Di Matteo Mascia
Intorno all’utilizzo dell’uranio impoverito si sta costruendo un altissimo muro di gomma. I ministeri hanno deciso di non collaborare né con il Parlamento né con la magistratura. Tutto sarà gestito come se la questione degli armamenti sia un qualcosa di “ordinario”.
Un normale “errore” nella gestione di una macchina complessa come quella del dicastero della Difesa. Niente di più ipocrita. Sentenze definitive e numerose testimonianze hanno messo nero su bianco le omissioni dei vertici dell’apparato militare, in Italia come durante le missioni all’estero.
Alle nostre Forze armate non veniva fatta svolgere la profilassi necessaria, contrariamente a quanto imponevano atti ufficiali della Nato. I risultati sono noti a tutti.
Il numero di patologie legate all’esposizione a questo materiale è superiore rispetto a quello della popolazione civile. Un dato che qualcuno cerca di smentire sottolineando la “mancanza di evidenze scientifiche e la letteratura medica contraddittoria”.
Tecnica difensiva odiosa e figlia di una malcelata intenzione di far finire tutto nel dimenticatoio. La commissione d’inchiesta del Senato sull’uranio impoverito ha reagito duramente ai lassismi ed alle omissioni del Governo. Per farlo ha scelto la via dell’ufficialità, strategia utile a testimoniare l’importanza della materia trattata. L’organo inquirente di Palazzo Madama ha espresso “Vivo disappunto della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, dovuto a risposte evasive o dilatorie fornite da tre ministeri”. In un comunicato, i Senatori hanno spiegato che “prima della sospensione estiva dei lavori parlamentari la Commissione aveva deliberato di ascoltare i ministri dell’Ambiente, dello Sviluppo Economico, della Coesione Territoriale e della Salute”. “Oggetto delle audizioni – si legge nella nota – avrebbero dovuto essere i temi e le proposte avanzate dalla Commissione nella Relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro, approvata all’unanimità dalla stessa Commissione in un testo predisposto dal senatore Gianpiero Scanu, in qualità di coordinatore del Gruppo di lavoro sui poligoni, che è stato anche promotore degli incontri con i ministeri”. Rosario Costa, eletto del Pdl e presidente della Commissione, ha spiegato come, interpellati in via informale, i Dicasteri coinvolti, con l’esclusione di quello della Salute “hanno fornito risposte evasive o dilatorie”.
“La Presidenza della Commissione – ha spiegato Costa – è tuttora in attesa di una risposta alle lettere di invito del 26 settembre indirizzate al ministro dell’Ambiente e al ministro della Coesione Territoriale e ha preso atto con perplessità di una nota del Gabinetto del ministro dello Sviluppo Economico, indirizzata al segretario della Commissione, che attesta l’assenza di competenze del predetto dicastero sul tema della dismissione e della riconversione ad usi civili dei Poligoni di Capo Frasca e Capo Teulada, uno dei punti qualificanti tra le proposte contenute nella Relazione intermedia”.
Infine, il presidente Costa auspica pertanto che “in applicazione del principio di leale collaborazione tra gli organi dello Stato, i titolari dei dicasteri interpellati accolgano prontamente l’invito della Commissione rimuovendo qualsiasi ulteriore e non più comprensibile indugio”. La situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Se questa è l’antifona, meglio non sapere cosa deciderà Palazzo Chigi quando si tratterà di finanziare le operazioni di bonifica in Sardegna e nelle altre regioni coinvolte dalle esercitazioni militari.
Tutto potrebbe essere rinviato a data da destinarsi. Decisione in contrasto con le decisioni della Commissione d’inchiesta. L’avvocato Giorgio Carta, audito al Senato in una delle ultime sedute, ha analizzato i dati sulla mortalità. “L’85 per cento dei militari che si ammala di tumore non è mai stato all’estero: l’attenzione deve essere puntata sui vaccini che vengono imposti a chi va in missione”, ha spiegato il legale, difensore di un caporalmaggiore dell’Esercito “in fin di vita dopo due missioni in Kosovo”. Carta ha chiesto alla commissione di intervenire per fare in modo che sia “ripristinato il diritto costituzionalmente garantito dall’articolo 32 di non subire trattamenti sanitari non voluti”. Attualmente, un maresciallo è indagato dalla Procura militare per essersi rifiutato di farsi vaccinare prima di essere assegnato alla missione “Strade pulite”. La Commissione farà nuove verifiche sulla vicenda.