Molti di noi sono a conoscenza dell’esistenza di un gruppo molto agguerrito di ideologi pieni di soldi e potere, convinti che il futuro dell’umanità debba consistere nella costruzione di un nuovo ‘esemplare’ di essere umano.Un essere umano plasmato non più da Dio o dalla evoluzione naturale, ma da tutta una serie di interventi scientifici e tecnologici effettuati dall’uomo sull’uomo, e dettati dalla agenda sedicente illuminata promossa da tali sedicenti geni incompresi. Evoluzione indotta artificialmente, quindi, da perseguirsi con una progressiva e radicale induzione alla manipolazione psichica, fisica, sensoriale, culturale e sessuale (v. correlati).
Il problema è che, in quanto forma egregorica, l’ideologia transumanistica non poteva che essere destinata a trascendere i suoi iniziali propositi filantropici per sfociare in una serie di azioni non più controllabili dai singoli propugnatori.
Tra i concetti fondanti del primo transumanesimo un posto di rilievo spettò alla cosiddetta eugenetica, o ‘igiene razziale’, la quale è lo studio e la pratica dello allevamento selettivo applicato agli esseri umani, al fine di migliorare la specie. A tali propositi quantomeno discutibili andarono ad aggiungersi nuove ‘sfaccettature’ che finirono per sconfessare il proposito huxleiano del ‘restare umani.’ In particolare dalla nascita della rete internet e del web 2.0 – il transumanesimo iniziò a dare prova di non avere alcuna intenzione di fermarsi al mero miglioramento delle facoltà individuali, ma di puntare dritta a quella ‘realizzazione di nuove potenzialità’, le quali in sostanza si tradurrebbero nel perseguimento di un estremo collettivismo tecnocratico; in altre parole, gli individui che rinunciano alla loro identità, al libero arbitrio, alla riservatezza, per interconnettersi formando una sorta di enorme alveare al servizio di un’ape regina, in questo caso incarnata da un apparato informatico invadente e tentacolare capace di impartire ‘suggerimenti’, in predicato di diventare direttive cogenti. Apparato amministrato da chi? Nel migliore dei casi dalla stessa oligarchia, in quello peggiore da una intelligenza artificiale.
“Quando la mente (coscienza) sta per aprirsi a nuove prospettive, è fondamentale che il suo proprietario sia un individualista indipendente. Questo è il primo requisito, in assenza del quale, non accade nulla.”J. Rappoport
“La filosofia materialistica implica che la libertà non esista. Che non esista una cosa come il libero arbitrio. Implica che niente in realtà sia davvero vivo. Implica inoltre che qualsiasi sperimentazione sia effettuata sugli esseri umani, non importa quanto odiosa possa essere, sia da considerarsi ammissibile, dato che tu ed io non siamo che insiemi di particelle che quello specifico esperimento si limiterà a riorganizzare. Ecco l’ideologia del totalitarismo. La visione di una società inanimata, robotizzata.”J. Rappoport
Il colonnello Steve Austin, a causa di un incidente durante una missione perde le gambe, il braccio destro e l’occhio sinistro. Su di lui viene effettuata una ricostruzione bionica all’avanguardia, che sostituisce gli organi danneggiati con arti bionici. La serie prende il titolo dal costo dell’intervento, appunto di sei milioni di dollari.
Grazie agli organi bionici, Steve Austin acquisisce delle capacità eccezionali: le gambe gli consentono di correre a velocità altissime, il braccio è dotato di una forza fuori dal comune, e l’occhio permette una visione ravvicinata di oggetti molto lontani. (fonte)
Da questa serie televisiva targata ABC (1974) fu poi tratto lo spin-off La Donna Bionica (1976) in cui il tema dell’essere umano trasformato in un superuomo dalle facoltà fuori dal comune fu riproposto in salsa femministica.
Successivamente lo stesso tema fu sfruttato da diversi altri soggetti cinematografici, ad esempio quello del film Robocop (Paul Verhoeven, 1987), il cui remake è da poco uscito nelle sale.Se un giorno qualche geniaccio se ne uscisse con l’idea di infilarvi un microchip da qualche parte, saprete da quali ‘incontestabili’ fonti abbia attinto il proprio background filosofico e culturale.
Tra le saghe cinematografiche più apprezzate di tutti i tempi vi è l’esalogia di Guerre Stellari (1977), creata da George Lucas. Ciò che più conferisce alla storia un carattere transumanistico sono le personalità di C-3PO e R2-D2, i due robot co-protagonisti che gli autori dotarono di sentimenti e senso dell’umorismo. Attributi tipicamente umani che nessun robot potrà mai sviluppare, con buona pace dei cultori del transumanesimo, i quali sognano il giorno in cui in ossequio alle idee di Darwin, l’uomo dovrebbe cedere il passo ai robot, esattamente come i primati agli albori della storia avrebbero ceduto il passo al genere umano. Ecco un buon esempio di come basandosi su una sfilza di presupposti errati o quantomeno non comprovabili, si possa giungere a conclusioni distorte che producono ideologie tanto degradanti quanto pericolose.
Tron
In questa tipologia filmica tecno-onanistica meritano citazione Il Tagliaerbe (1992, B. Leonard), Existenz(1999, D. Cronenberg), Total Recall (1990, P. Verhoeven), Fino alla Fine del Mondo (1991, W. Wenders) e l’italiano Nirvana (G. Salvadores, 1997).
Tra gli altri film che mi sovvengono al momento, dediti alla rappresentazione delle macchine sotto forma di esseri dotati di sentimenti, troviamo la commedia Corto Circuito (1986, J. Badham), in cui il robot Numero 5, colpito da una scarica elettrica acquisisce intelligenza e sentimenti umani al punto da innamorarsi di una ragazza umana.
In Wall-E – film a cartoni animati della cara e disinteressata Disney (2008, A. Stanton) – il protagonista è il robot Wall-E, unico superstite di un pianeta Terra ormai devastato dall’inquinamento prodotto dalla follia umana. Genere umano che infatti ha finito per auto-condannarsi all’estinzione di massa. Stranamente, il robot Wall-E, riesce a provare emozioni come sospinto da una umana ed innata ‘evoluzione’ spirituale. Un giorno scende dal cielo un robot femmina di nome EVE che lo farà innamorare. In realtà c’è ben poco da fantasticare: i robot non potranno mai provare sentimenti. I sentimenti non sono riducibili ad una reazione chimica, come qualcuno vorrebbe dare ad intendere. Sono il prodotto di qualcosa di esterno alla mente, la quale al limite innesca la reazione chimica di cui sopra. Anima, spirito, scintilla divina o come vi pare. La cosa importante da stamparsi in testa è l’equazione: No spirito = no sentimenti. Lo spirito non è un insieme di dati replicabili col copia-incolla, cara Disney e cari cervelloni ho-capito-tutto-io.
Occhio all’inghippo
Discorso inverso per sei pellicole che secondo me affrontano la questione in modo più responsabile. La prima è il celebre 2001 Odissea nello Spazio, firmato nel 1968 da Stanley Kubrick e ispirato a un racconto di Arthur Clarke. Lo stolido ammutinamento del computer H.A.L. 9000, amministratore della astronave trasportante equipaggio umano, è senza ombra di dubbio una delle rappresentazioni più inquietanti e paradigmatiche dei rischi insiti nella eccessiva fiducia riposta nelle intelligenze artificiali.
La seconda è Il Mondo dei Robot (1973) scritto e diretto da Michael Chricton, ambientato in un’epoca futura in cui viene costruito una sorta di parco dei divertimenti per adulti denominato Delos. Qui la gente può divertirsi a sperimentare la vita esistente nell’Antica Roma, nel Medio Evo e nel Far West grazie ad enormi ricostruzioni ambientali popolate da robot ‘intelligenti’ dalle sembianze umane. I problemi vengono fuori quando i ‘nuovi modelli’ di androidi manifestano un inatteso malfunzionamento, mettendo in serio repentaglio l’incolumità degli ospiti del parco.
La terza è La Mosca (originale del 1958 intitolato L’Esperimento del Dottor K.) e remake del 1996 diretto da David Cronenberg) in cui uno scienziato impaziente di verificare le proprie teorie circa la manipolazione genetica, decide di sperimentarle sulla propria persona, finendo in un brutto pasticcio.
Ennesimo film ispirato alle opere di Asimov, Io, Robot (2004) di Alex Projas, è la storia del mega-computer ‘intelligente’ V.I.K.I. (Virtual Interactive Kinetic Intelligence), che un bel giorno stabilisce autonomamente, nella massima buon fede, che per proteggere in modo efficace gli esseri umani da loro stessi sia necessario sacrificare l’individualità e la libertà di questi ultimi, instaurando una dittatura ‘benevola’ dei robot.
Concludo questa breve e necessariamente parziale carrellata con una saga che in un certo senso si ricollega alla prima pellicola trattata nel post, cioè Frankenstein. Tratta dall’omonimo fumetto Marvel (1963) a firma dello scrittore Stan Lee, la saga degli X.Men narra delle vicende avventurose di un gruppo di esseri umani ‘mutanti’, cioè dotati di nuovi e straordinari poteri dovuti in parte alla ‘naturale evoluzione’ ed in parte alla manipolazione scientifica. Con gli X-Men viene riproposto il concetto dei bifolchi retrogradi già sfruttato in Frankenstein. Le persone ‘normali’ – infatti – manifestano diffidenza e repulsione nei confronti dei mutanti, giungendo ad emarginarli in una sorta di ‘ingrato’ razzismo al contrario. Anche in questo caso sotto un messaggio superficiale edificante (la tolleranza verso le minoranze giudicate ‘diverse’) si cela lo stesso tipo di propaganda transumanistica presente nel film di Whale, atta ad indurre negli spettatori il senso di colpa verso il loro sano istinto finalizzato alla conservazione della specie.
Concludendo.
In questo post ho illustrato come attraverso l’industria cinematografica e televisiva, ad iniziare dagli anni ’30 del secolo scorso, si siano introdotti alcuni memi culturali finalizzati ad infondere nell’inconscio collettivo una morbosa propensione nei confronti dei dogmi espressi dalla ideologia transumanistica, ad esempio l’idea che l’essere umano sia per natura imperfetto e bisognoso di essere modificato con l’ausilio della scienza e della tecnica, e che la naturale evoluzione umana debba concretizzarsi in termini materialistici, piuttosto che morali e spirituali; che il futuro dell’umanità debba consistere in una progressiva trasformazione da esseri biologici dotati di uno spirito, una mente ed un pensiero individuale, in OGM sintetici privi di identità e spiritualità e votati al più spinto collettivismo.
Campagna persuasiva risaltante anche in altri campi, come quello dei fumetti (basti ripensare alle decine di supereroi creati negli USA), della pubblicità e dei videogiochi, settore quest’ultimo letteralmente invaso da titoli futuristici basati sul potenziamento dei personaggi attraverso una serie di ‘innesti’ cybernetici oppure la assunzione di pillole e pozioni in grado di potenziare abilità e doti fisiche. L’intero comparto dei giochi di ruolo si basa su tali meccanismi di potenziamento o – per usare un lessico più adeguato – ‘livellamento’. I titoli sono davvero molti, dalla saga videoludica di Deus Ex (Eidos) al gioco di ruolo cartaceo Cyberpunk 2020 (R. Talsorian Games).
Ciò detto, il mio discorso non si concluderà con un invito al boicottaggio, né con una sfilza di anatemi lanciati contro le opere elencate in questo post. Dopotutto si tratta di prodotti per lo più divertenti, grazie ai quali tutti noi abbiamo trascorso, e trascorreremo in futuro qualche piacevole ora di svago.
Il concetto che invece mi preme sottolineare in questa sede è la differenza abissale che passa tra un prodotto di intrattenimento e la realtà dei fatti; tra l’ideologia inconsistente ed irrealizzabile di un gruppo di filosofi e scienziati sprovvisti di coscienza, ed il reale, naturale destino che attende il genere umano. Potete starne certi: una volta smaltita la sbornia tecno-scientista torneremo a percorrere i sentieri più consoni alle doti innate che da sempre ci contraddistinguono: curiosità, creatività, individualità, spiritualità ed amore.