Di Monia Benini
Soffia già quel freddo venticello, umido e fetido. Presto diventerà tempesta e travolgerà i cittadini che, ipnotizzati davanti al televisore, metteranno la loro mente e le loro opinioni nel tritacarne della campagna elettorale. Ne usciranno a pezzetti, convinti di essere tutto d’un pezzo, mentre invece saranno solo un ammasso informe per hamburger, carne da macello per il governo di turno, tecnico o politico che sia. Il popolo bue sta cadendo ancora una volta nel vortice dell’inganno, anzi…forse non ne è mai uscito…..
Non ne è mai uscito perché da decenni si acconcia a votare per chi gli promette qualcosa, per chi gli allunga qualche briciola, per chi lo fa sentire protetto, piuttosto che per il meno peggio. Non ne è mai uscito perché l’avvento della televisione ha sostituito quell’opera di manipolazione dell’opinione pubblica che già Mark Twain oltre un secolo fa attribuiva alla carta stampata. La televisione è enormemente più dannosa, perché i suoi contenuti vengono assorbiti dal nostro cervello senza alcun filtro, senza alcun argine, e quindi… una cosa è vera per il semplice fatto che è stata vista in tv. Assisteremo dunque presto ai tatticismi per imparentarsi o per rifarsi una verginità: ci sarà un fiorire di liste civiche, alcune delle quali non si creeranno problemi a rubare il nome di altri soggetti fuori dal sistema, come accaduto alle ultime elezioni amministrative e come accade a convegni nazionali di chi non ha più idee o argomenti da proporre. Tanto ai partiti non mancano i quattrini: basterà inondare gli elettori con una cascata di propaganda e il loro infimo giochetto produrrà i risultati sperati (da loro). Vedremo anche il parto di gruppetti, liste, nuove formazioni che promettono fuoco e fiamme e che, forse lanciando qualche azione interessante, finiranno con il proporsi a qualche partito di peso, in cambio di qualche garanzia personale, più volgarmente chiamata sedia, poltrona o scranno. Osserveremo il nuovo che avanza…non solo quello spacciato dai media, ma anche quello da ‘rincorsa’, ovvero la riedizione del partitismo, fatta appunto rincorrendo un tema, un argomento, una categoria (gli ‘onesti’, ‘le aziende’, i ‘lavoratori’, le ‘donne’, le ‘banche’, ecc…) sostenuti dal “nuovo” con tre dita di polvere sopra. Come se, ad esempio, per presentare un partito per gli imprenditori, mi trovassi di fronte a un Feltri, o a un importante esponente di Confindustria, piuttosto che a un riciclato dei vecchi partiti. Sì, statene certi…accadrà anche questo. E ci diranno che è quanto di meglio si sta organizzando per il paese. Ci sarà poi chi fa leva sul patriottismo per rifilarci una dose da cavallo di liberismo; chi punterà tutto su un vecchio nostalgico –ismo per sventolare una bandierina rossa, nera o verde. Mentre tutti costoro dovrebbero prendere atto di come hanno ridotto questo paese e alzare una personale bandiera bianca. Rispetto a quanti hanno invece a cuore il proprio paese, bisogna ammettere che fuori dalla materia organica descritta c’è una galassia di piccoli movimenti, associazioni, gruppi, comitati sani che scalpitano per poter fare qualcosa, per invertire la rotta, per sottrarre l’Italia alla tormenta. Leggo di loro ogni giorno; ricevo messaggi, email, sms di persone impegnate e attive, ma non vi nascondo che anche qui intravedo due pericoli. Il primo è il ‘portato’ di ognuna di queste realtà: una sorta di egoismo più o meno accentuato, alimentato dai loro referenti, che puntano in tal modo a sopravvivere tra centinaia di altri gruppi; il secondo – male italico – è quello del leaderismo, del protagonismo di chi esaspera la propria ambizione al punto tale da non vedere o prendere in considerazione altro al di fuori di sé. Il risultato di entrambi questi atteggiamenti è il caratteristico “vieni/venite con me” ed è ben visibile nel panorama elettorale che ha appena interessato la Grecia, per cui alle votazioni di maggio c’erano ben 32 formazioni in lizza, frammentate, divise, anche quando avevano fondamentali punti in comune. Non risponderò dunque a chi mi scrive “vieni con me” oppure “unitevi a me”, ma solo a chi osa gridare “uniamoci”, rendendosi disponibile, davvero e non solo a parole, ad attribuire la sovranità al popolo, ai cittadini. Perché quel passo avanti rispetto al proprio portato e alla propria ambizione è ciò di cui ha bisogno adesso il paese: serve una forza grande, unita, che metta al bando settarismi, partitismi e partiti (che hanno già governato, anche se nascosti sotto le mentite spoglie delle liste civiche), che faccia tabula rasa delle rivendicazioni o della voglia di visibilità personale, che metta al centro il bisogno di lavorare insieme per rimettere in piedi questo Stivale. Non è una cosa semplice: i tempi per le elezioni nazionali sono brevissimi, mentre ciò di cui parlo – una vera e propria rivoluzione culturale e sociale – ha bisogno di tempi più lunghi. Ma almeno si abbia il coraggio di provare, senza pretendere, senza imporre nulla, se non quella sovranità piena che dovrebbe appartenere a ogni cittadino.
Fonte: Teste Libere
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