Svizzera è boom di valute locali alternative al franco

La crisi della valuta svizzera ha portato alla nascita di numerose divise regionali: dal Leman al farinte e al Pive. La speranza è che aiutino l’economia domestica ad affrontare meglio la crisi, invogliano le aziende che incassano le nuove valute a spenderle sul territorio

di FRANCO ZANTONELLI

La crisi economico-finanziaria, deflagrata nel 2008, oltre alle tante certezze ha fatto traballare quella della solidità delle valute. Così, in alcuni Cantoni svizzeri, nonostante il Franco si sia rivalutato, proprio come conseguenza della recessione, stanno sorgendo monete alternative. Che, in sostanza, vengono impiegate per piccoli acquisti, tipo la spesa di tutti i giorni. A Ginevra e Losanna, un comprensorio di oltre 600 mila abitanti, viene battuto il Leman, in 4 tagli: da uno, da cinque, da dieci e da venti. Il valore di ogni Leman è di un Euro. Sempre rimanendo in Svizzera, nel Canton Vallese, stanno per stampare il Farinet. Nella regione transalpina della Franche-Comtè, confinante con la Confederazione, in luglio è prevista, infine, l’uscita della Pive. In realtà, nel mondo, pare siano 6000 le regioni in cui, parallelamente alle valute ufficiali, sono uscite delle monete locali. “Penso che progetti come questi possano aiutare a trasformare l’economia”, spiega convinto, al quotidiano Le Matin, il giovane ricercatore David Drayer, all’origine del progetto di moneta alternativa, in Vallese. “Ad esempio – è la sua tesi – se noi convinciamo una grande catena di distribuzione ad accettare il Farinet, ebbene a sua volta essa sarà costretta a spenderlo e non potrà farlo che con produttori locali”.

Oltre alla crisi del 2008, a far sorgere l’idea di creare un’economia autosufficiente, anche dal punto di vista valutario, almeno in Svizzera c’ha messo lo zampino un film francese, “Demain”. Nel quale si racconta come, dopo un grande catastrofe, i sopravvissuti siano costretti a reinventare l’agricoltura, l’energia, l’educazione scolastica, la democrazia e l’economia. Ma cosa pensa un economista delle monete locali? “Mi sembra una soluzione meno folle, in quanto meno pericolosa, del Bitcoin”, dichiara a Repubblica.it il professor Sergio Rossi, docente di Macroeconomia ed Economia monetaria. Lei pensa che una soluzione del genere possa funzionare? “In realtà mi sembra più che altro una forma che ci riporta all’economia basata sul baratto. Con il pregio di consentire il reintegro, nel circuito economico, di quelle persone e di quelle piccole imprese che, altrimenti, rimarrebbero inesorabilmente tagliate fuori”.

Commenta su Facebook