La stesura dell’emendamento, insomma, fu affidata a uomini di fiducia del premier e non, come ha lasciato intendere Renzi, al senatore Baretta. E il problema, come abbiamo detto, è allungare la banchina del porto di Taranto per consentire l’approdo delle petroliere destinate all’esportazione. L’emendamento può apparire in teoria una norma di carattere generale, in realtà è cucito su misura per le esigenze di Shell e Total, che, dopo gli interventi diplomatici, iniziano a frequentare gli uffici di Palazzo Chigi. Prendendo visione, di volta in volta, dei passaggi relativi alla stesura della norma. E non solo. Tra l’ufficio del Mise guidato dal ministro Guidi e lo staff allestito da Palazzo Chigi, tra gli esperti della Boschi e i rappresentanti delle compagnie petrolifere, intercorrono molte email, che lasciano trasparire una costante preoccupazione di Shell e Total. Una preoccupazione che in quei giorni Renzi non può sopportare: “Le compagnie temevano che le due parrocchie, ovvero gli staff dei due ministeri, non si mettessero d’accordo come avrebbero dovuto”, continua la nostra fonte.
Anche lo staff del ministro Maria Elena Boschi – che, ricordiamo, ha dichiarato di non saper nulla degli affari di Gemelli e del suo rapporto con la Guidi – partecipa, prendendone visione nella sua continua evoluzione, alla stesura dell’emendamento che esautorerà le autonomie locali pugliesi e tarantine dalla questione esportazione. La stessa Boschi, spiega la nostra fonte, riceverà più volte nei suoi uffici i rappresentanti di Shell e Total. Il vero raccordo, però, è quello tra Lotti e Manzione, che devono tradurre in norma i desiderata delle due compagnie. Questa volta, però, non sono e compagnie petrolifere – come spesso accade – a redarre la bozza di norma che serve ai loro scopi. No, è proprio il premier che ha a cuore la realizzazione del progetto che interessa a Shell e Total e che, in realtà, non comporta alcun vantaggio per l’Italia, visto che non coinvolge l’Eni, non serve al consumo interno di greggio, bensì soltanto all’esportazione.
Il vero problema, però, Renzi ce l’ha all’interno del suo stesso partito. L’idea del premier mette in moto una faida, all’interno del Pd, che si spacca in tre fazioni. Da un lato il governatore lucanoMarcello Pittella, dall’altro Emiliano, infine la corazzata Renzi-Lotti-Boschi. Dinanzi alle compagnie petrolifere e alla diplomazia internazionale va in scena un vero disastro politico. E Renzi deve dare una prova di forza. Deve piegare Pittella e soprattutto Emiliano. Lo staff della Boschi prende in carico la questione. Bisogna assolutamente inserire l’emendamento, che ha già saltato l’occasione del decreto Sblocca Italia, nella legge di stabilità. E così accade. Per la gioia del compagno della Guidi che, sfruttando il nome del ministro, nel frattempo, riesce a ingraziarsi la Total e a incassare un subappalto, nella Lucania della Tempa Rossa, da ben 2,5 milioni di euro.
Da il Fatto Quotidiano di domenica 3 aprile 2016