Articolo di Ellen Brown

Traduzione a cura di Nicoletta Forcheri

E’ stato definito un “rischio peggiore del Brexit”, la crisi bancaria italiana che potrebbe far collassare l’eurozona. Funzionari preoccupati dicono che “non ci sono pasti gratis” e “neanche soluzioni magiche.” Ma il Prof. Richard Werner dichiara che la soluzione magica viene semplicemente ignorata. 

Il 4 dicembre 2016, gli elettori italiani hanno respinto la riforma della Costituzione che avrebbe dato più poteri al governo e il Primo ministro ha rassegnato le dimissioni. Il caos che ne è conseguito ha spinto il sistema bancario italiano già in dissesto alla bancarotta. Il primo sul ceppo per la decapitazione è la banca storica di 500 anni, Monte dei Paschi di Siena SpA (BMP), la più vecchia banca al mondo e la terza banca in Italia. La preoccupazione è che la sua perdita possa scatenare il collasso di altre banche e dell’eurozona stessa.

Ci sembrano essere pochi dubbi che BMP e altre banche insolventi saranno salvate. Le maggiori banche sono sempre salvate, per quanto negligenti o corrotte siano state, perché nel nostro sistema attuale le banche creano la moneta che utilizziamo nel commercio. Virtualmente tutta l’offerta monetaria è creata dalle banche quando erogano i prestiti come già evidenziato dalla Bank of England. Quando le banche falliscono, falliscono le economie perché la moneta bancaria è il grasso che unge le ruote della produzione.

Quindi le banche italiane saranno salvate. La domanda è, come? Normalmente le banche in dissesto possono raccogliere liquidità vendendo i loro crediti in sofferenza o  non-performing loans (NPLs) ad altri investitori a un prezzo scontato; ma il ricupero della montagna di debiti italiani tossici è così dubbio che gli investitori esteri probabilmente non abboccheranno. Nel passato le banche in dissesto troppo grandi per fallire sono state nazionalizzate. Era per scoraggiare l’ “azzardo morale”, premiare le banche che si sono comportate male,  ma a costo di imporre i cattivi debiti al governo. Inoltre le nuove norme europee richiedono un bail in prima del salvataggio del governo, qualcosa che il governo italiano vuole disperatamente evitare. Come spiegato su un sito europeo chiamato Social Europe:

L’Unione bancaria europea, entrata in vigore a gennaio del 2016, prescrive che quando una banca va in dissesto, sia richiesto agli obbligazionisti esistenti, agli azionisti, ai creditori junior e talvolta anche ai senior, e ai depositanti con depositi superiori all’importo garantito di 100000 euro, di subire una perdita prima di far ricorso ai fondi pubblici. . . .

[Il problema è che] le obbligazioni subordinate che subirebbero il colpo non sono solo famiglie benestanti e altre banche, ma circa la metà dei 60 miliardi di obbligazioni subordinate si ritiene che appartengano a 600 000 piccoli risparmiatori che in molti casi sono stati costretti con frode ad acquistare quelle obbligazioni dalle banche che le hanno definite come titoli senza rischio (buoni come i depositi in poche parole).

Il governo ha pregustato l’effetto boomerang un anno fa quando ha forzato alla perdita gli obbligazionisti di 4 piccole banche. Una vittima ha fatto la ribalta dei giornali, quando si è  impiccato con una nota di accusa ala sua banca che gli aveva portato via tutti i suoi risparmi da 100000 euro.

Goldman Sachs Weighs In

Non solo i piccoli risparmiatori sono a rischio. Secondo un articolo di luglio 2016 “Look Who’s Frantically Demanding That Taxpayers Stop Italy’s Bank Meltdown”:

L’esposizione totale di banche e investitori privati francesi ai titoli del debito italiano è superiore a 250 miliardi. La Germania detiene 83.2 miliardi di titoli italiani. La Deutsche Bank da sola ha quasi 12 miliardi di titoli italiani nella sua contabilità. Gli altri settori bancari più a rischio contagio sono la Spagna (€44.6 miliardi), gli USA. (€42.3 miliardi), il R.U. (€29.8 miliardi) e il Giappone (€27.6 miliardi).

. . . Il che ci aiuta a spiegare perché le banche e i loro rappresentanti al FMI e alla BCE stiano chiedendo freneticamente un salvataggio finanziato senza risparmiare il contribuente del sistema bancario italiano.

Potrebbe anche spiegare perché Goldman Sachs si sia assunta una proposta per uscire dal dilemma: invece di comprare titoli del debito italiano nel programma di QE, la BCE e la banca d’Italia potrebbero comprare i crediti sofferenti delle banche insolventi.

Come osservato a luglio 2016 nell’articolo del The Financial Times “Goldman: Italy’s  Bank Saga – Not Such a Big Deal,” gli NPL italiani erano a  €210 miliardi, e la BCE stava comprando 120 miliardi l’anno di titoli del debito italiano corrente come parte del programma di QE. L’autore citava Franesco Garzarelli di Goldman che dichiarava, “quando il QE sarà finito, non prima della fine del 2017, secondo le nostre previsioni di base, circa un quinto del debito pubblico italiano sarà nello stato patrimoniale della Banca d’Italia.” Inserire tutto lo stock netto di crediti incagliati nei conti del governo, diceva, sarebbe stato come la BCE che effettua acquisti dei titoli italiani per nove mesi.

L’acquisto di debito bancario con moneta creata dalla banca centrale salverebbe le banche senza costi per il contribuente, l’obbligazionista e il governo. Quindi perché non si sceglie questa strada?

L’obiezione dell’inflazione

Forse la preoccupazione è che sarebbe un’operazione inflazionista. Ma il Prof. Werner che ha inventato il termine  “quantitative easing” quando era consulente dei giapponesi negli anni 90, mega che ciò possa provocare inflazione. Nel 2012, propose una soluzione simile per la crisi bancaria europea, citando tre precedenti storici di successo.

Uno di questi è il QE della Federal Reserve con cui comprò 1.7 trilioni di dollari di titoli ipotecari dalle banche. Titoli definiti “tossici”, l’onere in  NPL di Wall Street. Il passo fu così controverso ma funzionò per lo scopo prefissato: le banche non crollarono, l’economia si rimise in piedi, e la tanto paventata inflazione non risultò. Werner dice che la ragione è che non fu immessa nuova moneta nell’economia non bancaria. Il QE era solo una manovra contabile, un scambio di asset nei conti di riserva delle banche stesse.

Il suo secondo esempio è la Gran Bretagna del 1914 quando il sistema bancario inglese crollò dopo la dichiarazione di guerra alla Germania. Non erano bei tempi per una crisi bancaria, la Bank of England comprò semplicemente i NPL bancari. “Non ci fu credit crunch” scrive Werner, “e nessuna recessione. Il problema fu risolto a costo zero per il contribuente”.

Per il terzo esempio, cita la crisi bancaria giapponese del ’45. Le banche crollarono completamente con NPL di circa il 100 per cento degli asset.

Ma nel 1945 la Banca del Giappone non aveva interesse di creare una crisi bancaria e una recessione da credit crunch, voleva semplicemente garantire che il credito bancario continuasse a fluire, per dare crescita all’economia. Quindi la Banca del Giappone comprò i crediti sofferenti dalle banche, non a n prezzo di mercato (vicino allo zero) ma molto al di sopra del suo valore di mercato.

In ognuno di questi casi, Werner ha scritto

Le operazioni furono un successo totale senza inflazione, senza svalutazione monetaria. Nonostante i crediti massicci incagliati portassero via la solvibilità e il patrimonio netto del settore bancario, la salute bancaria fu ricuperata rapidamente. Nei casi del Regno Unito e del Giappone, il credito bancario ricominciò a ricuperare rapidamente in modo da non provocare praticamente alcune recessione.

In Italia e altri Stati “periferici” dell’eurozona, Werner suggerisce una impostazione a due rami: (1) la banca centrale dovrebbe comprare gli NPL sofferenti con il QE e (2) il governo dovrebbe prendere in prestito dalle banche e non dagli obbligazionisti. Il prestito dal mercato delle obbligazioni ingrassa i sottoscrittori ma non crea nuova moneta nella forma di credito bancario per l’economia. Il prestito dalle banche crea nuova moneta come credito bancario. (Vedi qua.)

Chiaramente quando le BC vogliono salvare il sistema bancario senza costi per il governo o i cittadini, sanno come farlo. Quindi rimane la domanda, perché la BCE non ha seguito l’autorità e l’esempio della Federal Reserve?

L’obiezione dell’azzardo morale

Forse perché le banche che sanno che saranno salvate dai loro cattivi prestiti continueranno a fare cattivi prestiti. Lo stesso identico azzardo morale  da un bailout o un bail in, che tutte le parti interessate sembrano volere proporre. E, come osservato in un articolo  “Italy: Banking Crisis or Euro Crisis?”, la causa dell’insolvenza delle banche in questo caso è qualcosa che va al di là del controllo delle banche, ed è la più profonda recessione nella storia italiana.

Werner dice che l’argomento dell’azzardo morale dovrebbe applicarsi alla banca centrale che in realtà è stata responsabile della recessione per via delle massicce bolle creditizie che le sue politiche hanno permesso e incoraggiato. Invece di essere punite per queste politiche però la BCE è stata premiata con maggiori poteri e maggiore controllo. Werner pertanto scrive:

Vi è una forma di azzardo morale normativo: i regolatori che ottengono più potere dopo le crisi potrebbero non ricevere incentivi sufficienti per evitare tali crisi

What May Really Be Going On

Werner e altri osservatori sospettano che salvare le economie dell’eurozona periferica non sia il vero scopo della politica della BCE, semmai la BCE e la Commissione europea stano lavorando per forzare una unione politica ai paesi dell’eurozona, controllata da burocrati non eletti al servizio di poche grosse multinazionali e banche. Werner cita David Shipley on Bloomberg:

Funzionari della banca centrale sperando di mantenere viva la minaccia di una Armageddon finanziaria, possono costringere cittadini e governi di intere aree ad adottare una unione più profonda di quanto non avessero previsto gli ideatori dell’euro.

Funzionari della BCE e della CE affermano che “non ci sono pasti gratis” e “nessuna alternativa” dice Werner ma invece c’è un’alternativa, una a costo zero per i cittadini e il governo. Le banche europee possono essere salvate dalla banca centrale esattamente come le banche americane sono state salvate dalla Federal Reserve.

Per evitare l’azzardo morale delle malefatte delle banche in futuro, esse devono essere normate in modo da servire l’interesse pubblico o essere nazionalizzate. Si può fare a costo zero per il governo poiché i crediti in sofferenza sarebbero cancellati dalle scritture contabili.

Per una soluzione a lungo termine, la moneta che è creata dalle banche che perseguono il loro profitto, dev’essere creata dai governi (come è stato fatto con successo nel passato, nelle colonie americane) oppure dev’essere creata dalle banche a cui sia richiesto di servire l’interesse pubblico. E perché succeda, le banche devono diventare di pubblica utilità.

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Ellen Brown is an attorney and author of twelve books, including the best-selling Web of Debt. Her latest book, The Public Bank Solution, explores successful public banking models historically and globally. Her 300+ blog articles are at EllenBrown.com. She can be heard biweekly on “It’s Our Money with Ellen Brown” on PRN.FM.

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