Tra i paesi esposti alla crisi di liquidità, l’Italia è sotto forte pressione, con un debito in scadenza nel 2012 per oltre € 300 miliardi (oltre alle emissioni di nuovo debito). La maggior parte della raccolta dovrebbe avvenire a marzo (oltre € 115 miliardi). Cosa potrebbe accadere se questo accordo non si dovesse realizzare? Se qualche giudice o un referendum dovesse bloccare o ritardare questo processo, o se la BCE non fosse in grado di intervenire? Quali sono i costi potenziali di non rispondere rapidamente alle prossime crisi di liquidità? E, soprattutto, cosa succederà al secondo più grande debito Europeo (in termini assoluti) e ai paesi più a rischio, se l’Eurozona, nel suo complesso, non ferma il contagio? Lo scenario pessimistico può essere suddiviso in tre fasi, che è probabile che possano verificarsi in un contesto a crescita nulla o negativa e nessun intervento della BCE. La prima fase in parte sta già avvenendo ora.
-
I governi non sono in grado di portare avanti misure di stabilità capaci di rilanciare la crescita, diminuire la spesa pubblica e contenere il debito pubblico. Le misure fiscali potrebbero non essere sufficienti.
-
I tassi di interesse sul debito pubblico aumentano a livelli insostenibili. Una volta superata questa soglia, i tassi diventerebbero più volatili e salirebbero a un ritmo molto più veloce di prima, in quanto il mercato diventerebbe gradualmente illiquido (meno investitori disposti a comprare).
-
La BCE non interviene con un piano trasparente a lungo termine per ridurre e controllare i tassi di interesse (quantitative easing). Altre istituzioni non hanno abbastanza potenza di fuoco.
-
La mancanza di liquidità e la perdita graduale di accesso al mercato peggiora la capacità di rimborso del debito del paese. In poche settimane o mesi (a seconda delle condizioni di solvibilità del paese), la crisi si trasformerebbe da crisi di liquidità a crisi di insolvenza. In effetti, in una crisi più ampia, le privatizzazioni e le vendite dei beni pubblici sarebbero meno redditizie rispetto a delle condizioni di mercato stabili. Per esempio, non ci potrebbe essere la liquidità sufficiente per vendere il patrimonio immobiliare pubblico Italiano a prezzi convenienti per ridurre una parte del debito pubblico.
-
La crisi di liquidità colpirà settori chiave della spesa pubblica (stipendi, pensioni, ecc.). Lo Stato può diventare temporaneamente insolvente nei confronti della popolazione e delle imprese.
-
La BCE e il FMI potrebbero ancora non voler intervenire, in quanto i paesi membri potrebbero non avere raggiunto un accordo politico su come questo intervento dovrebbe essere fatto.
-
L’Italia e/o altri Stati membri dichiarano ‘default’ su una parte del loro debito. Default parziale o totale non importa. Quando accade, la perdita di fiducia – e quindi dell’accesso al mercato – è irreparabile, e spesso per anni.
-
Senza la possibilità per il paese di controllare il debito e ripagare quello vicino alla scadenza, e con il 60% del debito detenuto da investitori nazionali, enormi perdite peserebbero su risparmiatori e banche, non solo in Italia.
-
La paura si diffonde rapidamente nel sistema finanziario ed economico, e i capitali si spostano definitivamente verso i paesi dell’euro ‘più sicuri’. Già oggi le banche Italiane stanno sperimentando fughe di capitali e sono fortemente dipendenti dalle finestre di prestito della BCE a breve termine (fino a 3 mesi). La quantità di M3 nel sistema finanziario Italiano è a un livello storico basso (Manasse, 2011). La BCE già oggi fa fatica a far funzionare correttamente il mercato interbancario.
-
Gli altri Stati membri dell’area euro congelerebbero le attività estere delle banche Italiane per affrontare le perdite imposte alle banche straniere da un default Italiano.
-
A causa dell’alto rischio di insolvenza per individui e imprese, una forte stretta creditizia si abbatterebbe sull’intera economia Italiana e, indirettamente, sul suo sistema bancario, spingendolo in una spirale discendente. Ci sono segnali che una enorme stretta creditizia è già cominciata.
-
Effetti a catena su piccoli investitori e imprese, che iniziano la coda agli sportelli delle banche per prelevare denaro dai loro depositi, per timore che le banche siano sottocapitalizzate e possano essere sull’orlo del default.
-
Il governo Italiano è costretto a bloccare o limitare i prelievi dai conti correnti, per salvare il sistema finanziario ed economico dal crollo totale.
-
Non ci sono risorse a nessun livello da investire nella crescita e forti pressioni deflazionistiche spingerebbe il paese in un prolungato periodo di crescita negativa.
-
Entrate fiscali inferiori al previsto e il cattivo stato del sistema finanziario renderebbero la situazione dell’Italia ancora più insostenibile.
-
Se anche allora BCE e FMI non intervengono in modo sostanziale per fornire liquidità, questa volta direttamente al paese, la procedura di uscita dell’Italia dalla zona euro diventerebbe inevitabile, con enormi costi diretti e indiretti per l’intera area dell’euro (Eichengreen, 2007). La nuova denominazione dei contratti in valuta nazionale comporterebbe ulteriori perdite per risparmio e investimenti. Molte transazioni rimarrebbero bloccate (anche presso i tribunali) per mesi o anni.
-
Il sistema bancario italiano crollerebbe definitivamente. La zona euro crollerebbe o sarebbe ricostruita intorno a pochi paesi ‘più sicuri’, come Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi.
-
Oltre ai tagli agli stipendi e alle pensioni, a causa della impossibilità di accesso ai mercati finanziari, la svalutazione della moneta nazionale nel periodo successivo all’uscita dall’euro aumenterebbe l’inflazione per individui e imprese, che dovrebbero sostenere ulteriori perdite se non avessero potuto trasferire i loro beni all’estero.
-
A causa del rischio elevato d’insolvenza, i tassi di interesse per prestiti e mutui salirebbero alle stelle e l’ulteriore crisi del credito porterebbe l’economia e il sistema finanziario in un lungo periodo di crisi.
-
L’economia potrebbe riprendere a crescere presto, grazie alla forte svalutazione (vedi Argentina), ma questo accadrebbe in un paese che ha attraversato una prolungata difficoltà economica e finanziaria, rimasto senza risorse per promuovere investimenti a lungo termine e per soddisfare la spesa pubblica storica.
-
In assenza di stabilità economica e finanziaria, gli investimenti diretti stranieri scenderebbero ancora di più, almeno nel breve termine.
-
Gli indici di povertà della popolazione aumenterebbero.
-
Questi meccanismi collegati coi bassi consumi interni potrebbero generare una pericolosa spirale che getterebbe l’intero paese in un prolungato periodo di crisi economica, politica e sociale.
-
In questa situazione difficile da governare, i partiti radicali ed estremisti potrebbero guadagnare un sempre maggiore consenso.
-
I flussi migratori verso altri paesi Europei crescerebbero a livelli insostenibili, causando forti problemi diplomatici tra i paesi dell’UE. Se l’euro si scioglie, molto probabilmente l’intera Unione Europea crollerebbe. Accordi come Schengen sarebbero sospesi, almeno nel breve termine.