Attraverso finanziamenti Riyadh destabilizza la Mauritania e alimenta il terrorismo nel Sahel. Una rete di organizzazioni per mettere le mani sul Paese.
Da anni un flusso di denaro proveniente dai Paesi del Golfo Persico, attraverso canali sotterranei, finanzia ong, associazioni e comunità della Mauritania, per favorire il fondamentalismo e creare i presupposti per lo sviluppo del terrorismo nel Paese e in quelli vicini.
Benché assai poco conosciuta in Occidente, la Mauritania è un Paese chiave per lo sviluppo dei gruppi terroristici del Sahel: la sua posizione geografica e lo sbocco al mare ne fa lo snodo ideale fra il Nord Africa e l’Africa Sub Sahariana.
La società civile del Paese è divisa fra arabofona e francofona; quest’ultima è finanziata essenzialmente da Enti europei e nord americani attraverso le Agenzie di cooperazione, che tuttavia agiscono spesso attraverso programmi e schemi lontani da vasta parte della popolazione. D’altronde, difficilmente potrebbe essere diverso perché i contatti e la collaborazione fra le realtà francofone e quelle arabofone sono nei fatti inesistenti a causa di una barriera sia linguistica che culturale, e di obiettivi radicalmente diversi.
La società civile arabofona è costituita da una miriade di associazioni, ong e organizzazioni religiose che sono finanziate da istituzioni finanziarie e fondi dei Paesi del Golfo, fra cui l’Arabia Saudita è di gran lunga il massimo donatore. Tutti questi soggetti, secondo un copione già visto in Nigeria e in altre parti del mondo, dietro al paravento di una funzione caritativa, si concentrano sulla costruzione di strutture religiose e il finanziamento di scuole coraniche attraverso cui viene effettuato un indottrinamento di massa del wahabismo e del fondamentalismo religioso.
Si tratta di una penetrazione culturale capillare, che sovverte alla radice il tradizionale Islam mauritano, estremamente tollerante, che dai tempi dell’indipendenza ha garantitola pacifica coesistenza fra l’etnia mauro/berbera e quelle provenienti dall’Africa nera presenti nel Paese.
L’ultraconservatorismo wahabita, non solo sta chiudendo ogni possibilità di dialogo con la componente francofona, ma sta sgretolando le già fragili basi del Paese e, attraverso la diffusione di un credo fondamentalista, getta le basi dello sviluppo del terrorismo nella Mauritania e nell’area.
Per i Paesi del Golfo, e l’Arabia Saudita in particolare, si tratta di un’infiltrazione sia ideologica, ma soprattutto geopolitica, con l’obiettivo di un’espansione in tutta l’Africa musulmana di cui il terrorismo è uno degli strumenti.
Già adesso, gli investimenti ufficiali provenienti dal Golfo superano di gran lunga quelli provenienti dall’Europa, tradizionale area di riferimento per la passata esperienza coloniale francese e l’appartenenza della Mauritania alla Francafrique. E non si tratta solo di infrastrutture: Riyadh ha già investito quasi mezzo miliardo di dollari in acquisti di terre nel sud del Paese, in almeno 16 progetti di land grabbing che dimostrano una strategia di assai lungo periodo.
Ma abbiamo detto fondi ufficiali; un flusso di denaro assai più consistente transita attraverso canali informali come l’hawala o il cosiddetto underground banking, per finire a quella miriade di soggetti che l’Arabia Saudita sta utilizzando per allargare la sua influenza nel Paese.
Gli strumenti che usa per coordinare la sua azione sono molteplici: citandone solo alcuni si va dall’Institut des Etudes Islamiques all’International Islamic Relief Organization (Iiro), alla World Assembly of Muslim Youth (Wamy), tutti accusati, con molteplici prove, di pesanti contiguità con il terrorismo in Bosnia, Egitto e di aver finanziato gruppi come l’Abu Sayyaf e Jemaah Islamiyah.
Creare i presupposti per la destabilizzazione dell’area saheliana e rafforzare il terrorismo, peraltro già presente, serve a Riyadh per condizionare ed espellere l’influenza occidentale e sostituirla con la propria, grazie ai legami lungamente intessuti ed a una comunanza culturale costruita sul wahabismo.
Un disegno egemonico che l’Arabia Saudita ha reiterato infinite volte nelle più svariate parti del mondo, basato sul binomio wahabismo – terrorismo, sostenuto dai petrodollari.