Uno studio della società di indagini demoscopiche Swg di Trieste rivela che più di un italiano su tre ritiene prioritario uno choc fiscale e che questo dovrebbe essere il tema dominante dell’azione del Governo. Non proprio una novità: nonostante i media generalisti spesso sembrino fischiettare, ecco una lunga serie di sondaggi anti oppressione fiscale che sono stati pubblicati in Italia negli ultimi mesi. Perché i politici, sempre pronti a inseguire l’ultimo sondaggio, non sembrano prestare ascolto?

Nei giorni pari, la maggior parte dei politici e dei commentatori italiani ripete in coro: “Le decisioni non si prendono inseguendo ciò che dicono i sondaggi”. Nei giorni dispari, gli stessi soloni della politica compiono pericolose virate per inseguire gli umori mutevoli dell’opinione pubblica e soprattutto della gran cassa mediatica. Sta accadendo di nuovo sul referendum costituzionale del prossimo autunno: è un referendum sul governo Renzi, anzi no; è un referendum che c’entra con la legge elettorale, anzi no; è un referendum chiaro, anzi no meglio spacchettarlo in quesiti diversi. Maggioranza e opposizione, in questo uniti, applicano il metodo della banderuola: invece che guidare l’opinione pubblica la inseguono, la blandiscono e di riflesso tentato di confonderla. Il tutto per non parlare del merito della riforma costituzionale in discussione.

C’è una cosa di cui però gli italiani possono essere sicuri: per quanti sondaggi saranno effettuati sulle tasse nel nostro paese, per quanto essi chiederanno che le imposte siano abbassate, non troveranno politico o giornale disposto a prestargli ascolto fino in fondo. Intendiamoci: annunci di alleggerimenti fiscali ne ascoltiamo parecchi, in Italia, ma la pressione fiscale – dopo governi di ogni colore che si sono succeduti in pochi anni – rimane sempre la stessa: alta come in quasi nessun altro paese in Europa.

Eppure le volontà degli elettori sarebbero chiare in materia, meglio: chiarissime, a giudicare dalle indagini demoscopiche degli ultimi mesi. Proprio domenica 10 luglio il quotidiano romano “Il Messaggero” ha pubblicato uno studio della società Swg di Trieste, secondo il quale in questi anni sono nate quelle che i ricercatori triestini chiamano “communities of sentiment o comunita? affezionali”: “In sostanza gli italiani – compresi quelli che non vanno a votare – ormai si possono dividere in nove gruppi che piu? che sulla base delle tradizionali distinzioni sociali si costituiscono contro un ‘nemico’ (l’Europa, le tasse, le banche) oppure su un tema positivo (‘governare bene’ o ‘combattere la corruzione’)”. Tra le “comunità affezionali” più ampie c’è quella dei cosiddetti “Fiscal choc”, cittadini concentrati in Veneto e fra i lavoratori autonomi a reddito medio basso, secondo i quali la riduzione del carico fiscale dovrebbe essere la priorità della classe politica. Secondo Swg, costituiscono ad oggi l’11 per cento dell’elettorato, ma la loro “cassa di espansione” – da intendersi come percentuale dei soggetti che può essere attratti da queste idee – arriva al 35 per cento. Insomma: più di un italiano su tre ritiene che l’azione sulle tasse dovrebbe finire in cima ai pensieri dei nostri governanti.

Sorpresi? Non dovreste esserlo. E’ da mesi che tutti i sondaggisti, anche quando vorrebbero parlar d’altro, sono costretti a rilevare tra gli italiani una insofferenza diffusa verso lo Stato spendaccione e tassatore. Invece di fermarci ai titoli dei sondaggi pubblicati in questi mesi, dunque, meglio andare alla fonte, e cioè al sito ufficiale “Sondaggi politico elettorali”, dove per legge devono essere resi noti i risultati integrali delle inchieste demoscopiche.

Dove si scopre che già a fine maggio, in un sondaggio realizzato da Ipsos Srl, gli intervistati sostenevano che “il tema da affrontare con più urgenza in Italia” è l’occupazione (53 per cento), il fisco e le tasse (15 per cento) e poi le pensioni (10 per cento). Ai tre primi posti, insomma, temi direttamente o indirettamente collegati con la gestione dei soldi dei contribuenti. Domanda ulteriore di Ipsos, sempre nella stessa occasione: “Secondo lei le tasse sono scese in Italia?”. L’86 per cento degli intervistati rispondeva allora, a fine maggio, con un sonoro “no”. A inizio giugno, dopo le elezioni amministrative da cui il governo Renzi è uscito ammaccato, agli intervistati di un altro sondaggio viene chiesto in particolare: “Secondo lei le tasse locali sono diminuite?”.  Cambiando il livello istituzionale, la risposta non cambia: di nuovo l’86 per cento degli italiani risponde “no, non sono diminuite” nemmeno a livello locale. A inizio anno il sentimento diffuso in materia era lo stesso, come dimostra un sondaggio pubblicato in febbraio dal Corriere della Sera, il principale quotidiano del paese. Dove, innanzitutto, si chiedeva agli intervistati un giudizio sui “toni accesi di Renzi contro l’Europa”; risposta del 48 per cento degli interrogati: “Sono una strategia per distogliere l’attenzione dalle responsabilità del Governo” (per il 44 per cento invece si tratta di una “battaglia nell’interesse comune del Paese”). Dopodiché, sul quotidiano di Via Solferino, si insisteva su quali dovessero essere le priorità di politica domestica: “A suo parere le tasse sono scese in Italia?”. Risposta sempre più netta: “No”, diceva il 91 per cento degli italiani.

Meno tasse, meno tasse, meno tasse: quella degli italiani appare proprio come una sana ossessione. Anche per questo ve ne continueremo a parlare sul sito web “Capire davvero la crisi”.

FONTE: Capire davvero la crisi

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