Fino a 20 anni di rate (con interessi) per chi vuole andarci prima
Analizzando quanto illustrato dal governo, in realtà chi sceglierà di lasciare il lavoro prima del tempo avrà una penalizzazione sull’assegno pensionistico. Nannicini sottolinea che non si tratta di una “penalizzazione previdenziale” ma comunque la rata di ammortamento, ovvero la rata che si dovrà restituire a banche, assicurazioni o fondi pensioni che presteranno al lavoratore i soldi per andare in pensione con tre anni di anticipo, sarà essa stessa una penalizzazione. Che potrà arrivare a incidere sull’assegno pensionistico fino al 15% del totale. Su un assegno da 1.500 euro al mese, ad esempio, la decurtazione per venti anni sarebbe di 225 euro. Un taglio che non sarà uguale per tutti però, perché degli sgravi fiscali potranno far aumentare l’assegno ad esempio al disoccupato di lunga durata o a chi ha redditi bassi, riducendolo invece per “chi sceglie individualmente” e per motivi personale di andare in pensione in anticipo. Questo meccanismo delle detrazioni, ha spiegato Nannicini, avrà una fase sperimentale di tre anni per i nati dal 1951 al 1955.
Come funzionerà nel concreto l’Ape? Mario, che ha 63 anni, potrà richiedere di andare subito in pensione, fino a tre anni di anticipo, accendendo un prestito, erogato da banche, assicurazioni e fondi pensioni e garantito dall’Inps. Un prestito da restituire in 20 anni con rate (comprensive di capitale e interessi) che potranno arrivare fino al 15% dell’assegno pensionistico: dovrebbe essere la stessa Inps a trattenere i soldi dall’assegno e girarli poi agli istituti. Se Mario avrà scelto volontariamente per motivi personali di abbandonare il lavoro, probabilmente avrà un assegno per 20 anni decurtato del 15%. Se invece è un disoccupato di lungo corso, o con un reddito basso avrà accesso a detrazioni fiscali che porteranno al quasi azzeramento della decurtazione.
L’anticipo pensionistico sarà gestito dall’Inps cui – nell’ipotesi di Palazzo Chigi – spetterà l’onere di creare il rapporto con gli enti finanziari che erogheranno l’anticipo netto della pensione ai lavoratori che certificheranno la richiesta di pensionamento anticipato. Se altre misure sulla flessibilità in uscita sarebbero costate 10 miliardi, ha spiegato Nannicini, l’Ape permetterà al governo di dare una risposta a sindacati e lavoratori spendendo meno di un decimo delle risorse. Visto che i soldi ce li metteranno banche e fondi pensioni.
La proposta dell’esecutivo è adesso al vaglio dei sindacati in vista dei prossimi incontro del 23, 28 e 30 giugno con i rappresentati dei lavoratori che aspettano di capire nel dettaglio come il governo formalizzerà la proposta. Le prime valutazioni sono però positive: “C’è una disponibilità del governo nell’entrare nel merito di alcuni aspetti – ha detto Camusso – Il governo è più avanti sul tema delle pensioni che su quello del lavoro. Abbiamo due osservazioni: abbiamo bisogno di una visione di insieme, e abbiamo ribadito che il nostro obiettivo è andare a una modifica della legge Fornero. Non possiamo trascurare che ci siano delle novità positive, ovvero il fatto che non ci siano penalizzazioni, ma è ancora troppo poco per dire che siamo in una fase di conclusione delle nostre valutazioni. Speriamo che il confronto continui e produca dei risultati”.