di Bill Bonner

L’idea dietro alla nascita dell’America puo’ essere riportata in vita? Spero vivamente di sì, ma ho i miei dubbi. Guardando alla storia del mondo, si trovano così pochi esempi di libertà che si conclude in fretta che quella goduta dagli americani, diciamo 1786-1913, è stato un colpo di fortuna. Questo tipo di libertà praticamente non è mai esistita in nessun altro tipo di circostanza. Nel mondo civilizzato, o almeno nel mondo civile moderno, gli esempi sono pochi e lontani da quella libertà di cui hanno goduto gli americani. Questo suggerisce che di solito le cose non vanno così.

Ad essere ottimisti, forse le tendenze sociali seguono i cicli a lungo termine; non è solo che l’America ha perso la sua libertà, tutti gli altri paesi Occidentali l’hanno persa durante lo stesso periodo. Considerate la Francia. Nonostante la Rivoluzione francese e la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che suonava un po’ come la Dichiarazione di Indipendenza, non si direbbe (se non in modo retorico) che questo paese abbia avuto la stessa tradizione culturale e politica degli Stati Uniti. Eppure nel corso del XX secolo anche in Francia si è avoluta la stessa tendenza anti-libertà. Osserviamo lo stesso fenomeno in Gran Bretagna, in tutti i paesi di lingua inglese e (per quanto ne so) in tutti i paesi europei.

La libertà di cui abbiamo goduto potrebbe essere tracciabile, intellettualmente, fino all’Illuminismo scozzese, ma è soprattutto fiorita nel Nuovo Mondo dove era molto difficile controllare le persone. E si potrebbe dire che quello che è successo nei 200 anni successivi, è che la gente è semplicemente ritornata a ciò che è più o meno lo stato naturale del genere umano in gran parte del mondo — cioè, una situazione in cui le persone sono in catene.

Questa ipotesi è in netto contrasto con la saggezza convenzionale di inizio XX secolo. La libertà era considerata come un progresso naturale per l’uomo. Imprenditori ed intellettuali di tutta l’America mostravano una convinzione generale che la libertà sarebbe aumentata insieme al progresso materiale. La gente era molto ottimista: credeva che la guerra fosse una cosa del passato, che la povertà sarebbe stata eliminata, che lo stato si sarebbe ridotto perché — pensavano — c’erano sempre meno cose che poteva fare.

Poi è arrivata la Prima Guerra Mondiale e, nel giro di pochi mesi, tutto quell’ottimismo morì nelle trincee. Infatti, venne lanciato un segnale anti-libertà già prima della Prima Guerra Mondiale: l’imposta sul reddito in America nel 1913, lo stesso anno in cui nacque la Federal Reserve. Il XX secolo non avrebbe portato più libertà, ma avrebbe indirizzato la maggior parte del mondo nella direzione opposta.

Non sappiamo perché sia successo, ma tutto sembra degradare nel tempo. L’istituzione della democrazia moderna è stata fondata in America e in Francia — e, in forme diverse, in Gran Bretagna e Germania — intorno alla fine del XVIII secolo. Da allora queste democrazie si sono evolute, ma ogni passo era un passo verso meno libertà individuale. Regimentazione, regolazione e controllo iniziarono lentamente a diventare all’ordine del giorno. Ci sono voluti un centinaio di anni o più per istituire l’Internal Revenue Service o la Interstate Commerce Commission. Questi mostri non escono dalla mente dell’uomo completamente formati; si sviluppano nel corso del tempo, divorando la libertà un boccone alla volta.

Forse, nel corso del tempo, lo stato moderno diventa un fardello sempre più pesante, sempre meno persone lavorano efficacemente e produttivamente perché sempre più persone sono sui libri paga dello stato e tutto diventa sempre più costoso. Lo stato arriva a trovarsi in una situazione come quella sotto Luigi XVI in Francia: l’opposizione scalpita, c’è una sorta di rottura e prende il sopravvento una nuova forma di stato. Che ci sia il bisogno di una rivoluzione ogni vent’anni era l’idea di Jefferson: si ha bisogno di qualcosa per smembrare istituzioni pesanti ed attività improduttive.

Le elezioni potrebbero far rivivere la libertà? Probabilmente no. In genere le persone non votano per la libertà, votano per i soldi di qualcun altro.

Né un movimento intellettuale è in grado di ripristinare la libertà. Le idee contano, ma nessuno vi da un peso significativo. È possibile scrivere una costituzione, ma così facendo si apre la porta ad un’altra costituzione. Tutto ciò che è in palio, è in palio. Quindi una volta che venne scritta la Carta dei Diritti, si tramuto’ in un invito per future interpretazioni e modifiche, e così via. E’ stato quindi inevitabile che la Carta dei Diritti si sarebbe trasformata insieme a tutta la società e sarebbe diventata uno strumento dello stato contro la libertà individuale.

Noi cittadini possiamo farci qualcosa? Purtroppo le cose non funzionano in questo modo. Le istituzioni hanno una loro logica che in linea di massima sfugge a qualsiasi influenza identificabile. Le cose vanno avanti. Le persone, almeno nel breve periodo, non hanno alcuna influenza.

Pensate alla Prima Guerra Mondiale. Dopo un paio di anni divenne evidente quale disastro e spreco terribile rappresentasse: nel 1916 c’erano 10 milioni di morti. Gli eserciti erano impantanati; i soldati, i generali, gli statalisti erano malati di tutto. Ognuno ne aveva abbastanza, e tuttavia questo atteggiamento non aveva condotto ad un disimpegno. Nessuno poteva fermarla. La vittoria era l’unico obiettivo possibile da perseguire. Un qualunque politico che si fosse alzato ed avesse detto: “Non credo che dovremmo vincere, penso che dovremmo solo rinunciare e tornare a casa,” sarebbe stato considerato un traditore.

Per quanto riguarda il settore pubblico, le persone non rinsaviscono come accade nelle questioni private. Un privato si sveglierà un giorno e dirà: “Devo smettere di bere ed andare in un centro di disintossicazione,” e cambiare vita. Ma una massa di persone non può farlo.

Considerate ciò che sta accadendo nella finanza pubblica. Un individuo potrebbe dire: “Questo paese deve smettere di spendere così tanti soldi.” Ma non vorrà rinunciare ai propri benefici pubblici — Previdenza Sociale, Medicaid, assegni governativi. Non avrà alcuna ragione per rinunciare ai suoi vantaggi perché non intaccherebbero il problema. E’ come se l’intera nazione avesse una sola carta di credito. Non ha alcun senso se un singolo individuo si toglie dalle liste della Previdenza Sociale.

Pertanto, le istituzioni di massa non hanno modo di correggere i propri corsi; ma devono continuare lungo il sentiero della rovina. Alla fine lo stato finisce i soldi, va in guerra, viene sconfitto e ne esce totalmente fallito. L’Argentina l’ha sperimentato. In un momento o in un altro, quasi ogni paese ha seguito questo percorso, ma non gli Stati Uniti — ancora.

Secondo me questo è il motivo per cui gli americani sono così compiacenti, così positivi, così ottimisti, così rialzisti, così ingenui. Abbiamo il più grande deficit che nessuno abbia mai avuto, nessuno ha mai avuto un debito come il nostro e la gente pensa: “Ce la caveremo in qualche modo.” “Riusciremo a crescere,” dicono i supply-side, “riusciremo a far abbassare le tasse.” Gli americani credono che le cose si risolveranno senza alcun dolore o sofferenza. I conti non dovranno mai essere ripagati.

Queste tendenze possono durare centinaia di anni. Le cose vanno bene per molto tempo — crescono gli imperi — e poi iniziano a non andare così bene, e, infine, tutto crolla. Ho il sospetto che la società americana, l’economia americana e lo stato americano sono vicini al picco della curva.

Presto potrebbe essere raggiunto il limite di quanti prestiti si possono contrarre e quante promesse proferire. Lo stato non può promettere molto di più. Non ha modo di pagare. L’enfasi dell’America sul militarismo può benissimo essere il risultato della cecità dello stato e la sua ricerca di uscite di emergenza. Potremmo essere in bancarotta — e in un certo senso lo siamo — ma siamo ancora una superpotenza mondiale.

Come le persone, le istituzioni invecchiano, diventano costose da mantenere ed alla fine muoiono.

Saluti,

[*] traduzione di Francesco Simoncelli

Fonte: http://johnnycloaca.blogspot.co.uk/2013/08/una-buona-idea-qualcuno-dovrebbe.html

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