di Salvatore Cannavò (da Il Fatto quotidiano)
Il governo che avrebbe dovuto liberalizzare l’economia sembra accontentarsi di privatizzare la Croce Rossa. L’operazione è stata già avanzata da tempo con un Decreto legislativo che punta a trasformare quello che è un ente pubblico in un’associazione privata, regolata quindi dalle norme del Codice civile. L’obiettivo è quello di eliminare le sovvenzioni pubbliche, importanti ma non stratosferiche, pari a 180 milioni di euro all’anno, che lo Stato stanzia per garantire il funzionamento della Croce Rossa e che, in larga parte, servono a pagarne gli stipendi. Il Decreto stabilisce infatti che la nuova Associazione non possa usufruire di finanziamenti salvo quelli previsti per le associazioni di volontariato. Non solo, ma stabilisce anche che il personale dipendente con contratto a tempo determinato, i precari, possa operare solo fino alla scadenza del contratto senza alcuna prospettiva futura. Anche per il personale di ruolo si stabilisce che, qualora non venga riassorbito dalla nuova struttura, venga messo in mobilità con l’80 per cento dello stipendio. Infine, ed è forse il passaggio più delicato, si stabilisce che la Croce Rossa metta in vendita il suo patrimonio immobiliare per sanare i suoi debiti pregressi.
Strana storia quella dell’ente di assistenza sanitaria che è stata commissariata per ben 24 anni e lo è ancora dopo la gestione di Maurizio Scelli finito sotto le accuse della Corte dei conti (e poi “premiato” con l’elezione in Parlamento). Anche l’attuale gestione è commissariale. Di Francesco Rocca, voluto dal precedente governo Berlusconi, si dice che sia molto legato a Gianni Alemanno ed già finito sotto i riflettori per il suo lauto compenso, 206 mila euro lordi l’anno che secondo la Cgil superano i 300 mila grazie ai rimborsi. Prende anche di più il direttore generale, Patrizia Ravaioli – ottimo curriculum, moglie del giornalista Antonio Polito – che ha un compenso di 211 mila euro. Ma quella delle prerogative dei dirigenti non è probabilmente la notizia più rilevante perché il problema è se una struttura come la Croce rossa debba esistere e come. Come si garantisce, cioè, un servizio considerato essenziale – si pensi a gran parte dei 118 ma anche all’assistenza disabili, le emergenze, i Cara per i migranti, la cooperazione internazionale – che però ha dato prova di una gestione fallimentare come dimostra il ricorso al commissariato. “Con l’attuale provvedimento legislativo – spiega al Fatto Lorena Guidi che coordina i precari Cri della Cgil – si mettono per strada 4500 persone di cui 1400 precari che non hanno alcuna garanzia. Non si capisce come si possa riqualificare l’ente senza tutelare chi ne garantisce il funzionamento e magari ha ottenuto medaglie di merito”. Stiamo parlando di persone che presidiano tutti i giorni il terreno dell’assistenza sociale – Guidi ci tiene molto a far sapere che il Centro all’eduzione motoria di Roma rischia la scomparsa e con lui i disabili che lì vengono assistiti – e che, come nel nostro caso, hanno un compenso netto di 1140 euro al mese con contratti precari da 10 o 20 anni. “Per ora il ministro Balduzzi ha detto di non voler andare avanti a ogni costo e ha costituito il consueto tavolo tecnico ma ha anche detto che di precari non vuole parlare”. Il ministero, contattato dal Fatto, non è stato in grado di rispondere puntualmente alle obiezioni e si riserva di farlo nei prossimi giorni. Ma, comunque, il ministro ha finora parlato in pubblico, in Parlamento, e non ha mai accennato a un ritiro del progetto. Tanto che su questa vertenza si ritrovano sostanzialmente unite tutte le sigle sindacali anche se ognuna marcia con la propria inclinazione e il proprio obiettivo. Ad accomunare la protesta sindacale c’è senz’altro la richiesta di garanzie occupazionali – da venerdì partiranno dei presìdi nelle varie città e si sta discutendo di una manifestazione nazionale – ma anche la forte preoccupazione per l’eventuale svendita del patrimonio immobiliare. Che è molto rilevante e che la stessa Croce Rossa non ha mai dimostrato di saper gestire. “Però, aggiunge Lorena Guidi, serve una effettiva garanzia sulle perizie, al momento inesistenti, e sulla modalità di dismissione che non può essere gestita dal commissario altrimenti tutta questa operazione serve solo a una speculazione selvaggia”.