Non ci sarebbe la cattiva gestione dell’indagine sui server di posta elettronica privati utilizzati dalla Clinton quando era segretario di Stato, secondo il New York Times, alla base del licenziamento del direttore dell’Fbi, James Comey. Ma, piuttosto, il tentativo di insabbiare le indagini del capo della polizia federale sul cosiddetto Russiagate, lo scandalo sui contatti tra i membri dell’amministrazione Trump e il Cremlino, per il quale, secondo l’editorial board del quotidiano statunitense, il presidente americano potrebbe rischiare addirittura l’impeachment.

“Licenziando il direttore dell’Fbi, James Comey, il presidente Trump ha gettato seri dubbi sulla fattibilità di ulteriori indagini su quello che potrebbe essere uno degli scandali politici più importanti nella storia del Paese”, si legge, infatti, nell’editoriale pubblicato ieri sul quotidiano statunitense, con riferimento alle indagini condotte dal direttore dell’Fbi sulle presunte interferenze della Russia nelle scorse presidenziali americane e sui possibili contatti fra i membri dello staff della campagna elettorale di Trump con i funzionari russi. Secondo il New York Times, quindi, alla base del licenziamento di Comey, non ci sarebbero gli errori commessi nelle indagini sulle mail della Clinton. Sebbene al direttore della polizia federale siano state rivolte critiche bipartisan sulla gestione del caso, riaperto a dieci giorni dal voto per le presidenziali e poi subito archiviato, l’indagine sui server di posta elettronica della Clinton avrebbe, di fatto, favorito l’ascesa di Trump. La stessa Clinton, infatti, nei giorni scorsi, ha accusato James Comeydi essere stato una delle cause principali della sua sconfitta elettorale. Secondo il New York Times, quindi, Trump non avrebbe avuto nessun interesse a licenziare Comey per il suo comportamento sull’indagine relativa alle email della Clinton.

Il ruolo di Jeff Session nel licenziamento di Comey

Il vero motivo del licenziamento, secondo il quotidiano statunitense, sarebbe, invece, il fatto che Comey stesse lavorando ad un’inchiesta in grado di poter “destituire un presidente”. Ad essere davvero interessato alla rimozione di Comey, al contrario, sarebbe il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, finito anche lui nel mirino dell’Fbi, per i suoi presunti incontri con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergej Kislyak, durante la campagna elettorale per le scorse presidenziali. È proprio Sessions, infatti, secondo quanto si legge nella lettera inviata da Trump a Comey, pubblicata sul Corriere della Sera, a raccomandare il licenziamento in tronco, con effetto immediato, del direttore dell’Fbi. Secondo il New York Times, quindi, la mossa di Trump sarebbe chiaramente orientata a mettere a tacere l’inchiesta sul cosiddetto Russiagate.  Uno scandalo che finora ha toccato diversi membri dell’amministrazione Trump. A finire nel mirino dell’Fbi per l’inchiesta sulle presunte interferenze del Cremlino nelle presidenziali sono stati, finora, l’ex capo della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort – in contatto, secondo l’Fbi, con uomini d’affari russi vicini al presidente, Vladimir Putin – i consiglieri di Trump, Roger StoneCarter Page,  e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Flynn, costretto a lasciare il suo incarico per aver mentito sui rapporti intrattenuti con alcuni funzionari russi, tra cui l’ambasciatore Kislyak, dopo l’elezione di Trump. Le indagini dei federali non avevano risparmiato nemmeno il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, accusato di avere incontrato l’ambasciatore russo a Washington in due occasioni, a luglio e a settembre, nel pieno dello scandalo dell’hackeraggio dei server del Partito Democratico, per il quale Obama e la Clinton accusavano direttamente Mosca.

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Lo spettro del Watergate

Negli ultimi mesi, inoltre, Comey sembrava determinato ad andare avanti e, a fine marzo, in un’audizione al Congresso, aveva confermato l’esistenza di un’indagine dell’Fbi sui tentativi del Cremlino di interferire nelle presidenziali del 2016 e sui legami tra Mosca e gli uomini di Trump. Ora, accusa il quotidiano della Grande Mela, con il licenziamento di Comey, le indagini saranno con tutta probabilità bloccate. Ma diversi storici e analisti non la pensano così. Sono in molti, infatti, compreso il New York Times, a fare il parallelo tra la rimozione del capo dell’Fbi e il Saturday Night Massacre del 1973, quando l’allora presidente Richard Nixon ordinò il licenziamento di Archibald Cox, il procuratore speciale che indagava sullo scandalo Watergate. Al posto di Cox fu nominato però, su raccomandazione della Casa Bianca, il texano Leon Jaworski, il quale portò avanti le indagini che condussero alle dimissioni di Nixon, il 9 agosto del 1974. Anche anche per Trump, insomma, il licenziamento di Comey potrebbe avere un effetto boomerang. Secondo lo storico, Timothy Naftali, specializzato in storia dei presidenti americani, intervistato da Politico, infatti, l’inchiesta sul Russiagate probabilmente non sparirà. Al contrario, sottolinea lo storico, ora per Trump, “sarà più difficile liberarsi di queste accuse, perché rimarrà sempre il dubbio” che il presidente abbia qualcosa da nascondere.

Intanto, dalla Casa Bianca fanno sapere che la ricerca di un successore “qualificato e con esperienza” è già iniziata e che il licenziamento di Comey rappresenta “un nuovo inizio per il gioiello delle forze dell’ordine” degli Stati Uniti. Ma le polemiche sulla decisione sembrano destinate ad aumentare e il rischio, come per Nixon, sebbene Trump abbia ribadito di non essere sotto indagine, potrebbe essere quello di una richiesta di impeachment proprio per il Russiagate.

Gli Occhi della Guerra

 

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