Sei morti e almeno 1500 arresti. È questo il bilancio di giorni di proteste, scontri e saccheggi, che proseguono anche oggi in Messico, contro il gasolinazo, ovvero l’aumento del 20% del costo del carburante decretato dal governo federale del Paese ed entrato in vigore lo scorso primo gennaio.

“Una decisione difficile ma necessaria”, così l’ha definita il presidente della Repubblica, Enrique Peña Nieto, ma che, al tempo stesso, ha scatenato la rabbia della popolazione che da giorni sta protestando in tutto il Paese, bloccando le autostrade e saccheggiando negozi e centri commerciali.

Scontri e saccheggi in tutto il Messico

Le proteste, iniziate in modo spontaneo, si sono diffuse a macchia d’olio in tutto il Messico. Finora la città dove si sono registrati i maggiori disordini è stata Monterrey, la capitale dello Stato del Nuevo León, nel nord del Paese. Nella notte tra giovedì e venerdì, qui sono state arrestate 182 persone, 15 persone sono rimaste ferite e 27 attività commerciali sono state saccheggiate. Il governatore della città, Jaime Rodríguez Calderón, ha ammesso che la decisione del presidente di aumentare il costo del carburante “ha provocato un grande malcontento nella popolazione”, non giustificando, tuttavia, gli atti di vandalismo che sono seguiti all’annuncio della nuova misura, e promettendo misure severe per chi ha preso parte ai saccheggi. Soltanto a Monterrey la sera di giovedì, si sono svolte almeno sei manifestazioni di protesta alle quali hanno preso parte circa 10mila persone. La folla si è diretta verso il Palazzo del Governo dove si sono verificate sassaiole e scontri tra manifestanti e polizia.

Diverse attività commerciali sono state saccheggiate nello Stato orientale di Veracruz, dove tre persone sono morte negli scontri. Anche nello Stato centrale di Hidalgo, due manifestanti che avevano occupato l’autostrada Mexico-Laredo sono rimasti uccisi negli scontri con la polizia. Infine, negli scontri di mercoledì a Città del Messico, un poliziotto è morto e altri cinque sono rimasti feriti.

Il governo: “Misura necessaria”

“Abbiamo optato per il male minore”. Così, Peña Nieto ha giustificato l’operato del governo messicano. “Il prezzo della benzina è aumentato perché nell’ultimo anno in tutto il mondo il prezzo del petrolio è salito del 60%”, ha scritto su Twitter il presidente, che ha invitato la popolazione a non reagire con assalti e saccheggi, ma a cercare di comprendere le ragioni che hanno spinto il governo ad adottare un provvedimento di questo tipo. Gli introiti ricavati dall’aumento del prezzo della benzina, ha promesso, inoltre, il presidente Peña Nieto, saranno destinati ad aiutare le fasce più povere della popolazione e per sviluppare misure economiche in favore dei messicani meno abbienti.

Non si fermano le proteste

Ma, nonostante le dichiarazioni del presidente, le proteste, seppure in forma più leggera, proseguono anche nella giornata di oggi. E intanto, secondo quanto riferisce Euronews, l’azienda petrolifera statale Pemex, ha avvertito che i blocchi e gli atti di vandalismo verso i terminali di stoccaggio e spedizione del greggio, potrebbero compromettere l’approvvigionamento della benzina in diverse zone del Paese, soprattutto negli Stati del nord.

Gli Occhi della Guerra

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