società umana al centro di ogni cosa, escludendo il resto della vita.
Una visione biocentrica non rifiuta la società umana, ma la priva dello status di superiorità e la pone in equilibrio con tutte le forze della vita. Dà priorità a una prospettiva bio-regionale, profondamente legata alle piante, agli animali, agli insetti, al clima, alle caratteristiche geografiche e allo spirito del luogo che abitiamo.
L’ eco-anarchismo si sforza di andare oltre le idee e le decisioni incentrate sull’umano, a favore di un’attenzione e un rispetto per tutte le vite e le dinamiche degli ecosistemi che ci sostengono. [Fonte]