Addio equo compenso su computer portatili e memorie per smartphone: la Corte di Giustizia boccia parzialmente il sistema italiano di proteggere il copyright.
La Corte di Giustizia Europea ha appena bocciato il meccanismo italiano del cosiddetto equo compenso, il balzello che i consumatori pagano alla Siae tutte le volte che acquistano una memoria. Da oggi i prezzi di tali oggetti tecnologici dovrebbero scendere, anche se è molto probabile che l’adeguamento al dictat degli eurogiudici avvenga non immediatamente. Ma procediamo con ordine.
Non tutti lo sanno ma ogni volta che acquistiamo un dispositivo elettronico capace di memorizzare dati in qualsiasi forma (dal computer all’hard disc esterno, dal cellulare al dvd, dalla sim della macchina fotografica digitale alle pennette usb) paghiamo un sovrapprezzo impostoci non dalla legge, ma da una convenzione tra la Siae (la società che protegge il copyright di autori ed editori) e le società produttrici: questa “tassa” serve a ricompensare i titolari di diritti d’autore per le eventuali (ma tutt’altro che certe) copie che noi faremo, sulla memoria appena acquistata, di opere protette. In buona sostanza, questo contorto sistema presume già in partenza che noi utilizzeremo la memoria esterna per copiare, ad esempio, film, album musicali, fotografie, audiobook e quant’altro sia coperto da copyright. Ovviamente si tratta di una presunzione che non ammette prove contrarie e non garantisce quindi ai consumatori la restituzione dei soldi versati anche quando la memoria viene utilizzata per archiviare dati liberi o da noi stessi creati (si pensi alla sim della videocamera per registrare i momenti più belli delle nostre vacanze). Neanche a dirlo, i proventi di tale balzello una volta che vanno a finire nei forzieri della Siae non c’è modo di ottenerli indietro: nessuno si attiverebbe infatti per recuperare pochi spiccioli su un prodotto di per sé non sempre particolarmente costoso.
Ebbene, secondo la Corte di Giustizia Europea il meccanismo dell’equo compenso, con il quale lo Stato italiano vorrebbe proteggere il diritto d’autore, è illegittimo laddove fa pagare la tassa anche su quelle memorie e device chiaramente non destinati a un uso privato, ma professionale o per società (persone giuridiche). In questi casi è evidente come l’utilizzo di pc, telefoni, ecc., non sia finalizzato alla scaricamento di file essenzialmente ludici (musica, film), ed è quindi sbagliato sottoporli al balzello come invece avviene quando tali memorie sono destinate al tempo libero.
Inoltre – dicono i giudici della Corte di Lussemburgo – non è scorretto che sia una contrattazione privata tra Siae e le aziende produttrici a stabilire se e come esentare taluni prodotti dall’equo compenso per i diritti d’autore; infine, non è compatibile con il diritto europeo il meccanismo di rimborso dell’equo compenso riservato esclusivamente agli utilizzatori finali.
Note
[1] C. Giust. UE causa C-110/15.