Inaugurando l’anno giudiziario, il presidente della Corte dei Conti Altieri ha svelato una verità intuibile quanto scomoda: spesso le società partecipate scaricano il costo delle proprie inefficienze attraverso la leva tariffaria. In un quadro di bollette e servizi pubblici già eccezionalmente alti a causa di una tassazione astronomica certificata negli scorsi mesi da “Capiredavverolacrisi”, la macchina delle società “in house” può permettersi di proseguire nelle proprie cattive abitudini solo grazie al denaro dei contribuenti.

Troppo spesso le società a partecipazione pubblica riescono a scaricare i costi della propria malagestione compensando i buchi di bilancio attraverso l’aumento dei costi di bolletti e biglietti, collocando l’Italia ai primi posti nelle classifiche europee delle tariffe pubbliche.

A certificarlo è il procuratore generale della Corte dei Conti Claudio Galtieri: durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, l’alto magistrato contabile ha squarciato il velo di Maya su una realtà che da tempo denunciavamo anche su questo sito, ma della cui gravità abbiamo ora la sanzione anche da parte della massima corte fiscale.

“E’ questo (quello del riordino della disciplina in materia di partecipate, ndr) uno spazio di giurisdizione particolarmente significativo – ha spiegato Galtieri – considerando il numero delle società in house e l’entità delle loro gestioni finanziarie. Dentro tale spazio meriteranno adeguate riflessioni applicative tutti quei profili gestionali di società a partecipazione pubblica che riescono a scaricare le loro inefficienze sulla collettività attraverso la leva tariffaria, determinando un sistema che pone l’Italia tra gli Stati in cui in media è più alto è il costo dei servizi pubblici, con i conseguenti effetti negativi sulla competitività delle imprese nazionali.”

Tradotto in parole semplici: bollette gas, bollette luce, costo dell’acqua, biglietti dei trasporti e ogni altro tipo di tariffa pubblica viene gonfiato per porre rimedio alle inefficienze delle società pubbliche. Un danno quindi che non colpisce più solo il pubblico erario ma l’intera collettività.

IL CASO COTRAL: PERDITE DI BILANCIO E AUMENTI TARIFFARI

La Compagnia Trasporti Laziali (Cotral), incaricata del trasporto urbano e suburbano su gomma del Lazio e partecipata al 99,9% dalla Regione Lazio figura fra le 20 partecipate con maggiori perdite indicate nel “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali”stilato dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli relativamente all’anno 2012. Nell’anno precedente a quello preso in esame, in effetti, Cotral chiudeva il bilancio con una perdita di oltre 27 milioni di euro, finendo tra l’altro sulle prime pagine dei giornali come esempio di pessima gestione di una delle maggiori partecipate su scala nazionale. Coerentemente con quanto indicato nel bilancio 2011, l’anno successivo la società di trasporti laziali procedeva a un adeguamento tariffario, chePERò  le stesse associazioni dei consumatori giudicavano “ingiustificabile a fronte a un servizio non ottimale”. Ciononostante, anche il bilancio 2012 veniva chiuso con una perdita di quasi 26 milioni di euro. L’adeguamento tariffario imposto a passeggeri già vessati da un servizio inadeguato non ha però impedito che la Regione Lazio dovesse comunque intervenire nel 2013 con altri 32 milioni di euro (denaro, manco a dirlo, dei contribuenti) per permettere la chiusura dei bilanci societari.

L’ITALIA MAGLIA NERA PER IL COSTO DELLE BOLLETTE

Si tratta di un meccanismo perverso che è ad un tempo effetto e causa dei risultati disastrosi che vedono l’Italia ai primi posti nelle classifiche per il costo delle bollette, come recentemente certificato anche dalla Cgia di Mestre.

È vero, laddove luce e gas sono fra i più cari del Vecchio continente, i prezzi dei trasporti pubblici sono fra i più bassi d’Europa: ma la classifica della Cgia non tiene conto (né d’altronde potrebbe) della qualità del servizio, che ad esempio a Roma è scandalosamente basso.

Tanto più che, come ha ricordato anche Confindustria, a livello locale spesso le società pubbliche “operano in settori di libero mercato e assorbono impropriamente importanti risorse pubbliche.” È in questo contesto che si innesta una tassazione anomalmente alta.

Sul peso dell’intervento statale nel determinare le tariffe pubbliche troppo alte, d’altronde, Capire davvero la crisi era già intervenuta, ricordando l’incidenza della pressione fiscale nel caro-bollette.

Con la pressione fiscale ufficiale al 42,6% nel 2016, l’alto prezzo dei servizi energetici non era – né è – dovuto solo al nostro essere un Paese importatore di materie prime, ma è gonfiato da una tassazione di molto superiore alla media europea: 39% contro 32% per quanto riguarda l’elettricità e 36% contro 23% per il gas.

Una vera e propria mazzata che porta la firma del Fisco e che ora viene ulteriormente aggravata dal mancato riordino di un settore – quello delle società in house ­ che consente alle partecipate di porre rimedio alle proprie inefficienze sempre nuove con il metodo più vecchio di tutti. Mettendo cioè le mani nelle tasche degli italiani.

Una micidiale tenaglia – prelievo fiscale da una parte, sprechi dall’altra – che ha ormai dato vita a un nefasto circolo vizioso che si traduce in una sola parola: più tasse, più tasse, più tasse.

Capire davvero la crisi

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