Il mese scorso, in piazza con la Meloni, il 29 gennaio, è scesa l’Italia “sovranista”.
Pochi giorni fa è nato a destra un altro partito, anch’esso “sovranista”, che scenderà in piazza, il 25 marzo. È “sovranista” la Lega, è “sovranista” il 5 Stelle ( ma lo è davvero? ).
Esiste persino un piccolo partito chiamato FSI, Fronte Sovranista Italiano.
Sono “sovranisti” per tardiva affermazione anche alcuni comunisti nostrani…
Oggi è tutto un proliferare di “sovranisti”.
D’altronde, in Italia, con questo termine ci siamo sempre sciacquati abbondantemente la bocca: “Il popolo è sovrano” lo stabilisce addirittura la Costituzione repubblicana che, declinando in collettivo una prerogativa individuale, ha reso tutti Re, quindi nessuno.
Esiste in rete, se uno cerca bene, pure un “Manifesto Sovranista”, in dodici punti, presentato al congresso dei Fratelli d’Italia, che vide eleggere Giorgia Meloni come segretario del partito. L’intervento di presentazione della mozione si può trovare al link :
Al punto IV del suddetto Manifesto si dichiara: “Noi vogliamo la Sovranità Monetaria: occorre uscire definitivamente dall’ambiguità sulla proprietà della moneta all’atto dell’emissione. Noi vogliamo che venga dichiarato e previsto per legge, sia essa nazionale o europea, che il mezzo di scambio circolante nella Repubblica Italiana deve essere di proprietà del portatore, pertanto ogni moneta (metallica, cartacea, elettronica) nel momento in cui viene creata deve essere accreditata e non addebitata allo Stato italiano che la utilizzerà esclusivamente per fini di pubblica utilità.”
Tale punto programmatico è imprescindibile per chi voglia oggi veramente dirimere la questione monetaria ed il debito ad essa connessa: la formula attualmente in voga di alcuni urlatori “sovranisti” – un’uscita rapida dall’Euro per tornare ad una lira ancora in mano a dei privati che la emettono prestandola allo Stato – non è risolutoria, ma illusoria.
Altro punto che ci piace ricordare di quel Manifesto, accolto tiepidamente da quell’assise congressuale ancora frastornata dalla fiducia a Monti e dal Fiscal Compact, è il VI, dove si ribadisce “nel pieno rispetto dei vincoli politici con gli Stati alleati, l’Italia deve rientrare nella proprietà e nel pieno possesso di ogni base militare straniera presente sul suolo nazionale.”
In buona sostanza, e con un certo anticipo rispetto ai ripensamenti del neo eletto presidente statunitense, si afferma la volontà di rescindere da un Patto militare che ha fatto ormai il suo tempo e che – visti le sfide e gli scenari attuali – non garantisce più gli interessi degli stati che ne compongono l’ossatura.
Marine Le Pen ( indiscusso leader di riferimento continentale per i neofiti del sovranismo, che prima temevano persino di incontrarla per caso a Bruxelles ) ha appena proclamato che in caso di sua elezione a presidente della repubblica francese, porterà il paese fuori dall’UE e dalla NATO: i politici sovranisti nostrani cosa ne pensano?
All’interno della Lega non ci risultano posizioni prevalenti sebbene Salvini abbia espressamente dichiarato che “se non si riesce a ridefinire l’alleanza, la si può anche lasciare”; la leader di FdI, interrogata a proposito della dichiarazione del suo alleato ha risposto più no che sì, anche se “attende una dichiarazione sui marò, per esprimersi” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/18/nato-meloni-fdi-vs-gruber-salvini-vuole-uscire-e-chi-se-ne-importa-sopporti-la-domanda/568256/ ).
Dell’atlantismo di Menia e Storace non ci prendiamo neanche il disturbo della verifica, mentre al riguardo il M5S ci farà pervenire il responso, non appena verranno sottoscritte le polizze vita per quelli che si azzarderanno ad esprimersi senza il parere della Casaleggio Associati ed il via libera del dittatorello genovese…
Ci si perdoni l’insistenza sul tema, ma viste le dinamiche attuali, con la Gran Bretagna in via di ridefinire il suo ruolo nel mondo e gli Stati Uniti con in corso il più significativo ridispiegamento strategico degli ultimi anni nonché la recrudescenza del terrorismo cosiddetto islamico, ci chiediamo in che modo dei movimenti e dei partiti che si candidano ad affrontare queste sfide intendano posizionare il nostro paese.
I neofiti sovranisti, ad esempio, non nascondono la loro simpatia per il presidente Putin ma, mentre per la Lega è chiara la posizione sull’Ucraina, in Fratelli d’Italia il sostegno al Donbass è circoscritto a qualche coerente circolo territoriale, mentre per la maggior parte degli organismi direttivi del Partito si sostiene la politica filo-UE di adesione al Patto Atlantico, perorata da quell’amministrazione neo-con appena uscita sconfitta dalle elezioni americane.
Insomma, Trump o Mc Cain? Merkel/Pravij Sektor o patrioti della Novorossija?
Tertium non datur. Sarebbe il caso di fare chiarezza anche su questo punto, adesso che finalmente, tardivamente, la si è fatta per la Siria.
A proposito della fine di un mondo, hanno recentemente fatto rumore alcune interviste dell’ex ministro Tremonti – tra l’altro presente alla manifestazione di Salvini-Meloni – in una delle quali afferma: “Credo che nello spirito dei tempi e nell’andamento della storia si apra una fase sovranista, che non vuol dire chiudersi ma difendere quello che hai e valorizzarlo sull’esterno. Lo stanno facendo Usa e Germania, lo deve fare l’Italia. Non possiamo continuare a farci portar via la nostra roba”.
Il riferimento alla cessione di beni ed aziende di proprietà nazionale ( punto XI del Manifesto Sovranista di cui sopra ) è abbastanza evidente. Utilizzando lo spauracchio del debito ( che, ça va sans dire, è pure lui sovrano! J ), ciclicamente i grandi Poteri Finanziari transnazionali – ed i politici ad essi asserviti, magari fratelli di Loggia – provano a mettere mano sulle aziende ed i marchi che hanno reso celebre e rinomata l’Italia nel mondo; sulle sue infrastrutture, le sue risorse naturali. Lo ha raccontato bene Loretta Napoleoni nel suo “Democrazia Vendesi”, quando – all’epoca dell’attacco della Lira da parte del solito Soros – ci furono grandi privatizzazioni e svendite del Patrimonio Pubblico, che hanno fatto incassare quattro lire al governo italiano e sono finite a pagare una minima parte degli interessi gravanti sul debito, causando al contempo una perdita fondamentale per il comparto produttivo nazionale.
Continuiamo a comprare mele invece che piantare alberi. E le mele, tra l’altro, son sempre più marce.
Oggi, dicevamo, Tremonti mette in guardia dal “farci portar via roba”, ed il suo è un grido d’allarme indirizzato soprattutto a quel settore bancario italiano, tuttora solido, oggetto dell’ultimo attacco del fronte transnazionale mirante all’Unione Bancaria. Su come in questi anni abbiano fatto tutti la spesa in Italia allegramente, come ad esempio la Francia ( quella che sorrideva compiaciuta insieme alla Merkel durante il golpe contro Berlusconi ) ne ha parlato con competenza l’attenta Nicoletta Forcheri sul suo blog ( http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2014/06/ansa-del-2006-la-francia-in-italia.html ).
Attuare quindi politiche protezioniste, blindare le golden share sugli asset strategici, è politica prioritaria per un fronte che voglia “difendere quello che ha”.
Tornando al palco sovranista del 29 gennaio, nel suo discorso finale, una frizzante Giorgia Meloni ha affermato: “Noi vogliamo combattere! Nello scontro aperto oggi in tutto l’Occidente – e, guardate, non lo so se le vecchie categorie della politica sono oggi più sufficienti – non lo so se centrodestra e centrosinistra siano oggi le categorie che riescano a rappresentare meglio questo tempo, perché la vera sfida aperta adesso è tra le élites sedicenti illuminate – le oligarchie, l’establishment, il ‘politicamente corretto’, il Pensiero Unico – da una parte e il Popolo, la Libertà, la Sovranità, i Diritti, il coraggio di dire le cose come stanno dall’altra”.
Questa affermazione è da parte nostra salutata come una presa di coscienza politica non indifferente, visto che il piccolo partito nato dalla scissione con il PdL ancora fino a poco tempo fa portava sotto il proprio simbolo la dicitura “centrodestra nazionale” ( e tuttora conserva quello ancor più superato di “alleanza nazionale”, il cui retroterra politico e culturale mal si coniuga con le necessità di un conflitto come quello plasticamente descritto dalla leader ): tale presa di coscienza politica apre ad alleanze ed a scenari di resistenza al Nuovo Ordine Mondiale del tutto nuovi e spiazzanti per il Potere Costituito e per chi ha coraggio ed eclettismo politico per affrontarli.
Giorgia Meloni appare quindi come una delle poche figure che abbiano colto il senso reale dello scontro in atto e ciononostante guida un partito che stenta a rappresentarne la leadership per un movimento nazionale.
Forse Marcello Veneziani, intellettuale d’area d’indiscutibile livello, ha colto meglio di altri quale sia il freno per questo decollo: “La sua immagine in tv è percepita da molta gente come quella di un’efficace opinion leader, un’ospite tv agguerrita, una voce fuori dal coro, ma non come quella di leader di un movimento ed espressione politica di un’area” perché “non c’è un ambiente, un’Italia seppur in miniatura, una cittadella della cultura e dell’informazione a lei vicina, un laboratorio in cui si formano e si selezionano i giovani esponenti di domani”. Quindi l’augurio di Veneziani: “Che piazza san Silvestro sia un punto di partenza, non di arrivo. Le alleanze, se ci saranno, verranno dopo. Intanto faccia crescere la creatura perché impari presto a camminare per conto suo. E non mi riferisco solo alla sua bambina” (http://www.liberoquotidiano.it/news/sfoglio/12286329/marcello-veneziani-lettera-d-amore-giorgia-meloni-il-tempo.html )
Matteo Salvini, che al fronte Sovranista pare crederci davvero, sta attuando una riforma davvero audace del suo movimento: “Salvini ha capito che, oggi, la lotta per l’indipendenza della Padania si è trasformata nella lotta per l’indipendenza dell’Italia dai diktat dell’Unione Europea, che oramai come mostrano anche le ultime decisioni mirano soltanto a colonizzare l’Italia come già di fatto è avvenuto per la Grecia” (http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/12295315/lega-nord-cambia-nome-addio-padania-futuro-matteo-salvini.html ); la Meloni, da quel che abbiamo sentito in piazza e citato poco più sopra, mostra d’aver capito qualcosa di più, ma cosa aspetta a riformare il suo, di partito?
Si può essere credibili ancora accanto a politici che hanno votato prima il MES ( meccanismo europeo di stabilità, strumento per strozzare i popoli, nella lingua di legno €urocratica ) ed ora gridano di voler uscire dall’euro? Si può scuotere il sistema dicendo d’esser pronti ad alleanze anche con il 5 Stelle mentre in casa ci sono ancora le vestali abbandonate del centrodestra? Si può lanciare la sfida alle stelle con il rischio di trovarsi ancora in coalizione con gli orfani d’Alfano?
Non vorremmo scoprire tra le fila di quel fronte che si presenterà unito alle prossime elezioni, “sovranista” qualcuno solo perché oggi il vento spira da quella parte, dopo averli visti governativi ed europeisti perché prima soffiava in senso contrario.
Distruggere questa genìa di politici da mestiere, questi cercatori di polizze sulla vita, metterli alla porta senza pietà, come si conviene a chi ha compreso il senso dello Storia e si candida a raccogliere il grido di disperazione del popolo italiano, che non sa più a che santo ( o politico ) votarsi.
Veneziani parlava di laboratori ove selezionare una classe dirigente: ebbene, nel variegato mondo della “destra” si stanno formando e si agitano decine di cenacoli letterari, club sovranisti, riviste online, che spaziano dal Talebano all’Intellettuale Dissidente, da Barbadillo al Circolo Proudhon, dai “rosso bruni” al Primato Nazionale ( e mi si perdoni se non li elenco tutti, per quanti sono ): perché non promuovere un “congresso delle idee” , un “laboratorio officina” che porti alla stesura d’un Piano di Ricostruzione Nazionale dopo la desertificazione €urocratica?
Noi saremmo felici di portare il nostro piccolo sasso, sia pure modesto, all’edificio della Patria.