
di: L.M.
Mentre i nostri scodinzolanti disinformatori facevano a gara nel riportare i mormorii nei corridoi messicani sulle vane e vaghe disfide di parole captate o immaginate tra un Obama e una Merkel, tra un Monti e un Hollande (“stabilizzare il sistema finanziario”, “crescita”, “sostegni” a Grecia e Spagna e cos’ via), è andato in sottordine il risultato del colloquio Obama-Putin nei riguardi della crisi in Siria.
In breve, i due presidenti hanno concordato, testualmente, su un “appello per la cessazione immediata delle violenze in Siria”, dichiarando congiuntamente che “il popolo siriano deve avere l’opportunità di scegliere in modo indipendente e democratico il suo futuro”.
Nessuno dei nostri abili “commentatori” e “opinionisti” che si sia preso, naturalmente, la briga di tradurre cosa significhi, anche per bocca di Barack Obama, quella dichiarazione sull’“indipendenza” siriana a gestire il proprio futuro nazionale. Troppo scomodo per l’Occidente, dopo le roboanti dichiarazioni dei vari Lady Clinton ed Erdogan, di Hollande, Cameron e Monti. E dopo la fuga in avanti della Farnesina, con l’attacco gratuito riservato all’ambasciatore di Siria in Italia – dichiarato persona non grata – dal ministro Terzi.
Noi scommettiamo che la marcia indietro del gran timoniere occidentale (impegnato, come si sa, anche nella difficile campagna di riconquista della Casa Bianca), abbia qualcosa a che vedere con quelle notizie, filtrate da Teheran, sulla decisione congiunta di Iran, Russia, Cina e Siria di varare, per le prossime settimane, comuni esercitazioni militari anfibie sulle coste siriane del Mediterraneo. Con un dispiegamento di eccezione. “Fonti informate” parlano dell’impegno di 90 mila soldati e di forze “di terra, aria e mare”, con 12 navi da guerra cinesi che già avrebbero ottenuto il permesso di transito egiziano nel canale di Suez e con una flotta russa di portaerei, incrociatori e sottomarini già mobilitata nel Mar Nero e pronta a dirigersi su Tratous in parallelo con una squadra similare iraniana. La forza aerea da dispiegare giungerebbe a contare complessivamente 400 velivoli, mentre le manovre a terra riguarderebbero un migliaio di carri armati.
Un gran scorno per la Nato e per i nostri “generalissimi”.
In breve, i due presidenti hanno concordato, testualmente, su un “appello per la cessazione immediata delle violenze in Siria”, dichiarando congiuntamente che “il popolo siriano deve avere l’opportunità di scegliere in modo indipendente e democratico il suo futuro”.
Nessuno dei nostri abili “commentatori” e “opinionisti” che si sia preso, naturalmente, la briga di tradurre cosa significhi, anche per bocca di Barack Obama, quella dichiarazione sull’“indipendenza” siriana a gestire il proprio futuro nazionale. Troppo scomodo per l’Occidente, dopo le roboanti dichiarazioni dei vari Lady Clinton ed Erdogan, di Hollande, Cameron e Monti. E dopo la fuga in avanti della Farnesina, con l’attacco gratuito riservato all’ambasciatore di Siria in Italia – dichiarato persona non grata – dal ministro Terzi.
Noi scommettiamo che la marcia indietro del gran timoniere occidentale (impegnato, come si sa, anche nella difficile campagna di riconquista della Casa Bianca), abbia qualcosa a che vedere con quelle notizie, filtrate da Teheran, sulla decisione congiunta di Iran, Russia, Cina e Siria di varare, per le prossime settimane, comuni esercitazioni militari anfibie sulle coste siriane del Mediterraneo. Con un dispiegamento di eccezione. “Fonti informate” parlano dell’impegno di 90 mila soldati e di forze “di terra, aria e mare”, con 12 navi da guerra cinesi che già avrebbero ottenuto il permesso di transito egiziano nel canale di Suez e con una flotta russa di portaerei, incrociatori e sottomarini già mobilitata nel Mar Nero e pronta a dirigersi su Tratous in parallelo con una squadra similare iraniana. La forza aerea da dispiegare giungerebbe a contare complessivamente 400 velivoli, mentre le manovre a terra riguarderebbero un migliaio di carri armati.
Un gran scorno per la Nato e per i nostri “generalissimi”.
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