The Guardian pubblica un articolo-intervista a Steve Eisman – l’agente finanziario che ha guadagnato un enorme capitale scommettendo sull’arrivo della crisi dei mutui subprime del 2007-2008, e la cui vicenda è raccontata dal film premio Oscar “La grande scommessa”. Eisman non svela molti dettagli, ma fa notare ciò che è già alla luce del sole: ora sono le banche europee a essere in una situazione disastrosa, e quelle italiane si trovano in una situazione particolarmente critica, seppellite da una montagna di crediti deteriorati che ormai sono inesigibili, anche se ancora non lo si ammette. La prossima grande crisi potrebbe iniziare proprio dall’Italia.
di Patrick Collinson, 19 novembre 2016
Nel film premio Oscar “La grande scommessa“, Steve Carell recita la parte dell’ “arrabbiato” outsider di Wall Street che riesce a prevedere (guadagnandoci enormemente) il grande crack finanziario del 2007-2008. Vede che ci sono mutui subprime con rating “tripla A” mentre in realtà sono solo spazzatura – e scommette miliardi contro le banche che li hanno in portafoglio. Nella vita reale questo personaggio è Steve Eisman, è ancora a Wall Street, e ancora vende allo scoperto titoli che pensa che crolleranno. E sebbene tenga la bocca cucita su quali siano (a meno che non abbiate un milione di dollari da dargli in gestione) è evidente che ha un obiettivo principale in mente: le banche dell’Europa continentale – e quelle italiane sono probabilmente quelle che stanno peggio.
Perché l’Italia? Perché, dice, le banche sono stracolme di “prestiti in sofferenza”. È questo il gergo che si usa per indicare i prestiti elargiti a famiglie e imprese nel momento in cui il mutuatario rimane indietro coi pagamenti, o non sta più pagando affatto. E tuttavia le banche italiane non hanno ancora svalutato questi prestiti come inesigibili, dice. Al contrario, ci sono ancora miliardi su miliardi nei bilanci, svalutati solo tra il 45 e il 50 percento del valore originale.
Il grande problema, dice Eisman, è che non valgono neanche lontanamente quella cifra. Nel film “La grande scommessa“, lo staff di Eisman si reca in Florida per parlare con i proprietari delle case costruite di recente e impacchettate dalle banche di investimento tra i “titoli garantiti da ipoteca” con rating AAA. Ciò a cui si trovano di fronte sono delle spogliarelliste che hanno ottenuto prestiti per molte case, ma che non hanno praticamente reddito, con mutui accordati da eleganti broker che sapevano perfettamente che non sarebbero stati ripagati, senza preoccuparsene affatto. Durante la visita ai complessi residenziali che avrebbero dovuto valere da garanzia ai mutui, trovano solo pignoramenti e abbandono.
Con un misto di sdegno verso le banche e di acume nell’investimento, Eisman e i suoi collegi comprano quanti più “swap” possibile per guadagnare dall’inevitabile crollo dei titoli “garantiti da ipoteca”, e alla fine fanno profitti per un miliardo di dollari.
Questa volta Eisman non va in giro per le pianure della Lombardia, perché, dice, è già tutto chiaro ed evidente. Quando gli agenti della finanza cercano di comprare i crediti in sofferenza delle banche italiane, valutano i crediti per quello che valgono veramente – in altre parole, valutano quanti dei titolari dei mutui siano veramente in grado di ripagare, e stimano quanto denaro potrà essere davvero recuperato. Ciò che trovano è che i crediti in sofferenza dovrebbero essere valutati a circa il 20 percento del loro valore originale. Il problema è che se le banche italiane dovessero riconoscere il vero valore dei loro crediti, questo spazzerebbe via il loro capitale, e crollerebbero dalla sera alla mattina.
“L’Europa è fregata. E anche voi, cari miei, siete fregati“, ha detto Eisman. “Nel sistema italiano le banche dicono di valere di 45-50 centesimi su un dollaro, ma il vero prezzo di offerta è di 20 centesimi. Se dovessero svalutare, diventerebbero insolventi“.
Eisman sta bene attento a non nominare alcuna banca italiana nello specifico. Ma i timori sulla solvibilità del sistema – gravato da una somma di crediti inesigibili stimati a 360 miliardi di euro – non sono una novità. In uno “stress test” ufficiale sulle 51 maggiori banche europee, condotto in luglio dall’Autorità Bancaria Europea, la terza maggiore banca italiana, Monte dei Paschi di Siena, è risultata la più debole della classifica. Questo ha portato a un pacchetto di salvataggi e a parole rassicuranti del primo ministro italiano, che ha sostenuto non esserci alcuna crisi generalizzata del sistema bancario. Ma il valore delle azioni del Monte dei Paschi di Siena resta ad appena 25 centesimi, crollato di oltre il 90 percento rispetto a due anni fa.
Quanto si devono preoccupare gli azionisti e i correntisti delle banche britanniche? “Non sono così tanto preoccupato per le banche inglesi“, ha detto Eisman. “Stanno meglio della maggior parte delle banche europee“. Quando poi si parla degli Stati Uniti, l’indignazione di Eisman – un aspetto centrale nella rappresentazione fatta dal film La grande scommessa – si scioglie (ma non fatelo parlare della Household Finance Corporation, l’istituto di credito di proprietà della HSBC al centro della crisi dei subprime). “Penso che le autorità di vigilanza abbiano fatto un lavoro orrendo, davvero orrendo prima della crisi. Ma poi, sotto la Fed, c’è stato un forte deleverage e riduzione del rischio da parte delle banche. Non ci sono più mutui subprime. Le autorità europee sono state molto più indulgenti di quelle americane“.
Eisman riteneva che le banche americane fossero un investimento piuttosto “noioso” – ma la vittoria di Donald Trump ha cambiato questa visione. “Ho l’impressione che ci potrebbe essere un ammorbidimento delle leggi al Ministero del Lavoro (un giro di vite voluto da Obama sulla vendita di prodotti finanziari da parte delle banche), e il quadro normativo è ora cambiato in favore delle banche“.
La vittoria di Trump ha spinto i mercati obbligazionari nel caos, con una rapida crescita dei rendimenti dei titoli pubblici. Sebbene questa sembri una buona cosa per i risparmiatori – i tassi di interesse potrebbero salire – è una cattiva notizia per chi detiene titoli del debito pubblico, perché il loro valore scende quando il rendimento sale. Eisman lo considera un guaio ulteriore per le banche europee, che detengono grandi quantità di “titoli sovrani”.
“Ciò che è davvero molto negativo è che in ogni singolo paese europeo il maggior detentore dei titoli del debito pubblico sono le banche del paese stesso“, ha detto. Nel momento in cui questi titoli diminuiscono di valore, si deteriora anche la base patrimoniale delle banche.
Eisman non condivide l’ottimismo su Deutsche Bank, dopo la vittoria di Trump. L’inguaiata banca tedesca, che dovrà pagare una sanzione di 14 miliardi di dollari negli Stati Uniti per vendita abusiva di obbligazioni ipotecarie, è stata a lungo uno dei maggiori creditori dell’impero economico di Trump. Nei tre giorni dopo la vittoria di Trump le azioni di Deutsche Bank, ritenuta la banca europea di maggiore importanza sistemica, sono balzate da 12,90 a 15,30 euro, questo perché i trader hanno scommesso su una maggiore indulgenza da parte di Trump sulla sanzione.
Ma Eisman non compra. Secondo lui Deutsche Bank è meno redditizia rispetto alle sue concorrenti, e si è basata di più sulla leva finanziaria per incrementare i profitti. La sua analisi suggerisce che Deutsche Bank avrà molte difficoltà a tornare alla sua precedente redditività.
I critici noteranno che vendere alle scoperto titoli di banche tipo Monte dei Paschi di Siena o Deutsche Bank può sembrare valido – tranne che il prezzo dei titoli di entrambe è già crollato così drasticamente, che la cattiva notizia è già scontata nel prezzo. Ma non sappiamo di sicuro se esse siano obiettivi specifici di Eisman – perché non è disposto a dire nulla a meno che non gli si dia da gestire almeno un milione di dollari in uno dei suoi “conti personali”.
Eisman ora gestisce con successo delle operazioni “esclusive” all’interno di una grande impresa a Wall Street, la Neuberger Berman. Il suo conto “Eisman Long/Short SMA” è rivolto agli investitori più ricchi, e a gennaio egli sarà a Londra per creare interesse tra gli investitori.
Ma non tutto ciò che Eisman tocca si trasforma in oro. Si rifiuta di dirci quanto ha guadagnato durante la crisi finanziaria, quando era gestore dei fondi al FrontPoint Financial Services, anche se si pensa circa un miliardo di dollari. Ma nel 2010 FrontPoint si è trovata in difficoltà quando uno dei suoi manager si è dichiarato colpevole di aggiotaggio, ed è stato condannato a cinque anni.
Eisman in seguito ha creato un fondo di investimento, Emrys Partners, che ha raccolto quasi 200 milioni di dollari da vari investitori, ma i rendimenti sono stati piuttosto sottotono rispetto a quanto Eisman avrebbe guadagnato con la grande crisi: secondo il Wall Street Journal, sarebbero stati il 3,6 percento nel 2012 e il 10,8 percento nel 2013.
Eisman ritiene che il film abbia rappresentato accuratamente ciò che è successo? Eisman stesso ha supervisionato il set dando i suoi suggerimenti a Carell e agli altri attori (tra cui Brad Pitt e Christian Bale).
“Quando ho visto il film mi è sembrato grandioso, e Steve Carell fantastico. Ma ho pensato anche – hey, io non ero “così” arrabbiato! Dopo lo scoppio della crisi sono stato sentito dalla Federal Crisis Inquiry Commission [commissione d’inchiesta federale sulla crisi], e in seguito ho visto una trascrizione. Dopo averla letta ho pensato ‘sì’, ero davvero così arrabbiato… ma la Fed poi ha fatto davvero un ottimo lavoro“.
FONTE: Voci dall’Estero