Se l’importanza di una notizia si misura rispetto a quanto poco viene dibattuta sui media mainstream, allora il recente cambio di rotta della Ford, con la cancellazione dell’investimento in Messico e la decisione di investire invece in Michigan per produrre veicola elettrici a guida autonoma, con la creazione di 700 nuovi posti di lavoro, è oggettivamente una bomba. Prima ancora di essersi ufficialmente insediato, il parruccone più bello d’America ha già in effetti dimostrato una cosa che noi sosteniamo da anni: la globalizzazione, intesa come “dinamica storica”, molto semplicemente non esiste, né mai esisterà. A parte che, ovviamente, se non si sposa una visione storicistica di stampo hegelo-marxista, il concetto stesso di “dinamica storica” appare quantomeno sospetto, ma nella fattispecie siamo di fronte più che altro ad un meccanismo vecchio come il mondo, e cioè il liberoscambismo imperialista che già secoli fa veniva denunziato nella sua sostanziale ipocrisia dal filosofo ed economista tedesco Friedrich List.
Il potere tende sempre a naturalizzare se stesso, ovvero a proporsi alle masse come “disceso da cielo”, in molti casi persino esplicitamente, come nelle stantie monarchie medioevali europee. Il papato stesso, di fatto, si configura come una teocrazia elettiva. In India le differenze di casta sono giustificate su base religiosa, per nasconderne il contenuto più grettamente socio-economico. Gli antichi sovrani Aztechi giustificavano il proprio dominio tramite i sacrifici di sangue che “nutrivano il sole” permettendogli di splendere anche il giorno successivo. Nel mondo moderno i riferimenti religiosi politicamente spendibili sono pochini, ed ecco quindi il trucco: sostituire Dio con la Natura o con la Storia (sempre scritto con la maiuscola) intese come entità impersonali da studiare con reverente rispetto e devozione ancillare, e non da piegare alla propria volontà immanente.
Così il mito della globalizzazione, ovvero l’idea che fosse “inevitabile” che la libera circolazione planetaria dei capitali, delle merci e delle persone bypassasse in modo sempre più “efficiente” il controllo degli Stati. Bisogna però capire una cosa, a cui tanto la sociopatia liberale quanto il complottismo da tastiera ci hanno disabituato: sopra lo Stato non c’è nulla. Il potere delle lobbies finanziarie, industriali e mediatiche è immenso, nessuno sano di mente può negarlo, ma non è quel monolite adamantino che ci presentano i vari ciarlatani da tastiera. Lo sanno bene gli americani: uno Stato nazionale sovrano puoi tentare di piegarlo con qualunque trucchetto speculativo, ma alla fin fine l’unico modo per addivenire ad un qualche risultato concreto è muovergli guerra, ovvero usare la forza, di cui appunto lo Stato è il monopolista legale. Tutto il resto può essere tranquillamente affrontato con opportuni strumenti di politica economica, monetaria, fiscale, industriale e sociale.
È bastato che il Polendina americano minacciasse di erigere dazi che il secondo produttore di autovetture del paese si è piegato come una canna al vento. Questo esempio ci deve far riflettere: non esiste la globalizzazione, ma solo il mondialismo, ideologia perniciosa che tenta di giustificare lo strapotere della finanza. Ma su questo ritorneremo.
Matteo Rovatti
Il Primato Nazionale