
La Germania conierà una moneta da 5 euro, avente corso legale all’interno dei confini tedeschi. A differenza di quanto riportano Repubblica o il Corriere dalla Sera questa è la prima volta che una banca centrale nazionale, in questo caso la Bundesbank, emette un nuovo taglio con un valore intrinseco reale negli scambi commerciali in tale ingente quantità: ben 2,5 milioni. Non si tratta di un prodotto per collezionisti: siamo di fronte ad una monetina Euro a tutti gli effetti. L’interpretazione della normativa europea relativa al conio e all’emissione di monete commemorative, pur essendo alquanto complicata, colloca la Germania in una posizione perlomeno discutibile. Il regolamento n. 975/98 distingue esplicitamente le monete “destinate alla circolazione” da quelle “commemorative”. Quest’ultime, sempre per il regolamento sopra citato, se <<destinate alla circolazione […] commemorano unicamente eventi della massima rilevanza nazionale o europea>>, condizione necessaria non rispettata dall’emissione di 2,5 mln pezzi da parte della Germania apparentemente avvenuta senza una reale motivazione. Il regolamento non si ferma qui: esso detta inequivocabilmente come <<Le monete commemorative in euro destinate alla circolazione hanno unicamente valore nominale di 2 euro>>. Al di là di ogni campanilismo è lecito interrogarsi sulla legittimità del novello conio “alla tedesca”, soprattutto data la quantità di monete emesse, misurata in termini milionari, nonché l’inconsueto valore di 5 euro.
Questa nuova notizia che arriva dalla Germania porta però con sé aspetti psicologici che rischiano di passare in secondo piano. La creazione di un nuovo taglio di monete dal valore superiore rispetto a quello massimo di 2 euro è un implicito incentivo alla domanda interna. La percezione del valore di 5 euro varia enormemente nel momento in cui esso si palesa sotto forma di banconota oppure di moneta metallica. La moneta viene automaticamente associata dalla nostra mente ad un mezzo di pagamento dal valore inferiore a quello della banconota: il desiderio di sbarazzarsene è perpetuamente impellente. Con l’emissione di “metallo” più pesante si inibisce la resistenza del consumatore rispetto alla spesa, incentivando sostanzialmente a costo zero la domanda interna. Tale potere esoterico è noto da diverso tempo. Il 4 febbraio 2003 venne inoltrata dal Parlamento Europeo una richiesta “alla Commissione europea e alla Banca Centrale Europea di preparare uno studio di fattibilità nell’ipotesi di introduzione delle banconote da 1 e 2 Euro”. Tra le motivazioni riportate dai firmatari si legge “[…] quasi ogni giorno sulla stampa europea viene riportata la comune sensazione che l’introduzione dell’Euro in monete e banconote abbia portato un aumento dell’inflazione” nonché successivamente anche “che in tutti gli Stati tranne due, prima dell’introduzione della moneta unica il taglio di banconota minimo aveva un valore inferiore ai 5 Euro”. Essendo le (allora) nuove banconote dal taglio minimo di valore superiore rispetto a quelle che in quasi tutti gli Stati erano precedentemente di corso legale si è generata una sensazione di aumento dell’inflazione: la percezione di aver perso potere d’acquisto per via del proliferare delle monete metalliche. Anche l’allora ministro Giulio Tremonti, nell’agosto 2002, dichiarava: “Alla moneta si tende a non dare valore, alla banconota sì – ha detto – cercherò di convincere l’Europa a fare l’euro di carta, così come c’è il dollaro di carta. Lo proporremo, speriamo che ci ascoltino”. La storia non si rivelerà clemente con la sua proposta, ma dà comunque corpo al potere psicologico implicito dell’atto del conio tedesco.
Il fatto che sia accaduto in Germania, poi, non è un caso. Lo Stato teutonico attua da parecchi anni una politica economica mercantilistica, improntata alla svalutazione salariale e alla repressione della domanda interna con l’intento finale di spingere fino in fondo il pedale delle esportazioni. Il risultato è la paradossale richiesta ai teutonici di “aumentare la spesa pubblica, stimolare la domanda e ridurre il suo eccessivo surplus commerciale, che sta danneggiando i suoi vicini europei”, esposta nel 2014 dal commissario europeo Laszlo Andor. Non bisogna dimenticarsi, infatti, di come i tedeschi stiano violando senza soluzione di continuità il parametro del 6% relativamente al surplus commerciale, trasformando l’Europa in un’Unione con un solo esportatore netto e tanti importatori netti, soprattutto gli Stati periferici. Possiamo considerare perciò il conio di una moneta da 5 euro un timido tentativo di stimolare la domanda interna? Lo scopriremo solo vivendo: sicuramente possiamo definirla una mossa alquanto inconsueta, nonché discutibile.