giovedì 18 febbraio 2016

Mentre si sta consumando l’ennesimo attacco alla sovranità nazionale per mano del ministro tedesco Schauble, dei suoi gerarchi all’interno della UE e delle quinte colonne italiane alla Monti che invocano un tetto al possesso di titoli di stato da parte delle banche, tetto che se passasse, porterebbe il paese dritto alla bancarotta in meno di 48 ore, i risparmiatori italiani sono alle prese con una minaccia ancora più incombente ed immediata e riguarda il rischio di ristrutturazione delle banche italiane legato ai crediti marci per oltre 200 miliardi di euro che tengono in pancia. Crediti deteriorati che secondo l’autorevole Financial Times viceversa arrivano a 360 miliardi di euro.

Il rischio – comunque – non riguarda solamente gli azionisti, gli obbligazionisti ed i correntisti delle banche esposte, nel caso di “bail in” ma l’intera platea di risparmiatori ed investitori.

Vi starete domandando: perché io, che non ho alcun legame con una banca marcia. potrei perdere i miei soldi?

Il legame è dato dalle obbligazioni di questi istituti di credito pericolanti, obbligazioni che non sono state acquistate esclusivamente dai clienti delle banche che le hanno emesse per fare un investimento di risparmi, ma anche da investitori istituzionali, quali fondi comuni d’investimento, assicurazioni, gestioni separate, tutti operatori dei mercati finanziari che le hanno comprate in quantità enormi per la gestione dei propri portafogli d’investimento.

Prima di spiegare come avverrebbe il contagio, diamo qualche numero, aggiornato a dicembre 2014 (ultimo bilancio disponibile sui siti delle banche) sulle obbligazioni emesse ed in circolazione:

Unicredit: 101.653.726.000 €

Banco Popolare: 14.644.594.000 €

UBI: 41.600.000.000 €

BPM: 8.650.512.000 €

Si tratta di numeri da capogiro che, appunto sono distribuiti tra piccoli, grandi ed investitori istituzionali.

Ora, veniamo al punto: come potrebbe avvenire il contagio, in caso di bail in di uno di questi istituti di credito?

Si chiarisce con un esempio:

La compagnia di assicurazione X ha acquistato 1 miliardo di obbligazioni della banca Y per garantire il rendimento delle polizze vita dei propri clienti. Questo miliardo, per comodità, ipotizziamo che rappresenti il 50% dell’intero portafoglio investimenti. In caso di bail in che coinvolga anche le obbligazioni della banca Y, l’assicurazione X si troverà a registrare una perdita del 50% del proprio portafoglio che riverserà sui propri clienti (se le polizze vita NON prevedono la garanzia di capitale) o che dovrà fronteggiare con le proprie riserve e patrimonio (se le polizze prevedono invece la garanzia di capitale), mettendo a rischio la propria sopravvivenza e subendo pesanti perdite in conto capitale che si rifletteranno sul valore delle azioni e quindi sul patrimonio degli azionisti, che a loro volta potrebbero essere fondi comuni d’investimento le cui quote sono state vendute a piccoli risparmiatori che vedranno ridursi il valore delle quote del fondo e quindi i propri risparmi.

Come appare chiaro da questo esempio, non è necessario essere obbligazionisti di una banca sottoposta a bail in per rischiare di perdere tutti o buona parte dei propri risparmi.

Il guaio è che l’economia e gli investimenti sono talmente interconnessi, che, parafrasando un noto detto, un bail in tedesco, potrebbe provocare il fallimento di uno stato mediterraneo.

Perché ho citato la Germania? Perché Detusche Bank ha collocato sul mercato obbligazioni proprie assolutamente tossiche per un importo tale che in caso di suo default, provocherebbe il collasso della maggior parte degli investimenti nei Paesi Occidentali, mandando in rovina decine di persone, soprattutto pensionati, perché i prodotti finanziari della Deutsche Bank sono stati acquistati proprio dai fondi pensione, data la presunta “sicurezza” di questo istituto di credito tedesco.

Ora, forse vi risulta più chiaro perché il IV Reich e le sue quinte colonne alla Monti siano così solerti nel cercare di massacrare l’italico stivale: per distogliere l’attenzione dal vero cancro che sta devastando il mondo, ovvero le banche tedesche.

La favola del bue che dà del cornuto all’asino riproposta su scala planetaria.

Un ultimo suggerimento in chiusura: cercate di mantenere più liquidità possibile, fuori dal sistema bancario.

Luca Campolongo

Fonti: Tutti i valori riportati nel presente articolo sono stati estrapolati dalle relazioni e dai bilanci al 31/12/2014 degli istituti di credito citati, reperibili sui rispettivi siti internet istituzionali.

Fonte: Il Nord

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