Il Vertice Nato di Bruxelles ha visto i Capi di Stato e di Governo accodarsi alla linea atlantista, riconsacrando senza se e senza ma la totale adesione al braccio militare del meccanismo d’assoggettamento dell’Europa e di contrapposizione all’Eurasia. Quanto forte sia il potere degli apparati Usa che lo cavalcano (Pentagono, Dipartimento di Stato, Intelligence, etc.) e delle lobby che manovrano vasta parte del Congresso, è dimostrato non tanto dal consenso acritico degli alleati/sudditi, quello è consueto, quanto dal fatto che lo stesso Trump, inseguito in patria da scandali e inchieste, è stato costretto ad allinearsi dopo aver inutilmente tuonato in campagna elettorale.
Al Vertice Nato i temi seri in agenda erano due, affiancati da un terzo più che altro di facciata: l’incremento della presenza militare in Afghanistan e il burden sharing, ovvero l’aumento del tributo che gli alleati/sudditi sono chiamati a versare per mantenere la propria condizione di servaggio.
A questi s’aggiunge l’ufficializzazione della partecipazione della Nato alla coalizione anti Daesh a guida Usa; curiosa iniziativa ora che l’Isis è in piena crisi e da leggere essenzialmente come un modo con cui lo “Stato profondo” americano intende coinvolgere la Nato (e i suoi assetti) nel gioco duro che sta per aprirsi in Medio Oriente, per la definizione degli equilibri dell’area dopo la sconfitta di terroristi e “ribelli” vari e la vittoria dell’Asse della Resistenza.
Tornando agli argomenti principali del Vertice Nato, attualmente l’Alleanza e i suoi partner schierano in Afghanistan circa 13mila uomini nell’ambito dell’operazione Resolute Support, prevalentemente con compiti di addestramento e mentoring delle disastrate forze afghane. E questo è il punto: i reparti di Kabul non sono assolutamente in grado di controllare l’insorgenza né tantomeno il territorio e i comandi sul campo continuano a chiedere rinforzi, almeno alcune migliaia di uomini.
Il Vertice Nato dovrà dare il placet politico, ai dettagli si penserà a giugno in due distinte riunioni: la prima a metà mese, tecnica, la seconda a fine mese, fra i Ministri della Difesa, sancirà la decisione con la ripartizione dei reparti e dei compiti.
Inutile tornate sull’assurdo di protrarre un’operazione scellerata, che al prezzo di una montagna di vite umane e di un fiume di denaro, ha totalmente distrutto un Paese solo per permettere agli Usa di mantenere la sua presa su un’area che considera strategica e che non intende lasciare ai suoi competitor (Cina, Russia, India, etc.).
Per quanto riguarda l’altro tema, il burden sharing, il Segretario dell’Alleanza Stoltenberg ha già messo le mani avanti nella conferenza stampa che ha preceduto il Vertice Nato: gli alleati/sudditi devono assumersi l’onere preso con stupefacente leggerezza nel Vertice Nato del 2014 a Varsavia, ovvero, portare la propria spesa militare al 2% del Pil ed aumentare massicciamente il proprio contributo all’Alleanza. E stavolta non si tratta di chiacchiere politiche: i singoli Stati dovranno mettere nero su bianco un piano d’incremento della spesa articolato su disponibilità finanziaria, capacità e contributi, che misuri ogni anno i progressi verso l’obiettivo.
In buona sostanza, si giunge all’assurdo che i sudditi dovranno accollarsi le spese della propria sudditanza, e non è tutto: dal computo sono rigorosamente escluse tutte le spese che i membri sostengono per mantenere la miriade di basi, installazioni e personale della Nato (ma il più delle volte degli Usa punto e basta) sul proprio territorio; per l’Italia una spesa enorme sostenuta semplicemente per permettere a Washington di mantenere, a costo praticamente zero, la rete d’infrastrutture che le consente di proiettare i suoi (e sottolineiamo suoi) interessi nel mondo.
In cambio gli Usa si dichiarano “disponibili” a rivedere i propri piani, aumentando per il 2018 il budget per consolidare la loro presenza in Europa. In realtà si tratta di una misura essenzialmente politica; i circa 1,4 Mld di dollari dedicati al teatro europeo nell’ambito dell’European Reassurance Initiative sono briciole nello sterminato bilancio del Pentagono e non sono indirizzati a posizionare nuove truppe, quanto a farle ruotare più frequentemente ed a posizionare mezzi e materiali (tutto sommato limitati) a ridosso dei confini russi.
Gli Usa continuano a ritenere il teatro europeo secondario, perché da molto tempo è il Pacifico il fulcro dei loro interessi ed il contenimento della Cina il loro obiettivo principale. Tuttavia, con l’investimento limitato che intendono effettuare vogliono legarsi politicamente i Paesi dell’Est Europa, più che mai pervasi da una sindrome anti russa, ed attraverso essi perpetuare quel clima di contrapposizione frontale con Mosca che impedisce la saldatura di un blocco eurasiatico da cui essi sarebbero esclusi, e il cui sabotaggio costituisce da un canto un primario interesse di Washington, dall’altro permette di perpetuare la stessa Nato e i meccanismi di servaggio sull’intero Continente.
Di tutto ciò, dietro un paravento di sorrisi ipocriti e servili, il vertice Nato di Bruxelles ha costituito l’ennesima rappresentazione.
di Salvo Ardizzone