Da NO BIG BANKS
Un fil rouge unisce l’impegno europeo per l’unione bancaria alla blanda regolamentazione che scimmiotta una separazione bancaria.
Alla luce dei passi avanti sulle regole per la prossima stagione di liquidazione degli istituti bancari che operano in quegli stati europei che più accusano la crisi si coglie la chiave interpretativa per decifrare le vicende travagliate di banca Mps, che offre un’anticipazione di quel che avverrà in futuro: ecco che i leader europei si vanno accordando sull’Unione Bancaria e rinviano nel tempo la discussione sulla separazione bancaria.
Come a dire che la politica rinuncia a risolvere alla radice le cause della crisi economico-finanziaria, preferendo invece concentrarsi sui modi con cui affrontare il tracollo delle economie periferiche.
Nel braccio di ferro tra paesi debitori e creditori, quel che è certo è che a pagare saranno le popolazioni stremate alle prese con il crollo dell’economia fisica.
Non c’è poi da stupirsi se sia ai minimi la fiducia nella politica, il forte malessere, con tassi di disoccupazione a doppia cifra, fa a pugni con la determinazione delle élite di governo nell’evitare l’applicazione di una rigorosa regolamentazione del settore finanziario – che anzi è stato sinora sostenuto dagli interventi pubblici per evitarne il collasso. D’altra parte, i trattati dell’Ue escludono l’intervento statale per finanziare l’economia reale!
Ecco così delineati i termini dello scontro: democrazia contro oligarchie.
Nell’Eurosistema le Istituzioni elettive non hanno potere, giacchè quel potere è stato trasferito ad un livello sovranazionale, che in ultima analisi è né più nè meno che una oligarchia bancaria, qual è la Bce, che si fa scudo delle critiche con la giustificazione dell’algida indipendenza dal potere politico.
Sarà pure indipendente dalla gente, ma paradossalmente la tanto sbandierata indipendenza appare ahinoi al servizio del «dirigismo speculativo».
Ormai all’orizzonte si scorge il completamento dell’Unione bancaria: nel dicembre scorso il Consiglio dei ministri economici e finanziari (Ecofin) ha raggiunto un compromesso sulla nascita di un meccanismo comune di gestione delle crisi bancarie e di un fondo unico per liquidare gli istituti creditizi in fallimento. Per il ministro Saccomanni si è trattato di “Una scelta storica, paragonabile alla costituzione dell’Unione monetaria e alla firma del Trattato di Maastricht”.
Ma di cosa si tratta? L’Abc dell’Unione bancaria
L’Unione bancaria si baserà su un meccanismo unico di vigilanza bancaria a livello europeo (Single Supervisory mechanism, SSm) e su sistemi comuni di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi.
Con l’Unione bancaria che cosa cambierà?
Le perdite derivanti dal dissesto di una banca saranno direttamente a carico degli azionisti, creditori e obbligazionisti: modello Cipro.
Con questa riforma si dimostra che l’Unione europea è impegnata a stabilire le procedure per lo smantellamento dei fallimenti bancari.
In altre parole, si dà per inarrestabile il progressivo incancrenimento della crisi delle periferie dell’Ue, pertanto si procede a ritmi forsennati nella dotazione delle regole per agevolare la gestione ordinata della prossima crisi bancaria.
Si tratterà dell’avvio di una stagione dei saldi con processi di acquisizioni e fusioni di istituti bancari.
Converrà aprire un conto corrente in una banca tedesca, perché sarà troppo rischioso continuare a tenerli in banche italiane che vedranno un ulteriore deterioramento del portafoglio crediti?
Dal sito lavoce.info: «Toccare i creditori e togliergli l’assicurazione implicita significa tuttavia aumentare il costo della raccolta bancaria: obbligazionisti e depositanti istituzionali vorranno essere remunerati per il maggior rischio. Questo vuol dire aumentare il costo del credito per le imprese e le famiglie e forse ridurne la quantità disponibile, per la verità in questo frangente già assai scarsa. Ma ancora più rischiose appaiono le possibili conseguenze macroeconomiche della scelta europea. Supponiamo, infatti, che le difficoltà del sistema bancario non nascano da ardite speculazioni, ma semplicemente dalla congiuntura economica che accresce le sofferenze. In questa situazione, far pagare ai privati il costo dei fallimenti bancari non farebbe altro che acuire la recessione, che presto diventerebbe depressione».
Se così fosse, è poco comprensibile la caparbietà nel procedere al completamento dell’ Unione Bancaria; a quali effetti positivi allude il primo ministro Enrico Letta?
“Se i leader dell’Ue non perseguono una piena Unione bancaria, gli effetti positivi delle iniziative di riforma saranno rapidamente vanificati dalla mancanza di nuovi investimenti”.
Di avviso contrario a Letta è l’economista Emiliano Brancaccio che va dritto al punto: «La questione delle banche è fondamentale. Perché proprio una crisi bancaria e l’accelerazione di un’Unione bancaria potrebbero essere i prossimi passi della crisi. Il dibattito deve essere incentrato tra l’opzione liquidazione e ristrutturazione delle banche con il capitale che fuoriesce e la possibilità di un’uscita dall’euro ed una nazionalizzazione delle stesse».
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=11&pg=6451
Proponiamo di seguito l’intervento di Brancaccio
Tra nazionalizzazioni e falsa Glass-Steagall in salsa europea
Ritorna spesso l’ipotesi di nazionalizzare una banca in difficoltà, la proposta è stata rilanciata di nuovo daBeppe Grillo.
Nazionalizzare nel senso che lo stato italiano ci mette i soldi e deve avere il controllo della banca è comprensibile, ma ad alcune condizioni. Non serve a niente se si tratta semplicemente di ripianare debiti speculativi: lo Stato italiano si accollerebbe i derivati e le operazioni rischiose che si trovano in bilancio.
Ma l’ambizione non è diventare speculatori di stato!
Seguendo la vicenda del Mps, le ipotesi alternative su cui si discute sono pessime: vendere ai parassiti stranieri (il cavaliere bianco), ricorrere al salvataggio di stato, oppure procedere al bail-in (sebbene, a quanto si è capito, le regole entreranno in vigore soltanto nel 2016) in cui pagano anche i correntisti e azionisti.
Esiste anche un’ulteriore ipotesi, mai discussa sinora. Bisogna buttare via i titoli tossici e cambiare le regole per le banche. A quel punto lo stato interverrà per nazionalizzare, immette nuovo capitale, condizionato ad un cambiamento nel comportamento della banca e di tutte le banche, con una regolazione di tipo Glass-Steagall per l’abbandono delle attività speculative.
La soluzione ideale sarebbe di ri-nazionalizzare le banche centrali e varare la Glass-Steagall! A quel punto si potrebbe rispondere al problema del debito pubblico e all’esigenza di credito di famiglie e imprese.
E qui si giunge ai passi avanti in direzione della presa di consapevolezza che Glass-Steagall sia la soluzione ottimale.
Sul Financial Times è comparsa ad inizio anno la notizia che il commissario europee Michel Barnier intende presentare una versione light della separazione bancaria. Europe set to ease reform on bank splits
La notizia è stata rilanciata dai quotidiani italiani, ripresa anche dal sito Dagospia, cui abbiamo scritto per commentare la frode in atto:
Lettera 12 – Caro Dago, l’articolo ripreso da La Stampa è degno della miglior opera di propaganda. La Commissione europea annacquerà la proposta Liikanen, già di per sé sterile. Lo scriviamo con cognizione di causa, dato che l’ottobre scorso, come NoBigBanks.it, fummo invitati a partecipare ad una chat con Likaneen per avanzare proposte sulle banche in un dibattito on line promosso dall’Unione Europea.
Al fondo vi è il rifiuto di stabilire regole chiare sulle attività bancarie, che apre la porta a delle ambiguità fatali. Si fissa un tetto oltre il quale le attività di trading dovrebbero essere scorporate. E si dice che certe attività inerenti i derivati e la sottoscrizione di titoli per esempio, possono rimanere, mentre “le autorità dovrebbero stare all’erta in merito ai rischi che ne possono derivare”.
Dunque invece di mettere in discussione un modello in cui l’attività bancaria ordinaria è stata inglobata nelle operazioni speculative, si cerca di mantenerne le proprietà ma di evitare il “rischio eccessivo”. Basti pensare a quanto bene ha funzionato la regolamentazione nelle ultime crisi per capirne il problema: gli esperti del settore e i regolatori sono notoriamente lenti e restii a riconoscere le bolle speculative (spesso sotto l’influenza della politica e del settore bancario stesso).
Ci fidiamo di loro per vigilare e identificare quando il rischio diventa “troppo”?http://nobigbanks.it/2013/10/14/lunione-europea-risponde-su-glass-steagall/ — NoBigBanks – Salviamo la gente dagli squali della finanza. Ripristiniamo Glass-Steagall. Ripristiniamo Glass-Steagall Ristabiliamo la Separazione tra banche commerciali e banche d’affari.
http://www.NoBigBanks.it
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/i-titoli-del-messaggero-fermi-al-2012-la-merkel-cade-sciando-data-e-ora-69479.htm