Da Katehon, think tank russo vicino all’area ultra-ortodossa e nazionalista di Alexander Dugin, traduciamo questa suggestiva e verosimile ricostruzione della riapertura delle indagini dell’FBI sulle mail di Hillary Clinton a pochi giorni dalle elezioni presidenziali americane. La mossa di James Comey sarebbe la punta dell’iceberg di una rivolta all’interno dello Stato profondo americano, e dell’FBI in particolare, contro la frode elettorale che vorrebbe la Clinton vincitrice. All’orizzonte uno scontro dai toni rivoluzionari, tutto interno alla macchina amministrativa americana, che rischia di mettere in forse la stabilità del potere di Washington, quale che sia l’esito delle elezioni.

di Andrew Korybko, 31 ottobre 2016

Lo scandalo che ha scosso l’America

Tutti gli americani sono scioccati dal fatto che il direttore dell’FBI (Federal Bureau of Investigation) James Comey alla fine della scorsa settimana ha comunicato al Congresso  che il Bureau ha riaperto l’indagine sullo scandalo delle e-mail di Hillary Clinton. I Democratici e i loro soci sono infuriati per quella che dicono essere un’ ‘interferenza politica’ in prossimità delle elezioni, mentre i Repubblicani non riescono a credere che lo stesso uomo che la scorsa estate ha rifiutato di sporgere denuncia contro l’ex Segretario di Stato, vendendosi vergognosamente all’Establishment, ora sta finalmente facendo la cosa giusta.  Le dichiarazioni dei Democratici sulle ‘interferenze politiche’ sono totalmente infondate, dal momento che il popolo americano ha il diritto di sapere se il comportamento illegale di uno dei principali candidati alla presidenza è ancora oggetto di inchiesta da parte delle autorità, alla luce delle nuove informazioni.  In realtà, Comey non avrebbe fatto una mossa così sensazionale se la sua squadra, durante l’indagine sulle perversioni sessuali e sul sospetto possesso di pornografia infantile da parte del marito separato di Huma Abedin, non avesse scoperto una vera e propria notizia bomba.

Come minimo, Huma è colpevole di falsa testimonianza per aver mentito sotto giuramento e per aver detto di aver consegnato tutti i dispositivi collegati al suo lavoro, sui quali qualsiasi email riferibile ad Hillary avrebbe potuto essere recuperata. Questa scoperta solleva ovvie questioni sull’integrità della donna che Hillary nominerà probabilmente suo Capo di Gabinetto se vince le elezioni, e mostra in modo inquietante a milioni di americani che la Clinton non ha la capacità di selezionare appropriatamente i propri consiglieri. Ciò peggiora ulteriormente tutte le prove esistenti sulla sua corruzione e potrebbe essere la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, convincendo gli elettori indecisi che lei non è certamente degna del loro voto. La corruzione dei Clinton è leggendaria ed è già stata a lungo esaminata da Peter Schweizer e da molti altri affiliati alla piattaforma di notizie alternative e conservatrice Breitbart, quindi non c’è alcuna necessità di discuterne nei dettagli in questo articolo, anche se vale la pena tenerla a mente durante la lettura.

Lo “Stato profondo”

Piuttosto, questo pezzo si propone di analizzare ciò che ha motivato Comey a fare quello che ha fatto,  applicando il quadro interpretativo dell’autore sullo “Stato profondo” alla ribellione dell’FBI e al significato che questa riveste per l’Establishment.  Per cominciare, lo “stato profondo” non è una sorta di concetto ‘cospirazionista’ come dei critici reazionari potrebbero sostenere, ma è solo un altro modo di riferirsi a quella  burocrazia  permanente, sia militare, che diplomatica e dei servizi, che esiste in qualsiasi paese venga preso in considerazione. L’autore ha già ampiamente discusso il rapporto di entrambi i candidati presidenziali con questo braccio centrale dell’Establishment nell’articolo di metà estate “Stili nazionali di leadership e ‘Stato profondo’: Trump e Hillary“, nel quale si è ipotizzato che Hillary abbia un buon sostegno agli alti livelli del Dipartimento di Stato e dell’FBI (a causa rispettivamente del suo mandato come Segretario di Stato e dello stretto rapporto di Obama con il procuratore generale Loretta Lynch), mentre Trump abbia dei simpatizzanti nella CIA e nel Pentagono (come l’ex capo della Defense Intelligence Agency Michael Flynn), i quali pragmaticamente capiscono bene quale disastro sarebbe la politica estera di Hillary Clinton per il resto del mondo.

Questa osservazione deve essere ripresa e aggiornata per spiegare la riapertura del caso Hillary da parte di Comey e la notifica al Congresso della prosecuzione delle indagini. Come già scritto, Comey non lo avrebbe fatto se  in qualche modo avesse  potuto evitarlo, cosa che rafforza la tesi secondo la quale la prova che è stata recuperata, qualsiasi essa sia,  ha un peso tale da giustificare questa mossa senza precedenti. Sulla stampa sono circolati resoconti secondo i quali il morale tra i dipendenti dell’FBI è al minimo storico.  Tra loro circola la forte sensazione che il loro direttore abbia definitivamente rovinato la reputazione del Bureau e minato la fiducia dell’opinione pubblica in questo ramo dello “stato profondo”. Molti agenti hanno anche presentato le dimissioni in segno di protesta contro quella che appare loro come una corruzione inemendabile all’interno dell’istituzione, e il New York Post è addirittura uscito ai primi di ottobre con un titolo in cui proclamava che “gli agenti dell’FBI sono pronti alla rivolta a causa dell’inchiesta accomodante sulla Clinton“. Nessuno di questi fattori da solo sarebbe stato sufficiente a far cambiare idea a Comey e a spingerlo a far chiarezza su quella che a questo punto sembra essere stata da parte sua, col rifiuto di perseguire Hillary, un’interferenza politica sulle elezioni.  Ma certamente questi fatti hanno contribuito a tenere alta la tensione all’interno dell’organizzazione alla vigilia del ritrovamento delle e-mail della Clinton sui computer di Huma e del suo ex marito Anthony Weiner.

La rivolta dal basso

A questo punto è necessario operare una distinzione tra la base dell’FBI e delle altre organizzazioni dello “stato profondo” e l’élite istituzionale dei dirigenti.  E’ impossibile sapere con precisione quanto ogni dipendente dello “Stato profondo” sia zelante nel suo sostegno all’Establishment, ma si può supporre che, come in ogni gerarchia, la parte inferiore della piramide non sempre sostenga con soddisfazione il vertice al potere. In questo caso, gli agenti regolari dell’FBI sembrano davvero essere in rivolta contro la leadership di Comey, per quanto possano esserlo entro i limiti legali della loro professionalità, ben sapendo che è quasi impossibile (oltreché insano e suicida) tentare un classico “colpo di stato” contro di lui, ma essendo comunque abbastanza consapevoli della loro importanza da capire quale colpo sarebbe per il mandato del loro capo se facessero continuamente filtrare alla stampa la loro frustrazione, facendolo sentire un rinnegato emarginato. La realtà è che la reputazione dell’FBI è già rovinata agli occhi del pubblico americano, che ora vede l’intelligence e le forze dell’ordine come un’estensione paramilitare del Partito Democratico. L’unico barlume di speranza che la base può avere di correggere questa percezione è  di mostrare al paese che loro si oppongono al direttore, trasformandosi in hacker dilettanti per la causa.

I dipendenti dell’FBI sono entrati nel Bureau per senso del dovere,  per proteggere la patria dalle minacce interne e far la loro parte per ripulirla dal crimine dilagante che ha preso piede nella nazione, non per comportarsi come un apparato corrotto di questo o quel partito. Il tradimento di Comey di questa estate, col rifiuto di incriminare Hillary Clinton nonostante le prove schiaccianti contro di lei (e, si è scoperto successivamente, anche contro lo stesso presidente Obama), ha colpito l’organizzazione così duramente perché ha sconvolto quel principio di imparzialità e indipendenza in cui la maggior parte dei dipendenti crede sinceramente e per difendere il quale è entrata nel Bureau. Così quando gli agenti hanno fortunosamente scoperto delle nuove prove nel corso delle indagini sullo scandalo della pedopornografia di Weiner, era assolutamente fuori discussione che se ne stessero con le mani in mano senza dire nulla. Si può solo speculare sulle conversazioni e gli intrighi andati avanti nelle sedi dell’FBI nelle settimane trascorse dal momento della scoperta delle e-mail sui computer di Huma e Weiner, ma è molto probabile che si sia svolto un dramma ricco di suspence alla Trono di Spade, dove i dipendenti patrioti si sono confrontati coi loro leader dell’Establishment chiedendo che il caso Clinton fosse riaperto e l’annuncio venisse reso pubblico, in modo che tutti i loro connazionali potessero saperlo, altrimenti loro stessi avrebbero fatto filtrare le notizie alla stampa.

Il sentiero senza ritorno

Comey ha già svenduto l’FBI rifiutando all’inizio di perseguire la Clinton, cosicché non si può davvero sostenere che abbia fatto questo improvviso voltafaccia  per salvare la reputazione istituzionale del Bureau, anche se non si può neanche escluderlo completamente. Piuttosto, è molto più logico che Comey sia interessato innanzitutto al proprio benessere personale, che non stia prendendo per buoni i resoconti dei media mainstream controllati dai Democratici secondo i quali Hillary è molto più avanti di Trump e lo batterà con una valanga di voti,  e che invece si stia costruendo una copertura assicurativa per il caso in cui una futura Amministrazione Trump dopo l’insediamento decidesse di indagare su di lui per  scorrettezza politica.   L’autore ha infatti previsto che se Trump diventerà presidente intraprenderà un’azione legale contro le fondazioni dei Clinton e di Soros, quindi è naturale che allargherà il processo ai loro collaboratori nello “stato profondo”,  se ha davvero l’intenzione di fare ‘pulizia’/’epurarli’ dal potere.  L’unico tentativo che Comey poteva fare per salvare se stesso in una situazione del genere era proprio la mossa senza precedenti che ha effettivamente fatto,  annunciando poco più di una settimana prima delle elezioni che l’FBI aveva riaperto le indagini su uno dei due principali candidati alla presidenza.  Comey deve davvero credere che ci sia una possibilità che Trump vinca e porti a compimento la sua promessa di “prosciugare la palude” della corruzione a Washington, altrimenti non avrebbe gettato l’intero processo politico nel caos come ha appena fatto.

Andando al Congresso e contraddicendo la volontà del Dipartimento di Giustizia e del presidente Obama, Comey sta segnalando al popolo americano, il più esplicitamente possibile, che c’è qualcosa di molto, molto sbagliato, e sta anche mettendo in moto pubblicamente e in modo irreversibile un’indagine che potrebbe sopravvivergli di molto,  nel caso in cui cadesse vittima di un “suicidio misterioso”, proprio come le decine di persone che hanno avuto il coraggio di attraversare la strada dei Clinton. Comey probabilmente ha fatto tutto questo per la motivazione egoistica di badare ai propri interessi personali e professionali, ma indipendentemente da ciò che lo ha spinto ad agire, il risultato è che quel che ha fatto ha contribuito a riparare alcuni dei danni che precedentemente lui stesso aveva procurato al morale dell’organizzazione e alla sua reputazione tra la gente. I dipendenti di questa istituzione dello “stato profondo”, per quanto offesi dalla vigliaccheria di Comey di questa estate, ora sono fortemente motivati a vagliare le centinaia di migliaia di e-mail sui computer sequestrati di Huma e Weiner per trovare la prova che loro sanno essere lì,  per riparare all’ingiustizia di cui il loro Direttore è responsabile. Per quanto riguarda i comuni cittadini con ancora un po’ di buon senso in testa, ormai dovrebbero rendersi conto che la rivolta dello “Stato profondo” che ha avuto luogo tra gli agenti dell’FBI è abbastanza seria e  grave da aver costretto il Direttore a sensazionali azioni correttive, a nemmeno due settimane dalle elezioni.

Serrare i ranghi

[…] Questo primo episodio in assoluto di “defezione” dall’Establishment da parte di un rappresentante dello “Stato profondo” di così alto grado  è significativo, in quanto dimostra che lo “Stato profondo” americano non è solidamente al fianco di Hillary Clinton come alcuni ipotizzavano, e che persino all’interno delle istituzioni a lei vicine c’è una crescente rivolta della base contro i superiori cooptati dai politici.

E’ un evento particolarmente significativo, nel momento in cui gli Stati Uniti si avvicinano alle elezioni presidenziali più decisive della loro storia. Mai prima d’ora un completo outsider come Donald Trump è arrivato così vicino alla presidenza con l’intenzione di ripulire gli elementi corrotti dello “stato profondo” del moderno Establishment. All’opposto, questa è la prima volta che l’elite, sia del Partito Democratico che di quello Repubblicano, si è unita dietro un unico candidato (Hillary Clinton) sfatando il mito che il sistema politico americano sia caratterizzato da una “scelta libera e giusta” tra due candidati sicuramente diversi.  In verità, Trump e Hillary non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altra in quasi tutti i sensi, ma il fatto che entrambi i partiti si siano uniti per combattere contro l’outsider e proteggere i propri radicati interessi rivela che la democrazia americana è proprio quella frode istituzionale truccata che i suoi critici hanno sempre sostenuto che fosse. Come ulteriore prova, l’Establishment e i membri dello “stato profondo” collegati ai Media Mainstream e all’”Accademia”, hanno intrapreso una guerra psicologica senza precedenti contro il loro stesso Popolo Americano, diffondendo anche la tecnologia della Guerra Ibrida attraverso il gruppo estremista “Black Lives Matter”, collegato  a Soros, che istiga a rivolte razziali in tutto il paese allo scopo del divide et impera.

I ‘salvatori’ dello “stato profondo”

Il motivo per cui stanno arrivando a tanto è che devono convincere gli americani a non votare per Donald Trump l’8 novembre, perché le elezioni in ultima analisi sono solo questo – delle elezioni – e vince il candidato che riporta il maggior numero di voti. Perché per quanto il sistema sia truccato e manipolato, alla fine si riduce ad un semplice sondaggio tra i due favoriti, sul quale si può interferire solo direttamente attraverso attività fraudolente come i morti che vanno a votare e la vera e propria manomissione delle schede elettroniche.  Quest’ultima opzione è particolarmente minacciosa a causa della grande scala e dell’impatto decisivo che potrebbe avere nel rovesciare l’esito di queste elezioni testa a testa a favore di Hillary Clinton, e per quanto sia scomodo riconoscerlo, se questo sistema è già in programma, non c’è assolutamente nulla che l’americano medio possa fare in proposito. Le uniche persone che possono fermare, rendere pubbliche e in qualche modo gestire queste trame sono quelli che lavorano nello “stato profondo”, in particolare gli elementi del FBI e del NSA che possono venire in contatto con le prove di questo disegno e decidere di farle trapelare alla stampa e / o costringere i loro superiori ad agire.

Fino al sorprendente annuncio di Comey, non c’era modo di valutare quanto l’FBI fosse veramente diviso e combattuto al suo interno, quindi l’idea di patriottici agenti dell’FBI, o di qualsiasi altra istituzione dello “Stato profondo”, che rendessero pubblica la prova di una frode nel voto elettronico pro-Clinton, o che in qualche modo entrassero in azione davanti a un fatto del genere, a molti suonava solo come ‘un pio desiderio’. In realtà, l’unico scenario del genere che i Media Mainstream erano disposti a prendere in considerazione era l’ipotesi stravagante degli “hacker russi” che truccavano le elezioni a favore di Trump, una pretesa psy-op così vergognosamente offensiva dell’intelligenza dell’americano medio che anche la CNN e Time hanno ritenuto necessario ritornare pubblicamente sui propri passi con una smentita. Ora, però, c’è speranza che i patrioti dell’FBI, NSA, e altri, se trovano delle prove che Hillary abbia ‘vinto’ con l’inganno, potrebbero non accettare i risultati delle elezioni. Questi “salvatori” dello “stato profondo” potrebbero convincere i loro colleghi accomodanti e fare insieme pressione sui loro capi perché agiscano, proprio come il Bureau ha fatto con Comey questo mese, o anche potrebbero ‘andarci giù duri’ passando la ‘pistola fumante’ ai media e restando a guardare come si scatena l’inferno mentre gli americani mettono in scena la loro propria ‘rivoluzione colorata’ contro l’establishment.

La ‘seconda rivoluzione americana’?

L’elite dello “stato profondo” è spaventata come non mai, perché non ha più fiducia nel potere che essa pensava di esercitare sui suoi subalterni. La Rivolta dell’FBI di ottobre 2016 è stata un enorme shock per la stessa FBI, più ancora di quanto non lo sia stata per l’americano medio, perché significa che eventuali futuri piani per frodare le elezioni a favore di Hillary, teoricamente, potrebbero essere contrastati ed esposti al pubblico da parte degli stessi apparati ombra incaricati di portarli a termine e nascondere la polvere sotto il tappeto. Quando sono riusciti a fare pressione su Comey perché comunicasse pubblicamente al Congresso la riapertura del caso e-mail di Clinton, i patrioti dell’FBI hanno inviato un segnale forte alle loro controparti di altre istituzioni dello “stato profondo”, dal momento che i loro colleghi ora sanno che c’è una vera e propria rivolta in corso nello “stato profondo”, e che possono contare su un sostegno maggiore di quanto prima avrebbero potuto immaginare. Questo messaggio inequivocabile mira a incoraggiare altri patrioti a insorgere e contrastare la frode del voto elettronico che Hillary e i suoi sostenitori nelle elite dello “stato profondo” stanno tramando.

Se ci si riflette sopra, gli Stati Uniti non sono mai arrivati così vicini ad una ‘Seconda Rivoluzione Americana’ come durante gli eventi dell’ultima settimana di ottobre, e questa è la prova che nello “stato profondo” ci sono degli elementi davvero ‘benevoli’ e patriottici, disposti a stare dalla parte del popolo nel contrastare le corrotte macchinazioni dei loro dirigenti nell’elite dell’Establishment.

Gli americani non possono aiutare, se non prendere atto che qualcosa di assolutamente insolito sta accadendo e che nelle sale del potere non tutto va bene. Mai prima d’ora un ramo dello “stato profondo” si era così apertamente ribellato contro il governo al potere, e il cittadino medio si sta svegliando alla prospettiva spaventosa che il suo proprio “stato profondo” potrebbe essere altrettanto diviso e sull’orlo della guerra interna come  in quelle “dittature non democratiche” (o almeno così le rappresentano i media mainstream, usati come vere e proprie armi) che gli Stati Uniti normalmente destabilizzano e cercano di rovesciare. I paralleli sono notevoli e il presagio di paura che ne deriva non sfugge a molti.

Se le votazioni imminenti non saranno condotte nel modo ‘libero e giusto’ che gli americani si aspettano, allora i ‘salvatori’ dello “stato profondo” tenteranno di condurre pacificamente dietro le quinte la loro ‘Seconda Rivoluzione Americana’, gestendo questa crisi. Ma di fronte ad una resistenza istituzionale insormontabile da parte dei loro superiori dell’elite cooptata da Clinton, potrebbero decidere per l’ ‘opzione nucleare’ e far trapelare tutte le prove di questo complotto ai media, e così spingere il Popolo Americano a portare nelle strade la ‘Seconda Rivoluzione Americana’, fuori dall’ombra. Tutto questo potrebbe prevedibilmente tradursi in violenze e disordini su vasta scala, di una portata tale da provocare reazioni a catena che ora è assolutamente impossibile prevedere con precisione. La ‘Seconda Rivoluzione Americana’ potrebbe essere condotta pacificamente dietro le quinte da parte dei ‘salvatori’ dello “stato profondo”, oppure potrebbe sfociare in tumulti per le strade, in un caos imprevedibile. Tuttavia, che la ‘Seconda Rivoluzione Americana’ si giocherà, in un modo o nell’altro, è una certezza. E’ solo una questione di quale dei due alla fine riporterà la vittoria, se sarà il popolo sotto la forma di Trump a conquistare l’Establishment, o se sarà l’Establishment sotto la forma di Hillary a conquistare il popolo.

FONTE: Voci dall’Estero

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