(Paolo Pugliese) L’assemblea plenaria del Congresso dei Deputati, camera bassa del parlamento spagnolo, ha concluso in questi giorni il primo dibattito riguardante la proposta del Partito Popolare di modificare il regolamento interno in modo da garantire maggiore trasparenza al procedimento legislativo, istituendo un registro dei lobbisti.

Uno dei maggiori ostacoli alla regolamentazione dell’attività di public affairs è la cattiva fama delle lobby quali gruppi di individui senza scrupoli. Secondo Joan Navarro, vicepresidente di Llorente & Cuenca, società di comunicazione e relazioni istituzionali, tale stigma nasce negli Stati Uniti, che però applicano un modello diverso per la loro regolamentazione da quello che troviamo in Europa.

D’altro canto, i lobbisti sono famosi per la loro efficienza, ed evitiamo di citare la solita frase del Presidente Kennedy. Ma la cultura del sospetto non cambia, ed è una condizione del tutto simile a quella italiana. David Cordova, dottore di ricerca in diritto costituzionale e managing partner di Vinces consultancy, società specializzata in public affairs, definisce la proposta “un passo in una nuova direzione, per avvicinare il Congresso e il Senato ai cittadini e uno strumento per porre fine ai favoritismi.”

Secondo i dati recentemente pubblicati dall’APRI, l’associazione dei professionisti di public affairs spagnoli, la maggior parte delle società lavora con consulenti specializzati e l’88% ripeterebbe le strategie definite con l’assistenza di risorse esterne. Emerge inoltre che i lobbisti che lavorano per le imprese progettino le relazioni istituzionali per essere più incisive al crescere dell’ambito geografico, con Bruxelles al suo apice; al contrario, gli intervistati provenienti dal mondo associativo concentrano la loro azione nell’area nazionale.

Il portavoce del Partito Popolare al Congresso, Rafael Hernando, ha dichiarato che lo scopo della proposta è “fornire una definizione chiara dei gruppi di interesse e un registro in cui i gruppi di interesse possano iscriversi”. La modifica legislativa stabilisce che “le interazioni degli organi pubblici con le imprese, le associazioni, le ONG, i think tank, etc. sono legittime e necessarie per la qualità della democrazia, perché forniscono prospettive, punti di vista, opinioni e criteri che sarebbero altrimenti difficili da recepire per il legislatore.” Il prof. Cordova sottolinea come questa clausola chiarisca in modo definitivo che non solo il lavoro delle lobby è del tutto lecito, ma anche estremamente importante per la qualità delle regole.

La creazione di un registro dei lobbisti sta diventando prassi comune in molti stati europei; la proposta spagnola si distingue perché prevede la pubblicazione di tutti i documenti analizzati dalle parti durante gli incontri, nell’ottica di un’amministrazione veramente aperta al cittadino e di responsabilizzazione della politica. Il testo prevede inoltre di sanzionare i gruppi che non dovessero rispettare le disposizioni del registro proibendo l’accesso alle sedi istituzionali per un periodo di tempo proporzionale all’entità dell’infrazione commessa. Il garante per l’implementazione della normativa sarà l’ufficio di presidenza della Camera con la collaborazione della segreteria generale, prospettando dunque un modello molto simile a quello già adottato dal Parlamento Europeo: dal 2008 circa 9.200 entità si sono iscritte al registro dei gruppi di interesse, nonostante la legge non lo preveda come obbligatorio.

Una proposta del tutto simile alla nuova regolamentazione di Montecitorio, che sarà necessariamente in fase di rodaggio per i prossimi mesi e che già suscita dibattiti e dubbi. Ma è, in ogni caso, un primo passo molto incoraggiante verso l’accettazione culturale del ruolo dei lobbisti.

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