Nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel 2005, il drammaturgo Harold Pinter stronco l’impero USA e notò che esso “ora occupa 702 installazioni militari in 132 Paesi di tutto il mondo – con l’onorevole eccezione della Svezia, certamente”.
Da allora, la presenza militare globale degli Stati Uniti ha continuato a crescere; ma il premiato scrittore era disinformato circa l’onorevole eccezionalismo della Svezia. Circa nello stesso momento in cui il mortalmente malato Pinter stava registrando il suo discorso, un funzionario del Ministero della Difesa svedese osservava che il Paese era già così profondamente coinvolto nel dispositivo USA/NATO che avrebbe costituito una piccola trascurabile differenza se ne fosse diventato formalmente membro.
Ciò era vero nel 2005, e lo è ancora di più dieci anni dopo. Benché la Svezia non sia ancora ufficialmente un Paese membro, le sue forze armate sono ora quasi completamente incorporate nel sistema USA/NATO. Truppe svedesi hanno partecipato alle guerre di aggressione ed occupazione degli USA e dei suoi alleati in Afghanistan, Libia e nei Balcani. Un gruppo segreto dei reparti speciali ha combattuto a fianco delle truppe USA/NATO in luoghi lontani come il Ciad e il Congo, ed è rappresentato al quartier generale delle forze speciali statunitensi in Florida.
Esercitazioni militari congiunte sono svolte con crescente frequenza nei cieli, in terra e nelle acque territoriali della Svezia. A partire da aprile dell’anno scorso [2014 – ndt], ad USA/NATO è stato garantito libero accesso allo spazio aereo svedese al fine di spiare la Russia mediante i suoi velivoli di sorveglianza AWACS.
Lo scorso agosto, il governo ha firmato un accordo cosiddetto di nazione ospitante che aumenta grandemente l’accesso USA/NATO al territorio svedese in caso di guerra e, come al tempo attuale, per i preparativi bellici. L’accordo – che deve ancora essere ratificato dal parlamento svedese – sembra inoltre violare il rifiuto svedese di lunga data degli armamenti atomici e le politiche connesse. E proprio recentemente, USA/NATO ha condotto l’esercitazione aerea più grande al mondo sul terzo più settentrionale del territorio svedese. Parte della sempre più intensa lotta con la Russia per il controllo dell’Artico in via di scioglimento, “Arctic Challenge Exercise” ha coinvolto 100 velivoli militari da 10 Paesi, inclusi gli USA, Germania, Francia e Inghilterra.
“Tirannia dei piccoli passi”
Tutto ciò e altro ha avuto luogo con poca o nessuna discussione pubblica, in un processo riservato che è stato chiamato “la tirannia dei piccoli passi”. Quella frase si riferisce a una lunga serie di decisioni, iniziando a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che hanno costantemente condotto la Svezia all’interno della sfera USA/NATO. Il risultato è stato quello di invalidare la politica di pacifica neutralità che precedentemente aveva tenuto la Svezia fuori da guerre per quasi due secoli e, soprattutto durante la Guerra Fredda, le aveva consentito di perseguire politiche indipendenti a sostegno del disarmo, della protezione dell’ambiente, dei movimenti di liberazione nel Terzo Mondo, ecc.
I molti passi in direzione di USA/NATO sono stati fatti da un ristretto segmento della società svedese, che si è mosso prevalentemente senza la consapevolezza o il consenso della maggioranza. L’inganno è stato necessario, poiché l’opinione pubblica è stata fortemente contraria alla NATO durante la maggior parte della sua esistenza – più evidentemente tra i sostenitori del Partito Socialdemocratico che ha dominato la politica svedese durante la Guerra Fredda.
Tra gli interessi che hanno più attivamente collaborato con USA/NATO ci sono le forze armate, soprattutto la marina e in misura minore l’aeronautica. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, decine di migliaia di militari svedesi hanno partecipato a una serie di attività che hanno intensificato la cooperazione con gli Stati Uniti e i suoi alleati. La maggior parte di tali attività sono state condotte in maniera discreta, fino a quando la Svezia ha aderito nel 1994 al cosiddetto Partenariato per la Pace di USA/NATO. Da allora, la collaborazione si è svolta in modo aperto e continuativo – anche se si può supporre che alcuni contatti ed attività siano ancora tenuti segreti.
Altri attori chiave includono la varie agenzie di intelligence che, data la strategica posizione della Svezia vicino all’Unione Sovietica, diventarono importanti soci dello spionaggio USA/NATO durante la Guerra Fredda. Il loro valore è aumentato sostanzialmente nell’era di Internet, visto che circa l’80% del traffico della Russia in rete passa attraverso la Svezia. L’estesa collaborazione delle agenzie di intelligence svedesi con l’apparato di spionaggio globale degli Stati Uniti e dei suoi alleati è documentato nei materiali rivelati dallo spifferatore Edward Snowden.
I mass media servono USA/NATO in maniera consueta fornendo gli essenziali servizi di indottrinamento e offuscamento. Ci sono eccezioni, certamente; ci devono essere eccezioni al fine di mantenere l’illusione di democrazia. Ma per la maggior parte, i mezzi di informazione dominanti in Svezia funzionano come affidabili ingranaggi nel dispositivo di propaganda globale USA/NATO.
All’interno dell’arena politica, c’era un piccolo movimento verso una aperta adesione di USA/NATO fino a quando il primo ministro Olof Palme fu assassinato nel 1986. Ciò aprì la strada affinché il controllo del Partito Socialdemocratico fosse conquistato dalla sua ala destra, che lo ha trasformato da partito pacifista a guerrafondaio – tutto in nome degli “interventi umanitari”, i diritti delle donne e cose buone di questo tipo.
Partenariato per la guerra
La conversione a destra del Partito Socialdemocratico fu seguita negli anni novanta dall’adesione all’Unione Europea, che è interconnessa con USA/NATO, ed all’alleanza militare cosiddetta Partenariato per la Pace – un partenariato per la guerra che consente ai Paesi non membri di diventare membri de facto, con una eccezione. Quella eccezione riguarda l’articolo 5 del trattato NATO, il quale afferma che un “attacco armato” contro un membro è un attacco contro tutti e mette in movimento la possibilità di auto-difesa collettiva. La parola chiave è possibilità. “Esso non risulta automaticamente in una azione militare”.
Nondimeno, i sostenitori svedesi dell’adesione alla NATO hanno deciso di interpretare l’articolo 5 come garanzia che l’alleanza correrà a difendere ogni Stato membro qualora sia attaccato. Una tale garanzia è necessaria, essi affermano, per proteggere la Svezia dalla Russia.
La paura della Russia non è proprio un elemento nuovo della politica svedese. I due Paesi hanno una lunga storia di scontro militare, molto del quale cominciato dalla Svezia prima che essa adottasse la sua politica di neutralità all’inizio del 18° secolo. Ma le preoccupazioni si attenuarono dopo la Guerra Fredda, e i politici svedesi conclusero che il Paese non era soggetto ad alcuna minaccia militare della Russia o di altri. Fu abolita la coscrizione universale e una vasta parte dell’infrastruttura militare fu smantellata. La strategia svedese si spostò dal focalizzarsi sulla difesa nazionale mediante un esercito popolare alla “rapida risposta” all’estero con forze professionali relativamente esigue sotto la conduzione di USA/NATO in luoghi come la Libia e l’Afghanistan.
Rivitalizzare la russofobia
Negli anni recenti, comunque, c’è stato un ritorno della russofobia, coordinato con una campagna più intensa per l’adesione formale della Svezia a membro della NATO. E’ stato proclamato ad alta voce e ripetutamente che la “Russia di Putin” è diventata pericolosamente aggressiva e minacciosa. Quindi, la protezione offerta dall’adesione alla NATO è necessaria per garantire la sicurezza della nazione.
In maniera perversa, si sostiene soprattutto che il Paese è vulnerabile a causa dei tagli militari a seguito della fine della Guerra Fredda. In altre parole, è necessario aderire a USA/NATO perché le forze armate sono state convertite da esercito popolare per la difesa nazionale a “forza di risposta rapida” al servizio di USA/NATO.
Ad ogni modo, i fatti disponibili suggeriscono che in verità è la Russia ad avere il più grande motivo di preoccuparsi. A partire dal collasso dell’Unione Sovietica, USA/NATO si è costantemente allargata in direzione dei confini russi, violando un impegno a non farlo in cambio dell’accettazione russo-sovietica della riunificazione tedesca. Quell’allargamento è stato accompagnato da crescenti numero e varietà di attività militari che chiaramente minacciano la Russia. Come notato, la Svezia è diventata membro attivo in quelle attività.
Mikhail Gorbachov, il capo sovietico che negoziò l’accordo con gli Stati Uniti, ha lamentato“il rifiuto della strategia per un nuovo comune sistema europeo concordato da me stesso e da tutti i leader occidentali quando ponemmo fine alla Guerra Fredda. Mi sento tradito dall’Occidente. L’opportunità colta a favore della pace è stata persa. L’intera idea di un nuovo ordine mondiale è stata completamente abbandonata”.
Questo disappunto risuona anche in altri statisti, inclusi Helmut Schmidt, Gerhard Schröder e così eminenti esperti statunitensi in tema di Russia come George Kennan e Stephen F. Cohen.
Una ragione ovvia della preoccupazione russa sta nell’enorme squilibrio di risorse. Mentre la popolazione della Russia ammonta a meno di 150 milioni, il totale combinato per i 28 Stati membri della NATO si avvicina al miliardo. L’economia russa è circa della stessa misura di quella dell’Italia, e le spese militari sono circa un decimo di quelle di USA/NATO.
Ma quella prospettiva non è quasi mai considerata dalle voci e dai media che oggi dominano il dibattito pubblico svedese. Al contrario, la Russia è incessantemente ritratta come una minaccia potente e crescente ai suoi vicini. Di solito, il più serio esempio di quella aggressione si dice stia avvenendo in Ucraina. Anche se quel conflitto, comunque, è peggiorato soprattutto per l’ingerenza dell’Unione Europea e per un golpe anti-democratico orchestrato dagli Stati Uniti.
Nessun problema. La Russia è da biasimare per intero, secondo un coro quasi unanime di accuse e condanne da parte delle oligarchie politiche, militari e giornalistiche della Svezia – ripetendo a pappagallo un leitmotiv in voga per tutta la sfera d’influenza USA/NATO.
Sottomarini fantasma
Cose nostre, la Russia è stata accusata di violare le acque territoriali svedesi nel arcipelago di Stoccolma con sottomarini spia, più di recente ad ottobre dell’anno scorso [2014 – ndt]. Una serrata caccia ai sospetti intrusi non riuscì a trovarne alcuno, ma ciò non ha impedito ai cacciatori di dichiarare il proprio successo. Il più importante oggetto di “prova” era la foto di una traccia provocata sulla superfice del mare da… qualcosa. Esperti indipendenti non sono convinti che fossero coinvolti dei sottomarini, suggerendo che il segno potesse essere stato provocato da imbarcazioni per la pesca, ad esempio. Ed anche se ci fosse stata la presenza di un sottomarino, ciò non fornisce prova della sua nazionalità. C’è la forte evidenza che intrusi sottomarini precedentemente sospettati provenissero, infatti, da Paesi NATO.
Qualcosa di molto somigliante accadde nell’ottobre 1982, quando si disse che sottomarini sovietici avevano violato le medesime acque territoriali svedesi. Una caccia ancora più serrata fu lanciata allora, e il risultato fu lo stesso – nessun intruso fu mai scoperto. Ciò nonostante, furono ritenuti responsabili i Sovietici, in gran parte sulla base di registrazioni idrofoniche di diversi suoni che in seguito si affermò essere stati provocati da visoni che nuotavano, banchi di aringhe e altre fonti non militari.
Il più “schiacciante” oggetto di prova fu una breve registrazione idrofonica che fu mantenuta come segreto di Stato fino al 2008 quando venne finalmente analizzata da tecnici presso l’Agenzia di Ricerca Svedese per la Difesa. La loro conclusione: i suoni sono stati quasi certamente prodotti da Amalia, una nave scuola che fu presa in affitto da un quotidiano per usarla come piattaforma galleggiante dalla quale osservare la grande caccia sottomarina del 1982. Sensibili suole giornalistiche probabilmente sentirono le vibrazioni provenienti dal propulsore della nave scuola come se fossero la “prova schiacciante” delle presunte intrusioni sovietiche che i giornalisti si proponevano di documentare.
Tutto ciò era stato apparentemente dimenticato quando i nuovi introvabili sottomarini apparvero nelle notizie lo scorso ottobre [2014 – ndt]. Le ultime accuse sono state così poveramente documentate, come insensatamente accettate dai media dominanti, i quali hanno utilizzato gli intrusi fantasma come pretesto per intensificare l’attuale campagna per instillare timore della Russia nel pubblico svedese.
Sembra che quella campagna abbia avuto qualche effetto. Sondaggi di opinione recenti indicano un aumento di quanti sono favorevoli all’adesione alla NATO. C’è anche una crescente pressione politica per aderire formalmente all’alleanza militare. I Socialdemocratici al governo rimangono contrari ad una adesione formale, ma in varie altre maniere hanno agito per approfondire la collaborazione della Svezia con USA/NATO.
La domanda è: una adesione formale comporterebbe molta differenza? Probabilmente no.
Ciò che è certo è che i leader svedesi durante gli scorsi tre decenni hanno abbandonato la lunga ed ampiamente apprezzata tradizione di pacifica neutralità del Paese. Il risultato è stato quello di alzare le tensioni nelle regioni del Baltico e dell’Artico, aumentare l’importanza della Svezia come obiettivo militare in caso di guerra, e privare il mondo intero di una influenza mediatrice che chiaramente serve molto più di poche ulteriori truppe al servizio di USA/NATO.
Al Burke
Fonte – traduzione di F. Roberti, articolo pubblicato nel 2015