Rischiamo di continuare ad attendere la minaccia fascista nel forme del 1922 e a non vedere il fascismo che avanza per altre vie.

di Marco Palombi.

I baccanali per la vittoria di Macron in Italia sono di due specie.

Il primo, meno interessante, è di origine nevrotica: si festeggia in presumibile malafede lo scampato pericolo e si indica allo Stivale la via contro i populisti (Trump, Le Pen, Grillo, ma pure Renzi a leggere ieri Napolitano).

Il secondo è invece l’orgoglio del no pasaran!: abbiamo fermato i fascisti.

Ora, chi scrive ha sempre avuto poca fiducia nella buona fede di Marine Le Pen, ma non può fare ameno di ricordare un articolo di Lelio Basso, già partigiano, su Le ragioni del socialismo (marzo 1961):

«Che cosa è il fascismo? In senso stretto è quello specifico movimento politico che si è delineato in Italia nel primo dopoguerra e ha conquistato il potere nel 1922 (…). In senso più generale è la tendenza del capitale monopolistico ad esercitare una totale manomissione sul pubblico potere, assicurandosi una base di massa nel paese, qualunque siano poi le forme che questo regime reazionario di massa riveste».

E ancora:

«Senza distinguere gli aspetti permanenti e quelli contingenti del pericolo fascista, rischiamo di continuare ad attendere la minaccia nel forme del 1922 e a non vedere il fascismo che avanza per altre vie».

E infine:

«Agitando lo spauracchio del fascismo vecchio stile, si rinuncia a combattere quello nuovo stile».

E cosa dicevano ieri i giornali? Due cose: che la prima riforma di Macron toglierà ancora potere sindacale ai lavoratori (contratti aziendali) e che ora l’Italia deve fare il pareggio di bilancio (deprimere ancora di più i redditi dei suoi cittadini.

E adesso: festa!

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 10 maggio 2017. 

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