Come ha riportato Reuters, dopo la stangata della Commissione Europea nei confronti di Apple (condannata a pagare 13 miliardi di euro – IVA esclusa – al governo irlandese per contributi fiscali non pagati) le grandi multinazionali americane dell’informatica stanno schierando i loro lobbisti nella capitale comunitaria. Obiettivo: respingere ogni futuro “assalto” da parte delle Istituzioni brussellesi, che secondo diverse indiscrezioni potrebbero “colpire” altre corporation con multe simili a quelle che hanno colpito la casa di Cupertino. In particolare, Google e Facebook sono tra le società che spendono più risorse in lobbying, secondo i dati del Transparency Register. Il valore delle risorse da loro investite per fare lobbying su dirigenti e vertici politici delle amministrazioni comunitarie è aumentato del 15/20% nel 2015 rispetto al 2014, anno nel quale la spesa in lobbying era già triplicata rispetto al 2013.

L’analisi di Reuters rivela come Google nel 2015 ha speso in lobbying circa 4,25/4,5 milioni di euro, impiegando ben 14 lobbisti soprattutto per tentare di influire sulle politiche antitrust della commissaria Margrethe Vestager. Uno di loro ha dichiarato che “i politici europei si pongono molte domande su Google e sul mondo di internet in generale. Stiamo lavorando per rispondere ad ogni domanda, aiutando i decisori a comprendere le politiche aziendali e, dall’altro lato, ogni possibile azienda interessata a cogliere le opportunità che internet offre”. Forse non casualmente, un’analisi di Transparency International ha riportato tutti i dati relativi a Google proprio lo stesso giorno della notizia della multa ad Apple.

Dal canto suo Apple non ha effettuato dichiarazioni sulla proprio strategia di lobbying in sede comunitaria. Da luglio, Cupertino ha assunto un nuovo government affairs manager per rappresentare le posizioni di Apple nei confronti dei decisori politici. La spesa in lobbying, in base alle dichiarazioni ufficiali, è molto più bassa rispetto a quella di Google: 800.000 – 900.000 euro, con soli 5 impiegati di cui solo la metà risulta impiegata a tempo pieno in attività di lobbying. Questo può essere uno degli elementi che permette di comprendere il fragore della notizia della multa e l’assenza apparente di adeguate contromisure in termini di comunicazione e piani strategici alternativi.

Altre società che potrebbero essere colpite da sanzioni europee nei prossimi mesi sono quelle che si occupano di messaggistica: Facebook, che dopo l’acquisizione di Whatsapp è interessata alla riforma delle telecomunicazioni con particolare riferimento alla protezione dei dati, spende tra i 700.000 e gli 800.000 euro ma sta assumendo nuovi lobbisti in sede comunitaria. Sono infatti solo due i lobbisti dichiarati nel 2014, arrivati a 4 nel 2015 e in numero sempre crescente, proporzionale alla crescita del business della società. Il public policy manager di Google ha dichiarato che “da quando Facebook è diventato parte della vita giornaliera di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, gli stessi governanti hanno naturale interesse a confrontarci con noi e noi con loro”.

Microsoft, che negli ultimi anni ha subìto diverse sconfitte legali dalla DG Competition, che ne ha scalfito la ventennale leadership di mercato, ha preferito non commentare sull’argomento. Amazon, che secondo molti è la prossima nel mirino delle istituzioni per un caso simile a quello Apple, ma riferito alla sede di Lussemburgo, allo stesso modo di Microsoft non ha commentato i dati che la vedono investire tra 1,5 e 1,75 milioni di euro in lobbying, impiegando 6 lobbisti. Uber, impegnata nel tentativo di liberalizzare il mercato dei taxi e dei trasporti in generale aprendolo al servizio via app, è cresciuta molto negli ultimi due anni arrivando a spendere tra i 400.000 e i 500.000 euro con la presenza di 3 lobbisti. Tra le non americane, invece, è Samsung (principale competitor di Apple sul mercato degli smartphone) la company più presente con una spesa di 2,5-2,75 milioni e una squadra di 9 lobbisti nella capitale belga.

Daniel Freund di Transparency International ha commentato che per le imprese è necessario e produttivo investire nelle relazioni istituzionali, dal momento in cui le decisioni della Commissione necessitano di maggiori e migliori informazioni e contenuti tecnici. Questo ha portato a una crescita esponenziale della presenza di lobbisti nei palazzi brussellesi. Aggiungiamo noi, ha anche portato a una maggiore interdipendenza tra imprese e istituzioni, sempre più aperte alle informazioni fornite dagli esperti tecnici e legislativi provenienti dalle imprese.

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