Il secondo studio sulla “qualità dello sviluppo” prodotto da Tecnè e Fondazione Di Vittorio rileva disuguaglianze sempre più profonde e un crollo della fiducia nel miglioramento economico del Paese e delle prospettive individuali. Con conseguenze sulla partecipazione e sul rapporto con il prossimo. In 118 piazze parte la campagna referendaria del sindacato

di PAOLO GALLOR

ROMA – Aumentano le disuguaglianze economiche e la concentrazione della ricchezza. Il ceto medio è più fragile, aumentano i poveri e i bassi salari. Sono le stesse osservazioni che negli Stati Uniti hanno accompagnato e guidato l’amministrazione Obama, portando infine alla vittoria di Trump. Ma questa non è l’America, è l’Italia del secondo e nuovo Rapporto sulla qualità dello sviluppo realizzato da Tecnè e dalla Fondazione Di Vittorio, l’Istituto nazionale della Cgil per la ricerca storica. Ed essendo l’Italia e non l’America, il pessimismo vince sulla capacità di sognare ancorandosi alla percezione di un lavoro più instabile e di un miglioramento delle proprie condizioni sempre più difficile.

Un sentimento che si riflette in un pessimismo sul futuro decisamente acuito nel raffronto tra le percentuali di ieri e di oggi. Solo il 31% degli italiani pensa che la situazione economica del Paese migliorerà nei prossimi 12 mesi. Era il 44% nel 2015. A livello individuale, solo l’11% si attende un miglioramento della propria condizione. Nel 2015 era il 13%. Se il discorso cade sul lavoro, non va meglio: solo il 24% pensa che l’occupazione crescerà (era il 31% nel 2015). Una tendenza alla depressione da cui consegue anche il ripiegamento nel privato e un indebolimento della propensione alla partecipazione sociale.

Una fotografia che induce la leader della Cgil Susanna Camusso a evidenziare, in sede di commento, “la necessità di cambiare rotta rispetto alle politiche economiche e sociali. La svalorizzazione del lavoro e dei suoi diritti, la mancanza di lavoro e la sua precarizzazione, la continua crescita di diseguaglianze, oltre che un enorme problema per le persone, rappresenta un freno allo sviluppo del Paese. Dare risposte partendo dai più deboli non solo è giusto ma è il meccanismo necessario per dare sicurezza a tutti, per dare fiducia evitando dumping e diseguaglianze. Sono questi i tratti essenziali dei due referendum promossi dalla Cgil e della Carta dei diritti universali, sui quali oggi, in tante piazze d’Italia, diamo voce ai diritti del lavoro”.

Entrando nel dettaglio del rapporto, si legge come l’indice generale della qualità dello sviluppo in un anno sia sceso da 100 a 99. Con un peggioramento, in particolare nel Nord e nel Centro, mentre il Mezzogiorno  continua a essere in grave ritardo. Il Nord, dove è maggiore nel 2016 il calo dell’indice, resta comunque l’area del Paese dove il livello di disuguaglianza economica è inferiore, mentre nel Mezzogiorno, sia per quanto riguarda la distribuzione dei redditi che per quanto riguarda la concentrazione della ricchezza, il livello di iniquità sale moltissimo.

Nel complesso le tre Regioni migliori dal punto di vista della qualità dello sviluppo sono il Trentino Alto Adige (136), il Friuli Venezia Giulia (113) e il Veneto (112). Quelle che hanno registrato le migliori perfomance rispetto al 2015 sono la Liguria, le Marche (entrambe sopra la media Italia) e il Molise (sotto la media). Fanalino di coda, nell’ordine, Campania, Sicilia e Calabria.

Il rapporto a questo punto si focalizza su un elemento decisivo: la fiducia. “E’ uno dei motori più importanti della crescita economica, senza la quale non solo diventa difficile fare progetti di vita, ma anche i consumi e gli investimenti tendono a comprimersi o a dilatarsi in attesa di tempi migliori. L’aumento delle disuguaglianze si specchia in un Paese che ha perso fiducia nel futuro prossimo, dove gli ascensori sociali hanno smesso di funzionare e la povertà ha sempre più i sintomi di una malattia cronica, dalla quale è quasi impossibile uscirne”.

Ma la mancanza di fiducia non influenza soltanto il comportamento economico degli individui. Incide anche sulla loro visione del mondo e sul rapporto col prossimo. “Solo il 12% – rileva lo studio – ha fiducia negli altri senza un volto e un’identità, nelle persone che non si ‘conoscono’. Va ancora peggio se gli altri sono i ‘diversi’: immigrati o persone dall’aspetto trascurato e trasandato. In questo caso la fiducia scende all’8%. Va decisamente meglio, invece, se è il vicino di casa quello a cui doversi affidare in caso di necessità. In questo caso le persone che si fidano salgono al 70% (69% nel 2015). Ma al primo posto, tra le persone delle quali si può avere fiducia, ci sono gli appartenenti alle forze dell’ordine (82%, rispetto all’81% del 2015). Nel complesso, quindi, ci si fida di più delle persone vicine (non solo fisicamente, ma anche socialmente) e dell’autorità (appunto, le forze dell’ordine). Mentre la fiducia incondizionata, rispetto alla condizione e al ruolo, resta bassissima”.

Oltre a esortare a un cambiamento di questo quadro con nuove politiche economiche e sociali, più giuste e inclusive, Camusso nel suo commento ricorda l’iniziativa nelle piazze d’Italia in occasione della prima giornata nazionale della campagna referendaria della Cgil per abrogare le norme sui voucher e quelle sugli appalti: “Libera il lavoro Con 2 Sì. Tutta un’altra Italia”. Sono previste iniziative in 118 piazze per sollecitare il governo a definire al più presto la data dei referendum e il Parlamento a discutere la legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti universali del lavoro.

A Roma l’appuntamento è a Tor Bella Monaca, in viale Santa Rita da Cascia, manifestazione a cui partecipa la stessa Susanna Camusso, con gli altri componenti della segreteria Cgil distribuiti sul territorio nazionale:  Nino Baseotto a Genova, in piazza Matteotti, Vincenzo Colla a Napoli, in via Toledo, Rossana Dettori a Bari, in via Argiro, Gianna Fracassi a Firenze, in piazza dei Ciompi, Roberto Ghiselli a Pesaro, in Portale San Domenico, Franco Martini a Torino, in piazzale Castello, Giuseppe Massafra a Milano, in corso di Porta Vittoria, Tania Scacchetti a Bologna, in piazza Nettuno.

repubblica.it

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