Il generale Khalifa Haftar, l’ex ufficiale gheddafiano che guida l’esercito nell’Est della Libia e sostiene il governo non riconosciuto di Tobruk, il 12 di gennaio ha visitato la portaerei russa Ammiraglio Kuznetsov che transitava al largo della Cirenaica dopo aver partecipato alla campagna di bombardamenti in Siria. La sempre più stretta rete di interessi economici e politici tra il Cremlino e Tobruk si era fatta evidente a fine ottobre, quando unità di paracadutisti russe hanno partecipato alla prima esercitazione congiunta con le forze militari di Al Sisi, storico alleato regionale di Haftar.

La ritrovata liason tra il Cremlino e Tobruk ha portato a credere che vi sia una incompatibilità di fondo tra le nuove alleanze di Haftar e la possibilità di portare il generale di nuovo intorno al tavolo negoziale a Tripoli. Il governo Serraj, supportato dall’Onu e dall’Italia, sostiene che i comandi militari debbano sottoporsi al controllo dell’autorità politica il ché si scontra apertamente con la visione di Haftar che vuole per sé il ruolo di leader, senza sottostare al potere politico.

La Russia, dopo aver consolidato la posizione del presidente Assad in Siria, continua a lavorare per allargare la sua sfera di influenza in medio Oriente. Il supporto ad Haftar da parte di Mosca infatti è costato alla Libia una nuova piattaforma russa che si affaccia direttamente sul Mediterraneo, sfera di influenza americana da sempre. Tartous rimane l’altro centro nevralgico delle operazioni russe nella regione.

La Russia formalmente disconosce il consiglio presidenziale di Serraj a Tripoli, e lavora per portare Haftar alla guida del paese. La leadership di Haftar è minata dalla sua vicinanza con il Generale Al Sisi in Egitto a cui le milizie islamiste comprese Misurata e la stessa Tripoli non si sottometteranno mai.

Il prezzo da pagare perché Khalifa Haftar possa salire al potere è quello di costruire mediaticamente e sul terreno, la figura di un uomo concreto e dallo spirito risolutore, l’opposto di quello che ad oggi risulta essere il Presidente Serraj. La Russia, per ovviare alla mancanza di controllo territoriale che è assente sia sul fronte Serraj che su quello di Haftar, avrebbe concordato con il generale forniture di armi per due miliardi di dollari.

Una fonte dell’esercito algerino ha raccontato al sito inglese Middle East Eye che la Russia avrebbe trovato la via per aggirare l’embargo sulle armi che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha imposto alla Libia. L’intesa, secondo le fonti algerine, è stata chiusa dopo diversi incontri avvenuti tra Mosca e ad Algeri, avvallati dai numerosi viaggi di Haftar svoltisi tra novembre e dicembre, a Mosca e nella capitale algerina.

L’Algeria non avrebbe ospitato solo il generale per siglare l’accordo con la Russia ma avrebbe nella vicenda un ruolo di primo piano. Una pragmatica scelta ha fatto preferire al Cremlino l’Algeria come canale non ufficiale per superare l’embargo dell’Onu, perché i suoi arsenali sono in gran parte composti di materiale di fabbricazione sovietica e russa, molto simili a quelli dell’Esercito nazionale libico guidato da Haftar. L’Egitto sarebbe stata una valida alternativa all’Algeria, persino più indicata, ma l’esercito egiziano dispone di materiale di fabbricazione americana rendendo complessa la ricostituzione dell’arsenale libico.

L’espansione del mercato degli armamenti da parte della Russia, il cercare sempre nuovi canali di vendita e bacini d’utenza bisognosi di ingenti quantità di sistemi d’arma con tutto ciò che ne deriva è un sintomo di come il Cremlino stia provando a riconquistando la scena internazionale di questo settore. Negli ultimi anni, gli esportatori d’armamento russi, sono stati messi in difficoltà dai competitor cinesi che hanno portato avanti una politica di saturazione del mercato che ha messo in crisi quello russo, un tempo suo principale alleato.

La competizione spietata dei cinesi ha solo aggravato un’ulteriore fattore di stress del mercato delle armi russe: la crisi con l’Occidente. Gli attriti per la questione siriana che hanno caratterizzato le relazioni con Europa e Stati Uniti degli ultimi due anni, hanno ridotto i possibili acquirenti degli armamenti russi, molti dei quali temevano e temono ripercussioni degli alleati ed un’emarginazioni nelle relazioni diplomatiche.

Nel programma a lungo termine di Mosca, la Libia è un bacino d’utenza vasto ed articolato che nonostante attraversi un periodo politicamente altalenante, non andrà ad incidere sulla vendita d’armamento, sempre che il piano per aggirare l’embargo funzioni. Nei migliori scenari di previsione, la Libia del Governo Serraj, riuscirà faticosamente a rimanere stabile, ottenendo un controllo territoriale tale per cui si possa innalzare il livello di sicurezza generale dell’intera regione.

I patners regionali che supportano Haftar, potrebbero decidere di continuare ad acquistare armamento russo, in una politica di riarmo volta a scongiurare un possibile ampliamento del mercato delle armi americano in Libia. In questo caso, cesserebbe la vendita alle fazioni di Haftar ma continuerebbero agli attori regionali che si sentono minacciati da una Libia alleate con le potenze della Nato.

In una seconda previsione, questa più complessa, Haftar riuscirà a conquistare la leadership nel Paese, affidandosi a Mosca per riarmare l’apparato militare libico, guadagnando una sempre maggiore influenza nel Mediteranno ai danni dell’Alleanza Atlantica. La Russia, attraverso la Libia, punta a stabilire un nuovo hub strategico che si proietti nelle zone che maggiormente influenzano la geopolitica regionale attuale. Il mercato degli armamenti, per quanto giovi di queste nuove alleanze, è uno strumento per raggiungere scopi politici di più ampio respiro, più che il mercato delle armi l’obbiettivo è la leadership nel Mediterraneo.

Gli Occhi della Guerra

 

Commenta su Facebook