di N. Gregory Mankiw (1)
dal “New York Times” del 18 aprile 2009
traduzione di Marco Giustini
Con una disoccupazione crescente ed il sistema finanziario nel caos, è difficile adesso non essere negativi circa la situazione economica. La risposta ai nostri problemi, tuttavia, potrebbe consistere nell’essere ancor più negativi. Ma non sto parlando di atteggiamento. Parlo di numeri.
Cominciamo con le basi: Qual è il modo migliore per un’economia di sfuggire ad una recessione?
Fino a poco tempo fa, la maggior parte degli economisti si affidava alla politica monetaria. Le recessioni erano il risultato di una insufficiente domanda di beni e servizi e quindi, il pensiero corrente era che per porre rimedio a questa deficienza la nostra banca centrale doveva tagliare i tassi di interesse. Tassi di interesse più bassi incoraggiavano le famiglie e le imprese a prendere prestiti ed a spendere denaro. Più spesa significava maggiore domanda di beni e servizi, ed in conseguenza di ciò maggiore occupazione per i lavoratori, per rispondere a tale domanda.
A quanto pare il problema è che oggi la Federal Reserve (2) ha fatto molto di più che tagliare i tassi di interesse. Non vuole tagliare i fondi federali, quindi ha ripiegato su altri strumenti, come l’acquisto di titoli di debito a lungo termine, per far ripartire l’economia. Ma l’efficacia di questi strumenti è incerta, e ci sono dei rischi ad essi associati.
Per molti versi, oggi, la Fed è in acque inesplorate.
Allora perché invece la Fed non si occupa solo di tagliare i tassi di interesse? Perché non si da l’obiettivo di fare un taglio dei tassi inferiore al tasso di interesse, ad esempio, 3% negativo?
A quel tasso di interesse, si potrebbe prendere in prestito e spendere 100 dollari e rimborsare 97 dollari l’anno prossimo. Questa opportunità sicuramente genererebbe maggiore richiesta di prestiti e di domanda aggregata.
Tuttavia con i tassi di interesse negativi appare rapidamente un problema: nessuno presta a tali condizioni. Piuttosto che dare i vostri soldi ad un prestatario che promette un rendimento negativo, è meglio tenersi il denaro sotto il materasso. Perché facendo promesse di denaro con un ritorno esattamente pari a zero, i prestatori non possono offrire di meno.
A meno che non offriamo una modalità per rendere meno attraente accumulare fondi.
In uno dei miei ultimi seminari ad Harvard, uno studente laureato ha proposto un sistema intelligente per fare esattamente questo (voglio che lo studente resti anonimo. Nel caso in cui egli voglia eventualmente fare carriera come banchiere centrale, avere il suo nome associato a questa idea, probabilmente non sarà di aiuto).
Immaginate che la Fed dovesse annunciare che, ad un anno da oggi, si tiri fuori da un cappello una cifra da zero a nove. Tutte le banconote con un numero di serie che finiscono con questa cifra, non sarebbe più corso legale. Improvvisamente, il rendimento atteso relativo al detenere moneta diventerebbe del 10% negativo.
Tale mossa libererebbe la Fed dal tagliare i tassi di interesse sotto zero. La gente sarebbe felice di prestare denaro al tasso negativo del 3%, dato che perdere il 3% è meglio che perdere il 10%.
Naturalmente, alcune persone potrebbero decidere che, a tali tassi, sarebbe meglio spendere il denaro – per esempio, acquistando un’auto nuova. Ma proprio perché l’espansione della domanda aggregata è l’obiettivo di ridurre il tasso di interesse, questo incentivo non è un difetto ma un vantaggio.
L’idea di fare soldi attraverso un rendimento negativo non è del tutto nuova. Nel tardo 19° secolo, l’economista tedesco Silvio Gesell teorizzò una tassa sul possesso di denaro. Era preoccupato per il fatto che in periodi di crisi finanziaria, le persone accumulano denaro, piuttosto che darlo in prestito. Nelle sue opere, John Maynard Keynes (3) citò con approvazione l’idea di una tassa sul possesso di denaro. Ora nella situazione in cui le banche detengono un notevole eccesso di riserve, la preoccupazione di Gesell per l’accumulo di denaro improvvisamente sembra molto moderna.
Se tutto questo sembra troppo stravagante, c’è un modo più prosaico per ottenere tassi di interesse negativi: attraverso l’inflazione. Supponiamo che, guardando avanti, la Fed si impegni a generare un significativo tasso di inflazione. In questo caso, mentre i tassi di interesse nominali potrebbero rimanere a zero, i tassi di interesse reali – i tassi di interesse misurati in relazione al potere d’acquisto – potrebbero diventare negativi. Se le persone hanno fiducia nel fatto che esse possono rimborsare i loro prestiti a interesse zero in dollari svalutati, avrebbero un significativo incentivo a prendere soldi in prestito ed a spenderli.
L’abbraccio dell’inflazione da parte della banca centrale, sarebbe un shock per gli economisti e gli osservatori finanziari che vedono la stabilità dei prezzi come il principale obiettivo della politica monetaria. Ma ci sono cose peggiori dell’inflazione. E indovinate cosa? Le vediamo oggi. Un pò più di inflazione potrebbe essere preferibile all’aumento della disoccupazione, ad una serie di misure fiscali ed alla pila di debiti lasciati alle future generazioni.
Ben S. Bernanke (4), presidente della Fed, è la persona perfetta per questo impegno a far crescere l’inflazione. Il signor Bernanke è stato a lungo un sostenitore della necessità di tenere sotto controllo l’inflazione. In passato, i sostenitori di questa prassi, hanno sottolineato la necessità di mantenere l’inflazione sotto controllo, ma nel contesto attuale, l’obiettivo potrebbe essere, al contrario, quello di generare abbastanza inflazione al fine di garantire che il tasso di interesse reale sia sufficientemente negativo.
L’idea del tasso di interesse negativo può sembrare a molti come assurda, una elaborazione di alcuni teorici poco pratici. Forse lo è. Ma ricordiamoci questo: i primi matematici pensavano che l’idea dei numeri negativi era assurda. Oggi, questi numeri sono all’ordine del giorno. Anche ai bambini può essere insegnato che alcuni problemi (ad esempio, 2x + 6 = 0) non hanno alcuna soluzione se non si è pronti a richiamare i numeri negativi.
Forse la soluzione di alcuni problemi economici richiede lo stesso trucco.
Note:
(1) N. Gregory Mankiw è professore di economia all’Università di Harvard. E’ stato un consigliere del Presidente George W. Bush.
(2) Vedi link: http://topics.nytimes.com/top/reference/timestopics/organizations/f/federal_reserve_system/index.html?inline=nyt-org
(3) Vedi link:
http://topics.nytimes.com/top/reference/timestopics/people/k/john_maynard_keynes/index.html?inline=nyt-per
(4) Vedi link:
http://topics.nytimes.com/top/reference/timestopics/people/b/ben_s_bernanke/index.html?inline=nyt-per