Da Voci dalla Strada

Nel 2010 uno dei leader del PD,Walter Veltroni, scrive al Ministro della Giustizia Angelino Alfano persollecitare la riapertura delle indagini sulla morte di Pasolini. Stanno,infatti, emergendo novità di un certo rilievo. Nella puntata del programma diRaiTre “Chi l’ha visto” del 19 aprile 2010, la giornalista e presentatriceFederica Sciarelli si occupò della scomparsa di un personaggio legato allamalavita romana, tale Antonio Pinna, che aveva fatto perdere di sé le traccenel lontano 13 febbraio 1976. 
Di HS

La sua Alfa GT, simile a quella di Pasolini, erastata ritrovata nell’aeroporto di Fiumicino. Chi non ha mai smesso di cercarequell’uomo è il figlio nato una relazione prematrimoniale il quale si rivolge aSilvio Parrello, amico di Pasolini e noto al secolo come Er Pecetto del celebreromanzo “Ragazzi di vita”. Parrello è un noto e stimato pittore e conoscevabene Pinna, meccanico e asso del volante del quartiere Donna Olimpia. Non solo…Secondo Parrello, Pasolini e Pinna si conoscevano bene dagli anni Cinquantaquando lo scrittore viveva a Monteverde.
Nulla di così strano e scandaloso: aquell’epoca a Donna Olimpia i palazzoni ex IACP si affacciavano sullaMonteverde bene. Da una parte gli uomini del clan malavitoso dei Proietti – labanda che affrontò in una sanguinosa guerra l’emergente banda della Magliana –e dall’altra gli scrittori “monte verdini” come Pasolini, Gadda, Caproni, iBertolucci, ecc…

D’altronde molti attori e collaboratori di Pasolini – come idue Citti e Ninetto Davoli – provenivano dalle borgate e, senza quell’amicizia,sarebbero stati destinati a ben altra carriera. Da buoni osservatori efotografi della realtà delle borgate e delle periferie questi artisti edintellettuali non trascuravano di relazionarsi con gli abitanti, anche concoloro che vivono di espedienti e alla giornata. Non sarebbe altrimenti statopossibile scrivere certi romanzi riproducendo in maniera assolutamente fedelelinguaggi, comportamenti ed inflessioni dialettali. Ancora prima di morirePasolini frequentava il Pinna e sarebbero diventati amici…

Da quel lontano 1976più nessuna notizia a parte un episodio che risale a tre anni dopo quando Pinnavenne fermato per guida senza patente. Stranamente il documento del fermo èpieno di omissis e in parte secretato. Per quale motivo ? E come potrebbec’entrare Pinna con la morte di Pasolini ? I misteri che circondano il caso nehanno causato la scomparsa ?

Parrello raccolse latestimonianza di un carrozziere – Marcello S. – che si vide portare a riparareun’Alfa GT che era stata “urtata” simile a quella di Pasolini dai colleghiLuciano C. e Antonio Pinna. La vettura – dirà il meccanico – era anche sporcadi fango. Corrisponde alla descrizione dell’auto che aveva arrotato il corpo diPasolini. In seguito ci avrebbe pensato lo stesso Pinna a riparare l’Alfa… Ilrapporto fra il caso dell’omicidio Pasolini e la scomparsa di Antonio Pinna sifa sempre più stretto e stringente: il 13 febbraio 1976 – data della sparizione– è iniziato da pochi giorni il processo e da un paio di giorni l’appuntatoSansone aveva effettuato l’arresto dei fratelli Borsellino che avevanoconfessato di aver ucciso Pasolini con il concorso di Johnny lo Zingaro.

Perun’altra strana coincidenza Pinna conosceva bene Giovanni, il padre dei dueBorsellino, che si era suicidato nel luglio del 1975. L’amicizia era statastretta in carcere.

Dunque, essendo stato fermato perguida senza patente nel 1979, Pinna ha potuto godere di protezioni nella suafuga ? Chi ne ha coperto le tracce ? Oppure dopo qualche tempo è stato decisodi eliminare anche lui ?
Parrello non ha dubbi inproposito: la vettura portata da Pinna da Marcello S. è quella che era presenteall’Idroscalo. Probabilmente lo stesso Pinna era presente e, comunque, sarebbestato a conoscenza di molti particolari riguardo all’evento criminoso. Ilpittore rievoca il filmato in 8 mm girato dal compianto Sergio Citti: vi sipossono scorgere una cancellata sfondata e un paletto di cemento piegato. Masecondo la perizia di parte civile voluta dalla famiglia di Pasolini edeffettuata dal professor Faustino Durante, l’auto dello scrittore nonpresentava segni d’urto o strisciature sulla coppa dell’olio e sulla marmitta,mentre il frontale non mostrava tracce ematiche o di cuore capelluto.

Adimostrazione che non poteva essere la GT dello scrittore ad aver provocato idanni alla cancellata e al paletto. Per non parlare delle buche che potevanocausare dei danni all’auto… Inoltre Citti raccolse la testimonianza di unpescatore – oggi ormai deceduto – che vide quanto accadde e che avrebbeconfermato sostanzialmente la ricostruzione di Parrello sulla dinamicadell’omicidio. Allora è proprio la GT di Pinna quella che investì Pasolini eche poi sfondò la cancellata ?

Allo stato attuale l’inchiesta èstata riaperta e affidata al PM Minisci e ne attendiamo con trepidazione l’esito,ma ora ci arroghiamo la presunzione di avanzare qualche riflessione e dipresentare un abbozzo di ricostruzione…
Girandoci intorno è agevolenotare come in questa storia ricorrono sempre gli stessi nomi e che pare chetutti costoro si conoscano bene… Antonio Pinna, Giuseppe Mastini detto Johnnylo Zingaro, i fratelli Borsellino, Sergio Placidi e, infine, naturalmente PinoPelosi. Un milieu dove troviamo un po’ di tutto a livello delinquenziale: dallospaccio di droga allo sfruttamento della prostituzione, dalla rapina alpestaggio, dallo scippo al piccolo furto, ecc… I mondi dell’estremismo didestra, della criminalità comune e della piccola malavita giovanile diquartiere si sovrappongono e si fondono. Tutto ciò contribuisce a confondere leidee sulle ragioni per cui può essere stato ucciso Pier Paolo Pasolini.

L’ennesimodelitto consumato sullo sfondo dello scontro fra le bande “rosse” e quelle“nere”, il crimine maturato nell’ambiente della prostituzione omosessuale egiovanile, la difesa estrema da un tentativo di violenza, una rapina finitamale e degenerata in violenza, la “lezione” di un gruppo di balordi o digiovani teppisti, il tentativo di ricatto con il furto delle bobine di “Salò”. Seci si riflette bene, ognuna di queste piste porta a fattacci di malavita ecronaca nera che fanno felici tanti giornali, ma che, certo, nulla hanno a chevedere con qualsiasi risvolto politico. Perfino la tesi della spedizione di ungruppo di picchiatori fascisti organizzata per colpire un intellettuale comunistae omosessuale è riduttiva, quasi pseudopolitica.

Proviamo a percorrere la stradadel delitto perpetrato dal Potere a partire dal dato che quell’Antonio Pinna, scomparsonel nulla, era stato coinvolto nel sequestro di un farmacista e aveva legamicon la discussa banda dei marsigliesi che, prima della Magliana, spadroneggiò aRoma.
Allora si tratta innanzitutto difornire la sintesi di un altro “romanzo criminale”…
Agli inizi degli anni Settanta lapiazza romana della delinquenza è ancora modesta permeata da unamicrocriminalità che sopravvive con rapine, furti, truffe e scippi. Il panoramaverrà rivoluzionato da elementi stranieri, banditi e rapinatori venuti dallafiorente Marsiglia, gente particolarmente decisa che non si fa scrupolo di usare,se occorre, pistole e mitraglie. Perlopiù italofrancesi, è gente che ha vissutoai margini della criminalità marsigliese che conta, quella coinvolta nei granditraffici di stupefacenti che sfruttano i canali della cosiddetta FrenchConnection per approdare nel territorio statunitense. Esclusa dai trafficiilleciti dei caid, i padrini marsigliesi e corsi, costoro hanno trovato lapropria vocazione nella rapina a mano armata mettendo a segno una serie dicolpi veramente spettacolari che attirano l’attenzione della stampa e deimedia.

Proprio al principio del decennio il già notissimo e famigerato banditoitalofrancese Albert Bergamelli contatta a Roma un altro spietato criminale marsigliese,già accusato di omicidio, Jacques Berenguer. Ai due si unisce il brescianoMaffeo “Lino Bellicini, appena evaso da un carcere portoghese. Sono tuttiricercati dalle polizie di mezzo mondo e si stabiliscono a Roma per mettere inpiedi una banda spregiudicata ed efficiente, la banda delle “tre B.” o,appunto, la banda dei Marsigliesi accogliendo gli elementi più promettentidella malavita locale. Oltre alla specialità della rapina a mano armata ilgruppo si dedica al traffico e allo spaccio di eroina e di cocaina e, comevedremo, al sequestro di persona che sta diventando un ‘autentica industria delcrimine.

I Marsigliesi fanno ovviamente scuola, facendo fare un notevole saltodi professionalità ed efficienza alla piccola delinquenza di borgata e, quandoil gruppo italofrancese verrà sgominato dalle forze dell’ordine, sarannoproprio i criminali autoctoni delle batterie che vanno a formare la banda dellaMagliana a raccoglierne per un certo periodo l’eredità. Attenzione ! Non ècerto ancora mafia, criminalità dai pericolosi tratti settari, ma neanchecriminalità organizzata e strutturata. Siamo piuttosto nei dintorni di unacriminalità comune di alto livello, quella delle bande capaci di accumularelauti profitti da attività delinquenziali che comportano un certo rischio. Lacriminalità romana ha cambiato pelle: il fenomeno rappresentato dai Marsigliesiè di difficile e complessa definizione del punto di vista criminologico. Essiconiugano il senso degli affari e del business di un boss come il leggendarioAl Capone con l’audacia e la ferocia delle gang americane di rapinatori comequelle di John Dillinger, di Bonnie & Clyde e della famiglia Barker.

Comesempre gli americani anticipano tendenze e fenomeni globali anche relativamenteal campo della criminalità. A ciò si aggiunga che questi nuovi gangster siorganizzano e si muovono come terroristi, dimorando in appartamenti – covoacquistati o affittati per proteggerne la latitanza. Sicuramente leinnumerevoli rapine e i sequestri di persona compiute dalla banda hannoqualcosa di terroristico, spargendo un senso di insicurezza e di terrorediffusi nella popolazione romana. Il 22 febbraio 1975 la famosa rapina inpiazza Caprettari frutta un magro bottino e l’assassinio dell’agente DomenicoMarchisella accorso sul posto.

Non è il primo e non sarà l’ultima vittimadell’azione di banditi a mano armata disposti a fare fuoco sia sugli agenti dipolizia che su innocenti passanti se costretti dalla necessità. D’altronde iMarsigliesi aggregano attorno a loro i delinquenti più decisi della capitalefra cui Laudavino De Sanctis detto “Lallo lo Zoppo” che metterà insieme unabanda dedita ai sequestri di persona e famosa anche per aver assassinato alcuniostaggi. Certamente più noto alle cronache e alla storia è Danilo Abbruciati,un ex pugile che ha scoperto la propria vocazione nella rapina. Abbruciati sidistinguerà come uno dei boss dei testaccini della banda della Magliana e,probabilmente, rafforzerà la sua posizione all’interno della mala romana graziealle potenti protezioni accordate. La banda della Magliana dominerà la piazzaromana a partire dalla fine degli anni Settanta – e per circa quindici anni –grazie alla conquista del monopolio della distribuzione e dello spaccio deglistupefacenti.

Questa posizione consentirà al gruppo di malavitosi romani ditrattare da pari a pari con la mafia siciliana, la Nuova Camorra Organizzata diRaffaele Cutolo e la ndrangheta calabrese. Sul piano strettamente operativo nonmancherà la collaborazione da parte dei giovani neofascisti romani anche, se,almeno sembra, alcuni elementi della banda intratterranno rapporti anche congli estremisti di sinistra dell’Autonomia. La rete di rapporti dei boss dellabanda della Magliana conduce alle stanze del potere: Vaticano, i servizisegreti egemonizzati dalla loggia P2, i palazzi romani della politica che conta,settori della magistratura e delle forze dell’ordine. E naturalmente icompiacenti canali del riciclaggio sostenute da personaggi più o menorispettabili come l’usuraio Domenico Balducci e il costruttore RosarioNicoletti.

L’accesso a questi canali finanziari è favorito dal boss mafiosoPippo Calò, padrino della cosca palermitana di Porta nuova, ambasciatore ecassiere dell’organizzazione con il compito di tenere i rapporti e icollegamenti con gli ambienti romani del potere e di riciclare i proventi delleattività di Cosa Nostra. Secondo alcuni è proprio Calò la mente direttiva dellabanda della Magliana e fra i componenti del sodalizio criminale stringerà unrapporto di amicizia soprattutto con Danilo Abbruciati. Secondo alcunetestimonianze lo stesso Abbruciati sarebbe stato affiliato a Cosa Nostra.

Frale altre amicizie interessanti dell’astro della criminalità romana v’è daannoverare un certo Antonio “Toni” Chicchiarelli, il falsario romano chefabbricò il falso comunicato brigatista del Lago della Duchessa in cui eraannunciata l’eliminazione dell’onorevole Moro. Questa operazione era stataideata in seno ai Comitati di Crisi del Ministero degli Interni infarciti daaffiliati alla loggia P2 e sotto gli auspici dell’esperto americano delDipartimento di Stato USA Steve Pieczenick. Chicchiarelli è un altro malavitosocomune di difficile decifrazione per le sue frequentazioni e le straneamicizie.

Pare coinvolto in un discreto giro di traffici di armi e vicino siaad elementi dell’Arma dei Carabinieri che del servizio segreto civile. Inrapporti con alcuni boss della banda della Magliana e con i giovani neofascistidei NAR, non ha disdegnato frequentazioni di “autonomi” romani. Oltre chenell’operazione del falso comunicato brigatista numero 7, il suo nome ricorrenel delitto del giornalista Pecorelli e nella rapina alla Brink’s Securmark. Itanti messaggi ricattatori di cui sono impregnate le sue imprese criminalimercenarie porteranno alla sua esecuzione per mano di ignoti killer nelnovembre del 1984.

Nel 1975 i Marsigliesi troverannoun nuovo alleato e socio nelle loro imprese criminali soprattutto per quel cheriguarda la condivisione dei contatti turchi e boliviani per l’acquisto dellepartite di droga e l’organizzazione dei sequestri di persona. Si tratta di unbandito altrettanto spietato, dalla carriera molto simile a quella deicriminali italofrancesi. Dopo essersi accreditato anche all’estero con qualcherapina, il gangster Francis Turatello è riuscito a farsi una posizione nellametropoli milanese attraverso la gestione di lucrose attività come il trafficoe lo spaccio di droga, le bische clandestine e la prostituzione. Questo giovanemalavitoso milanese è riuscito a creare un gruppo in grado di tenere testa alboss mafioso di Corleone Luciano Leggio che, resosi latitante, aveva dato vitaa un pericoloso racket di sequestri di persona nel capoluogo lombardo.

MaTuratello è anche figlio naturale e nato fuori dal matrimonio di un potenteboss della mafia italoamericana, un nome che faceva tremare vene e polsi, Frank“Tre Dita” Coppola. Il vecchio padrino faceva parte del gruppo di boss di CosaNostra del calibro di Lucky Luciano, Joe Adonis e Frank Costello che eranostati “esiliati” dagli americani e trasferiti nel loro paese d’origine dopo iservigi resi al paese durante la guerra. Dotati di un incontestabile senso pergli affari, questi boss introdurranno in Italia i traffici di stupefacenti efra costoro si distinguerà proprio il padre di Turatello che gestirà laredditizia attività dalla sua villa sul litorale laziale.

Sicuramente ilgangster milanese potrà condurre i suoi affari potendo beneficiare dellaprestigiosa parentela criminale e della conseguente protezione dei padriniitaloamericani, ma gli screzi con Cosa Nostra siciliana non mancheranno,tensioni dovute inevitabilmente alla competizione sui mercati criminali.Proprio a Roma verrà inviato un killer, tale Toni Riccobene per assassinareTuratello, ma questi saprà come anticiparlo. Dovendosi coprire le spalle estringere nuove alleanze, oltre ai Marsigliesi, Turatello si legherà anche alpotente boss della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo che, a Napoli, stasfidando la camorra ancora subordinata alle decisioni di Cosa Nostra siciliana.Com’era prevedibile l’accordo fra Cutolo e Turatello riguarda il traffico didroga oltre alla vendita della merce rapinata dai Tir. Come quelle deiMarsigliesi, anche le fortune del bandito milanese Turatello e della sua bandanon sono destinate a durare a lungo e, come loro, legherà il suo nome anche adalcuni “misteri d’Italia.

Questo è un romanzo criminaleancora da scrivere… Bergamelli, Turatello e Abbruciati… Dai Marsigliesi allaparabola della banda della Magliana… L’epopea di un gangsterismo agile espietato, capace di esercitare un certo controllo sul territorio, di lanciareun’arrogante sfida ad autorità che sembrano impotenti di fronte al dilagaredella criminalità, ma che, nel contempo e ambiguamente, ricerca protezioni erapporti con il Potere…
Si può veramente considerarecomune e “pura” questa nuova criminalità che si diffonde nei contesti urbani emetropolitani ? Oppure, già al suo apparire, accoglie connotati che trascendonoil semplice ambito criminale. In Italia il nome di Albert Bergamelli era giàsalito alla ribalta delle cronache nel lontano 1964 quando, con una bandacomposta da elementi italofrancesi e francesi, aveva messo a segno unaspettacolare rapina alla gioielleria Colombo della celeberrima ed elegante viaMontenapoleone a Milano a pochi passi dalla questura. In Italia non era maiaccaduto niente di simile e solo la banda Casaroli aveva avuto l’ardire diusare armi da fuoco.

La banda capeggiata da Bergamelli fa uso di tecniche chesembrano appartenere all’armamentario militare più che a quello delinquenziale:si mettono a sparare apparentemente all’impazzata seminando il panico fra lafolla e due vetture vengono utilizzate per chiudere il traffico all’altezza divia Verri. Tutti i membri della banda verranno comunque catturati dalla poliziaitaliana forse grazie anche alla collaborazione dei servizi di informazioned’Oltralpe. Tradotto in carcere ad Alessandria, Bergamelli usufruirà delsoggiorno obbligato nel modenese. Ciò gli consentirà di fuggire e di proseguirela sua carriera criminale in un’alternanza di spettacolari rapine ed evasioni. Primadi tornare in Italia il suo nome salirà al primo posto della lista deiricercati d’Europa, con la sua banda del MEC, facendosi conoscere in Francia,Belgio, Germania e Gran Bretagna.

Secondo Arrigo Molinari, all’epocafunzionario della questura di Milano, poi questore di Genova affiliato allasolita loggia P2, la rapina in via Montenapoleone è stata la prima vera azioneterroristica in Italia, primo atto della “strategia della tensione”. Quellarapina così spettacolare da essere percepita come una sfida alle autorità ealle forze dell’ordine, doveva servire a silurare il capo della poliziaitaliana dott. Angelo Vicari. E’ il 1964, l’anno del Piano SOLO del comandantegenerale dell’Arma dei carabinieri Giovanni De Lorenzo, già direttore del SIFARche sottoscrisse l’accordo con la CIA per la formalizzazione della STAY BEHINDe di GLADIO.

Il ridimensionamento della polizia per quel che riguardava lagestione dell’ordine pubblico avrebbe rafforzato il ruolo dell’Arma che,all’epoca, doveva supportare il piano golpista di De Lorenzo. Rapinatori ecriminali o mercenari votati alla provocazione ? In effetti con l’indipendenzaalgerina dalla Francia e lo scioglimenti dell’organizzazione terroristica ecolonialista OAS, molti ex legionari ed ex militanti si offrono sul mercatodella “guerra non ortodossa” o a “bassa intensità” in funzione prettamenteanticomunista e antisovietica. In Portogallo, a Lisbona, era sorta nel 1962 unacentrale terroristica sotto la copertura dell’agenzia di stampa Aginter Press suiniziativa di ex militari dell’OAS. Oltre ad essere in collegamento conl’estrema destra europea ed internazionale, la centrale offriva i suoi servigialla CIA, all’organizzazione Gehlen e ad altri servizi segreti del Patto NATOoltre che a quelli dei paesi colonialisti e fascisti. Secondo Cristiano Armatilo stesso Bergamelli doveva le sue rocambolesche e fortunose evasioni agli excamerati dell’OAS che, fra l’altro, si finanziavano anche attraverso le rapine.

Insomma la nuova generazione di criminali pesca nel mare magnum degli exlegionari, mercenari e malavitosi esclusi dai giri “grossi” della malafrancese. Forse alcune delle nuove bande, fra cui quella di Bergamelli, hannofinalità politiche. La collocazione ideologica dei nuovi gangsters con unapropensione alla violenza sconosciuta alla vecchia malavita, pare certa eunivoca. Albert Bergamelli dichiarò di essere un nazista, mentre il suo amicomilanese Turatello girava con una catena d’oro a forma di svastica appesa alcollo. Fascista e ammiratore di Mussolini è stato Franco Giuseppucci, il bossche ha mantenuto la coesione della banda della Magliana, così come fascista eamico di neofascisti era l’altro boss del gruppo Danilo Abbruciati.

Ci si puòchiedere se non sia stato proprio l’influsso dei gangsters Marsigliesi, le cuigesta erano presumibilmente ispirate dall’OAS, a determinare gli orientamenti“politico – ideologici” delle bande che hanno imperversato a Roma e a Milano. Bisognariconoscere che, nonostante tutto, la documentazione giudiziaria e letestimonianze ci dicono che i vari Bergamelli, Berenguer, Turatello,Giuseppucci, Abbruciati, ecc… appartenevano alla razza dei malavitosi “comuni”che si sono associati con i “politici” per perseguire finalità soprattuttopatrimoniali. Si chiarisce, tuttavia, come possa essersi insediato a Roma quelfluido milieu in cui neofascismo, criminalità comune di alto livello e piccolamalavita entravano in contatto, si cercavano e si sostenevano.

E’ notal’ammirazione dei neofascisti romani, pariolini e sottoproletari, per iMarsigliesi. Uno dei giovani massacratori pariolini del Circeo, Andrea Ghira,disse alle vittime delle sevizie che lui era Berenguer. Il culto el’esaltazione della violenza spesso gratuita si trasformava in adorazione edemulazione delle gesta degli spietati gangsters italofrancesi. Siamo, comunque,ancora nel territorio ai confini fra eversione e criminalità anche con risvoltiteppistici.

Con il fiorire della lucrosaindustria dei sequestri di persona viene meglio alla luce la contiguità fra ilPotere e bande come quelle dei Marsigliesi, di Turatello e della Magliana cheal servizio di quelle potenti consorterie misero a disposizione le loroparticolari professionalità…
A rileggere le cronache di queglianni la sequenza dei sequestri di persona impressiona enormemente. A questocrimine di estrema gravità si dedicarono negli anni Settanta, oltre aiMarsigliesi, i mafiosi corleonesi del boss Leggio, frange della camorra, icalabresi dell’ndrangheta, i malavitosi romani che si consorzieranno nellabanda della Magliana, la banda Turatello,  i banditi sardi, bande della criminalitàcomune come quelle di Vallanzasca e di “Lallo lo Zoppo”. Perfino bande“politicizzate” di estrema destra e di estrema sinistra effettueranno sequestridi persona a scopo dimostrativo o di autofinanziamento. Eppure il semplicemovente pecuniario, così come l’azione politica a carattere dimostrativo, nonspiegano in toto la diffusione di questo fenomeno criminale. Per effettuare egestire i rapimenti è necessario disporre di un’organizzazione sufficientementestrutturata con una divisione di compiti ben precisa.

Non devono mancare anchei soldi per poter acquistare gli appartamenti o i rifugi di allestire comeprigioni. La verità è che il sequestro di persona serve anche per spargere ilterrore tra i ceti abbienti sostituendo in un certo senso la pauradell’estremismo comunista e del terrorismo di estrema sinistra, alimentando inaltro modo la “strategia della tensione”. Serve a colpire gli avversaripolitici o nel campo degli affari e a esercitare pressioni indebite. Serveanche a riciclare capitali illeciti di altra provenienza. Non stupisce, allora,che la banda dei Marsigliesi a un certo punto abbandoni le troppo rischioserapine a mano armata a favore del nuovo tipo di attività criminale. Nell’arcodi un anno, fra il 1975 e il 1976, la banda porta a termine ben cinquesequestri con riscatto.

E’ il PM romano Vittorio Occorsio a occuparsidell’inchiesta sull’Anonima Sequestri che si concluderà con lo smantellamentodella banda dei Marsigliesi. Occorsio è un solerte e scrupoloso magistrato che,pur avendo coltivato la pista anarchica relativamente alla strage di piazzaFontana e agli attentati del 12 dicembre 1969 a Roma, si era poi fatto notarecome persecutore delle organizzazioni neofasciste a tinte terroristiche comeAvanguardia Nazionale, sciolta nel 1975. Albert Bergamelli viene arrestato inun appartamento nel residence Aurelio, ma con tono minaccioso evocherà la suaprotezione da parte di una Grande Famiglia che, evidentemente, nonostante itradimenti, gli consentirà di farla franca. Inizialmente si era pensato a unaprotezione dei Marsigliesi da parte della mafia, ma forse le cose stannodiversamente. Occorsio individua un collegamento criminale fra la massoneriadeviata, il neofascismo romano e i Marsigliesi.

Verrà assassinato il 10 luglio1976 dal capo militare di Ordine Nuovo, Pierluigi Concutelli, ma prima dimorire farà alcune importanti confidenze al giornalista dell’”Unità” FrancoScottoni: il sospetto che una parte consistente dei riscatti dei sequestrifosse stata destinata all’acquisto della sede dell’ONPAM (l’OrganizzazioneNazionale Per l’Assistenza Massonica) promossa dal potente massone Licio Gelli.In effetti la storia dei sequestri compiuti dai Marsigliesi è piuttostosingolare e semina tracce di Propaganda 2 ovunque: l’avvocato Gian AntonioMinghelli, segretario della loggia è sospettato di aver riciclato i proventidei rapimenti e anche suo padre Osvaldo Minghelli è affiliato alla P2.

Il responsabiledell’operazione che porta all’arresto di Bergamelli è il funzionario di PS ElioCioppa che verrà trasferito al SISDE, il servizio segreto civile. Perfinoalcuni dei sequestrati appartengono alla loggia gelliana: Amedeo Ortolani èfiglio di Umberto Ortolani, il braccio destro di Licio Gelli con entrature inVaticano. Iscritto alla P2 è anche Alfredo Danesi il re del caffè, mentre ilnegozio del gioielliere Giovanni Bulgari si trova sotto  sede del “Centro studi di storiacontemporanea”copertura della loggia di Gelli e Ortolani. Non è mai statofugato il dubbio che, in realtà alcuni di quei sequestri fossero in realtàsimulati per celare altre manovre criminogene. Ad esempio la società di cui erapresidente Amedeo Ortolani, la Voxon, navigava in cattive acque e rischiava ilfallimento. Dopo il rapimento nelle casse della Voxon affluiranno consistentifinanziamenti pubblici da consentire all’azienda di perseguire il pareggio dibilancio.

Ai tempi l’esistenza della loggia Propaganda 2, il suo potere e lesue diramazioni non erano ancora venute alla luce, ma l’attivismo di Gelli eragià sotto la lente degli inquirenti e di efficienti funzionari di polizia. Eranoto il passato di collaborazionista del nazismo di Gelli il quale secondo piùfonti investigative, durante gli anni Settanta avrebbe intrattenuto rapporticon il neofascismo. L’astro nascente della banda della Magliana DaniloAbbruciati avrebbe in seguito rivelato a un altro esponente del consorziocriminale romano e poi collaboratore di giustizia Antonio Mancini cheBergamelli godeva di potenti appoggi perché  – il 6 ottobre 1975 – aveva partecipatoall’attentato alla vita dell’ex vicepresidente democristiano del Cile BernardoLeighton e di sua moglie. Nell’attentato che, comunque, fallì il suo obiettivo,sarebbero stati coinvolti sicari della DINA, la polizia politica del dittatorecileno Pinochet e neofascisti italiani come il noto Stefano Delle Chiaie.Qualche anno dopo emergeranno i saldi legami fra la loggia P2 e le dittaturelatinoamericane fra cui, innanzitutto, quella dei militari argentini.

Pur non coinvolgendo direttamentei Marsigliesi non mancano altri casi di sequestri sui generis…

Il più citato e ricordato fra isequestri anomali è stato sicuramente quello di Guido De Martino, figlio diFrancesco De Martino, già segretario del PSI e probabile candidato allapresidenza della Repubblica, rapito a Napoli il 5 aprile del 1997 da ignoti. Alcunicomunicati tentano di addossare la responsabilità sui NAP, un gruppuscoloterroristico di estrema sinistra molto attivo in Campania, ma emergerà un’altrarealtà. L’uomo è stato prelevato da alcuni “pesci piccoli”, delinquenti comunidi piccolo cabotaggio ma legati in qualche modo al sodalizio fra Turatello e lacamorra. Pur facoltosa, la famiglia De Martino non possiede le ricchezze deigrandi industriali e dei finanzieri di un certo calibro per cui si decide diraccogliere una “colletta” promossa da amici e compagni di partito.
(continua…domani alle 23 e 30)

Commenta su Facebook