che solo all’estero vedono come un “progressista”- non riesce a presentare un progetto-Paese superiore o più coerente del programma 2013-2019 stilato da Chávez e già ratificato dal voto popolare che subissò Capriles.
Costui non si è risparmiato in demagogia, arrivando a promettere il 45% di aumento dei salari appena eletto, sucitando il mugugno pubblico della locale corporazione confindustriale. Nè gli giova giurare che confermerà tutti i programmi dello Stato-sociale edificato dai suoi avversari. Non lo avvantaggia l’occultamento integrale delle sue mega-privatizzazioni e gli estremismi del suo fresco passato. Gli ultras, infine, gli rovinano puntualmente il gioco quando inneggiano pubblicamente o scrivono sui muri “viva il cancro“.
Le “creative”trovate del suo marketing elettorale non funzionano in una realtà di alta politicizzazione e di sofisticate e variegate forme di organizzazioni popolari. I suoi consilieri internazionali non lo capiscono. Non riescono a evitare che l’opposizione sa riunirsi ed agire solo come compagine elettorale, per poi tornane all’ordine sparso di fazioni divise, prive di una strategia di medio termine. E sarà così fino a quando i finanziamenti del Dipartimento di Stato, fondazioni private e gruppi multinazionali saranno decisivi nella scelta della dirigenza politica anti-bolivariana. Il lungamente agognato effeto cancro è già svanito.