Leoni e pecore

In quella giungla che è la vita moderna, si incontrano solitamente due razze ben distinte, con comportamenti socioculturali differenti: c’è chi assorbe passivamente la realtà, lasciando che altri definiscano i concetti nei quali credere, per i quali lottare, lasciando scegliere ad altri anche la maniera con cui dimostrare gioia e meraviglia, rabbia, odio o dolore.

Alcuni invece quotidianamente sperimentano il mondo, avventurandosi, coraggiosi e intrepidi, nei suoi labirinti logici, nelle assurdità delle manifestazioni collettive moderne, gente capace di vedere il mondo con le sue bellezze da preservare e le nefandezze da ingurgitare.

In Italia non c’è mai stata una rivoluzione perchè è più simile ad un’ovile che ad una giungla. RE-agire con vigore ad un sistema di dominio globale è il minimo che ci si può aspettare da chi voglia cambiare veramente le cose, considerando che, armi escluse, noi saremmo il 99%, escluse le pecore. Dovremmo mangiarceli in un sol boccone, con la voracità della iena col bufalo, e invece siamo qui ad inghiottire le solite tre linee di acqua, condite da uno sfolgorante psicofarmaco.

Belati di pecore che si accodano all’uscio dell’ovile in attesa della razione quotidiana di serenità; un macrosistema capitalistico accentratore che oltre a lasciarci nella povertà materiale e intellettuale più assoluta, distrugge i capitali e le opere d’arte della natura tutta, unico nostro vero Dio; l’annichilimento devastante di qualunque emozione sia davvero viva, umana, degna di essere chiamata tale, al fine di renderci tutti uguali, addomesticabili da un bel manganello, facili da ingabbiare nei recinti di questo grande carcere che è ora il mondo: queste sono le cose da combattere, dedicando la vita ad esse, nel caso si voglia.

La violenza sono le 40 guerre in giro per il mondo che uccidono milioni di inermi per i profitti di poche decine di individui; violento è l’indiscriminato sacrilegio dell’individuo umano, animale e vegetale, bombardato di buste di plastica e panini del mac, oltre che di missili e bombe nucleari; violento è l’atteggiamnento di chi spera che tutto ciò cambi con una passeggiata di sabato a Roma, rovinata da chi di dinamismo se ne intende. La violenza non è una vetrina rotta o una macchina bruciata.

La repressione non ci deve far paura né ci deve fermare, perché questa è espressione della debolezza dei padroni e dei governanti di turno che agitano lo spauracchio dei black bloc per esorcizzare il conflitto di classe che sta montando in Italia.

Ed è proprio da questo conflitto che ha attraversato le manifestazioni operaie e studentesche, le marce e le barricate della Val Susa, le mobilitazioni contro il nucleare e per l’acqua pubblica, che bisogna ripartire. Per dare forza alle lotte future diventa sempre più importante saper costruire momenti di discussione, confronto e autorganizzazione, perché non ci può bastare un governo diverso, vogliamo una società diversa senza classi, sfruttamento e guerra.

Se non state attenti i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono. [Malcom X]



Tratto da Anarchaos

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