(di Francesco Angelone) Avevamo già parlato dell’idea di rafforzare l’attuale Registro per la Trasparenza in vigore per Parlamento Europeo e Commissione dal 2011 rendendo obbligatoria l’iscrizione per aver accesso a deputati e funzionari di alto livello e di estenderlo anche al Consiglio. Questo tentativo, però, pare avanzare con difficoltà secondo le indiscrezioni raccolte da POLITICO Europe. Alcuni ufficiali legali del Consiglio hanno espresso dei dubbi circa la legittimità di utilizzare gli accordi inter-istituzionali per regolare il rapporto tra le istituzioni UE e il mondo esterno. Tale strumento legislativo, infatti, nasce con l’intenzione di disciplinare il rapporto tra le istituzioni dell’Unione.
Ma non è solo questo l’elemento problematico. Si teme, infatti, che scaturendo esclusivamente dei titoli preferenziali nell’accesso alle istituzioni UE in seguito all’iscrizione al Registro, la obbligatorietà di questo sia meramente nominale. Altro dilemma riguarda la legittimità o meno della possibilità di estendere l’iscrizione al Registro anche alle varie rappresentanze nazionali presso l’UE considerando che questo potrebbe cozzare con le varie discipline nazionali. Insomma, maggiore chiarezza è ritenuta necessaria in vista dell’avvio dei negoziati.
A condurre i negoziati in nome del Parlamento sarà la Presidente della commissione affari costituzionali, l’onorevole polacca del PPE Danuta Hubner. La stessa Hubner, che è solita pubblicare online tutti gli incontri avuti con lobbisti, ha sottolineato la delicatezza della definizione di lobbying contenuta nella proposta di modifica del Registro attualmente in vigore (promuovere determinati interessi interagendo con una delle tre istituzioni firmatarie, i loro membri o funzionari, con l’obiettivo di influenzare…). Abbiamo evidenziato in passato come questa definizione escluda una serie di attività di back-office o che comunque non si sostanziano in interazioni dirette con i funzionari UE. La conseguenza di ciò è presto detta: il vulnus normativo incoraggerebbe a nascondere la reale entità delle attività di lobbying.
Cosa ne pensano gli operatori del settore, cioè i lobbisti? Da anni molti sostengono la necessità di rinforzare il Registro e di non avere nulla da nascondere. A Politico, il direttore (Vincent Navez) dello European Chemical Industry Council ha confermato la necessità di alzare il più in alto possibile gli standard etici e il Presidente (Karl Isaksson) della European Public Affairs Consultancies’ Association ha invitato ad andare oltre, estendendo a tutti i componenti lo staff delle istituzioni UE l’obbligo di incontrare solo lobbisti registrati. Non mancano opinioni negative come quella del DG di BusinessEurope Markus Breyer che teme gli eccessivi aggravi di incombenze burocratiche.
Problema ulteriore e non di poco conto è sollevato da Daniel Freund di Transparency International secondo cui sarebbe utile avere un Registro europeo che copra tutto, ovvero che non costringa i lobbisti a siglare un registro per l’UE e ogni registro nazionale in ciascun Paese membro dell’Unione. L’Irlanda, infatti, ha approvato nel 2015 un registro che disciplina sia gli incontri con i politici nazionali che quelli con gli eurodeputati, creando così una parziale ed inutile sovrapposizione con il Registro in vigore dal 2011.
La strada per il Registro fortemente voluto dal Commissario Timmermans non è, quindi, così in discesa come sembrava.