A luglio 2015 Paola Clemente, una bracciante di 49 anni di San Giorgio Jonico muore nei campi di Andria. Il marito denuncia l’accaduto e in questi giorni 6 persone sono state arrestate dopo che è emersa la situazione di sfruttamento subita dalle braccianti. Non per responsabilità diretta rispetto alla morte di Paola. Sono evidenti comunque gli effetti della legge sul caporalato, mentre la realtà delle nostre campagne fa riflettere: si muore ancora di lavoro.
“Bracciante” sembra una parola uscita da un romanzo dell’Ottocento, eppure moltissime persone, non soltanto immigrati che cercano fortuna in Italia come vorrebbero gli stereotipi, svolgono proprio questo mestiere, sotto il sole cocente, per pochi euro all’ora.
Dobbiamo chiarire che è in corso ancora un’inchiesta per capire se Paola Clemente sia morta per il troppo lavoro in condizioni estreme. Dalle indagini e dalle parole di molti lavoratori è emerso uno scenario che non fa onore al nostro Paese: oltre 600 braccianti, spesso donne con l’ansia di dover mantenere i propri figli, senza lavoro, o ex dipendenti Ilva, oggetto di sfruttamento in quella zona.
Tecnicamente, quanto inserito in busta paga non corrispondeva con quanto percepito dal lavoratore, a cui entrava in tasca fino al 30% in meno rispetto alle cifre ufficiali dichiarate dalle agenzie interinali. Ma il dramma è umano: persone che hanno lavorato anche 12 ore al giorno, la notte, caricate su pullman per arrivare ai campi.
Per questo (e sottolineiamo ancora che è in corso l’indagine per accertare le cause della morte di Paola) – come si legge sui maggiori quotidiani italiani – in manette sono finiti Ciro Grassi, titolare dell’azienda che in pullman trasportava le braccianti ad Andria; il direttore dell’agenzia Inforgroup di Noicattaro, Pietro Bello, per cui lavorava Paola; il ragioniere Giampietro Marinaro e il collega Oronzo Catacchio, ma anche le sorelle Maria Lucia e Giovanna Marinaro, (moglie e cognata di Ciro Grassi) per aver indicato orari di lavoro falsi e approfittare di indennità previdenziali gonfiate; Giovanna peraltro era capo-squadra nei campi, quindi conosceva benissimo la situazione.
Naturalmente, quando le braccianti si lamentavano di aver percepito meno denaro di quanto pattuito si sbatteva loro in faccia l’inesistenza di un’alternativa: o così o nulla. E in una zona in cui trovare un altro lavoro è quasi impossibile, naturalmente, la minaccia di perderlo le costringeva a sopportare. Fino alla morte? Paola Clemente è deceduta per una “sindrome coronarica acuta”, un infarto. Era affetta da ipertensione e cardiopatia, ma nessuno l’aveva sottoposta ad una visita medica. Se è morta di troppo lavoro anche per la legge, lo sapremo dopo la fine dell’inchiesta.
Anna Tita Gallo