Vorrei sapere se è possibile denunciare un politico locale che, in occasione di una campagna elettorale, abbia promesso un posto di lavoro a un potenziale elettore, dietro scambio del voto, anche se poi questa persona non è stata mai assunta.

In passato la Cassazione si è occupata proprio di un caso simile [1]: il costume del tutto “italico” di promettere, ancora, l’assunzione dietro scambio del voto elettorale, specie agli appuntamenti delle elezioni amministrative, è severamente bacchettata dai giudici con l’applicazione della condanna penale [2].

Ecco cosa dispone, in proposito la legge sul “voto di scambio”:

Chiunque, per ottenere, a proprio od altrui vantaggio, la firma per una presentazione di candidatura, il voto elettorale o l’astensione dal voto, dà, offre o promette qualunque utilità ad uno o più elettori (…) è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 3000 a lire 20.000, anche quando l’utilità promessa sia stata dissimulata sotto il titolo di indennità pecuniaria data all’elettore per spese di viaggio o di soggiorno o di pagamento di cibi e bevande o rimunerazione sotto pretesto di spese o servizi elettorali.

La stessa pena si applica anche all’elettore che, per dare o negare la firma o il voto, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità.

Secondo la giurisprudenza, il reato scatta (tanto per il politico quanto per l’elettore) anche se poi la promessa non viene rispettata, per qualsiasi ragione, e il cittadino non ottiene il posto di lavoro. Insomma, basta il semplice fatto di “essersi impegnati” a far assumere l’elettore o a procurargli qualsiasi altro tipo di utilità.

Il voto clientelare, del resto, è una pratica vietata non solo dalla legge, quanto dal costume. Secondo il Vocabolario Treccani esso consiste nel “seguito che esponenti politici si formano attraverso protezioni e favori di vario genere, concessi in cambio dell’appoggio alle elezioni”.

Evidentemente, tutti vogliono cambiare l’Italia, ma nessuno prima vuol cambiare sé stesso.

LA SENTENZA

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 novembre 2013 – 27 febbraio 2014, n. 9608
Presidente Teresi – Relatore Andronio

Ritenuto in fatto

1. – Con sentenza del 29 novembre 2012, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani del 18 dicembre 2009, con la quale – per quanto qui rileva – l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 86 del d.P.R. n. 570 del 1960, perché, per ottenere il voto elettorale a vantaggio di una candidata alle elezioni del 2007 per il rinnovo del consiglio comunale di Erice, aveva promesso all’elettore S.R. l’assunzione presso una costituenda cooperativa (in data prossima all’aprile 2007).
2. – Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si lamenta che la Corte d’appello non avrebbe considerato che il reato era prescritto ai sensi dell’art. 100 del d.P.R. n. 570 del 1960. Tale doglianza è stata ulteriormente sviluppata, in punto di diritto, con la memoria depositata da altro difensore in prossimità dell’udienza, nella quale si precisa che, secondo il tenore letterale del richiamato art. 100, l’azione

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[1] Cass. sent. n. 9608/14.

[2] Art. 86 del d.P.R. n. 570 del 1960.

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FONTE: La legge per tutti

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