Poesia di Emanuele Sanetti

Povero…
Camminava per le strade del Tufello e vedeva ciò che forse osava cercare…
Il marciapiede un po’ rovinato…
Poteva saltare la staccionata…e lo faceva.
Veniva dal paese,dalla città e aveva molte diversità sotto un’unica pelle,quella dell’uomo.
poteva parlare inglese e dialetto vetrallese
poteva essere un musicista o un industriale…
poteva…
Aveva dei piedi ed è per questo che ora camminava…e poteva stare li,passo dopo passo,sul terriccio…poteva stare…
Povertà…
Una parola che mi parla. Se ascolti bene forse parla pure a te.
Siamo tutti poveri. Questa è realtà.
Siamo poveri perché non possiamo non inchinarci davanti alla grande luce accecante.
Siamo poveri perché ricchi. Ricchi. Ricchi. Ricchi.
Riccamente umili.
Possiamo decidere,la strada.

Camminava solitario.
Aveva qualche vestito, era scalzo.
Un bambino.
Affaticato…affamato…sulla salita della strada collinosa…
Il cuore?gli sorrideva!
In fondo il cuore sapeva la sua eterna salvezza.
Poteva essere dolorante. Ma salvo. Salvo lo era.
Dai tempi del dolore,dei nemici che sputarono in faccia a Gesù
Ognuno pur dolorante ma era consolato.

Povertà…
In un mondo di aver ogni bene soddisfacente
io ed altri accarezziamo la mancanza
la mancanza della dignità
dell’avere ciò che lo studente ha…
noi sperimentiamo il non esser sicuri del mese dopo
noi odoriamo i barboni che incontriamo
perché quello è un uomo!

Non c’è lho!
Non ne ho!…

Rimango in silenzio.
Osservo i miei sentimenti.
I miei bisogni.
Non ne ho.
Ma sento che qualcosa mi fa star bene.
Sento una luce sopra di me.
Sono illuminato!
Da chi e da che io non lo so!

Dopo aver lavorato,cerca un momento di tranquillità davanti a tutta quello schizzare
E sente, tattorialmente, qualcosa di poco chiaro…forse un angelo è vicino…

La mancanza rende ricchi perché la povertà è il segreto dei re.

Nel bagno non riesce a vedersi. Davanti lo specchio non riesce a scorgere chi c’è vicino lui. Pur lo sente. Ma se ne distrae.

“in queste città non c’è più il silenzio”
il silenzio che crea legami
il silenzio che parla

Un uomo arrivò a guardarmi la faccia.

Si fermò mentre passava dinanzi a me
E mi scrutò…la faccia.

Cominciò parlando della faccia…
“parla di te e di cosa non sei riuscito ad essere,
di cosa hai gioito
e cosa ti manca…

senti,non devi rattristarti quando gli altri ti fanno del male perché
tu non morirai qui.
Non devi sputare contro chi credi ti possa lapidare
perché non è quello il senso da inseguire.”

La faccia…quella faccia che io avevo gli stava facendo dire queste cose.
Non me le diceva.
Le rifletteva la sua di faccia…

Ogni volto mille espressioni,
ogni espressione un significato,
ogni smorfia una richiesta…

tornato a casa
preso in giro dal padrone
ma mai umiliato
non si può umiliare
solo la luce può
ma non lo vuole
perché te sei un re!

Stanco,il lavoro impegna…

 

Ricevuta dall’autore che ne ha autorizzato la pubblicazione in esclusiva per Cogito Ergo Sum. Opera letteraria coperta da copyright. Per qualsiasi ripubblicazione chiedere il consenso dell’autore a: sanetti_emanuele@virgilio.it

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