Da “Il fatto quotidiano”
“Tutto è iniziato dai diari del maresciallo Francesco Aloi,superiore del Sismi che lavorava in Somalia. Nel 1997 uscirono degli stralci su Panorama, Unità ed Epoca. In quel diario accusava alcuni agenti e faceva i nomi di altri che poi abbiamo trovato nel 2001 a Piazza Alimonda. Una circostanza che mi ha incuriosito”. E che finisce nel libro: “Nel diario – scrive Laurenti in La madre dell’uovo – Aloi vuole raccontare la missione somala e decide di renderlo pubblico a tre anni dalla fine della missione Onu inSomalia. Si rivolge al tribunale militare di Roma accusando in particolare, oltre al comportamento delle forze armate nel suo complesso, due suoi commilitoni“. Le accuse sono “pesantissime”. Si parla di “violenze sui somali, soprattutto donne“. Aloi “racconta di come spesso i prigionieri venissero torturati a morte. I due che ha deciso con insistenza di denunciare sono proprioGiovanni Truglio e Claudio Cappello“, i carabinieri che sette anni dopo si trovano in Piazza Alimonda. “Quindi – continua il libro – nel 1997 (Aloi) denuncia persone e fatti risalenti al 1993/94, ma non accade sostanzialmente nulla”.
A partire da queste informazioni Laurenti inizia a elaborare un percorso diverso: e cioè che gli agenti a Mogadiscio non avesserodepistato, ma che avessero agito per colpire deliberatamente Alpie Hrovatin. La teoria prende piede. Coincidenze e interferenze pure.
“Quattro anni fa telefonai a Luciana Alpi, madre di Ilaria, per farmi dare il foglietto che la giornalista aveva nel taschino. E sul quale erano scritte le coordinate del ponte radio utilizzato dalla giornalista”. Da lì inizia una serie di interferenze. “Isolavano itelefoni di chiunque chiamassi. Ricevevo chiamate al cellulare mentre stavo guidando. Dall’altra parte della cornetta parlavano come se mi stessero seguendo. Sentivo solo che alcune voci dicevano: ‘Ma tu lo vedi?’ ‘Sì sì, è un po’ più avanti”. E ancora: “Mi chiamavano a casa. Rispondevo. E sentivo le voci dei miei figli al piano di sopra. Dove, però, non c’è nessun telefono. Quindi non so se abbiano messo alcune microspie“.
Secondo Laurenti – che parla degli autori con un ‘loro’ generico – “fanno il gioco del gatto e del topo: sperano di fermarmi facendomipaura“. E gli episodi quanto meno insoliti sono tanti: “Un giorno ho mandato un capitolo ad Heidi Giuliani in cui scrivevo che l’unica cosa che mi spaventa è vedere la mia auto danneggiata da terzi senza che mi sia accorto di nulla. Bene, poco dopo averle spedito il testo, i vigili mi fermano per strada perché sto perdendo olio. E il meccanico mi dice che quel danno non posso averlo fatto io. Spiego ad Heidi cosa mi è successo: ma quello stralcio del libro, in cui descrivevo quanto poi mi sarebbe realmente accaduto, era stato eliminato dal pdf della copia che le avevo inviato”. Recentemente sono saltati anche gli account facebook, a cui Laurenti non riusciva più ad accedere, e la password amministratore del suo pc è stata cambiata. Da remoto e a sua insaputa.
“Credo che i responsabili di queste intimidazioni facciano parte del gruppo di potere che racconto nel libro. Quella parte di serviziche ha firmato il patto di sangue nel 1994. Tutto è partito da Ilaria, non da Carlo. Il libro doveva uscire il 10 giugno ma il mio editoreGiovanni Giovannetti ha preferito anticipare. A parte quando parlavo al telefono con giornalisti e avvocati, la linea cadeva regolarmente. Forse non è un gruppo così forte e sono soltanto dei cretini che provano a intimidirmi”. Forse il contenuto di quel romanzo a qualcuno dà fastidio.
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