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Questo è Cefis 8
Nuovi fasti del ribaltatore
di Giorgio Steimetz

Dopo aver passato al nostro modesto ciclostile (non disponendo di mistiche e sinistre sovvenzioni di cui gode “Il Manifesto”, che di soldi ne ha tanti da rischiare le spese giudiziarie denunciando i detrattori come noi) il servizio speciale in sei puntate sulla “PetrolCefis S.p.A.”, abbiamo sfogliato ogni giorno i fogli quotidiani nella speranza d’una ripresa anche incidentale e magari (ipotesi più probabile e meno felice) l’eco di qualche richiamo o querela per diffamazione.
Non meritavamo né l’una né l’altra, né attenzione né reazione. Che sia in ballo la presunzione di chi ha scritto o l’asservimento di chi ha pur letto, resta da vedere. Pazienza comunque. Il che non significa che il capitolo (ENI-Cefis) sia chiuso, almeno da parte nostra; tant’è vero che a tenerlo di attualità, contro ogni interesse, pubblico o privato, restiamo impegnati, scodellando le risorse di ricerca, documentazione e commento di cui la nostra agenzia di stampa senza possedere mecenati nemmeno da operetta alle spalle continua a disporre.
Questa volta ci limitiamo a segnalare qualche voce circolante, della quale non ci assumiamo alcuna responsabilità, avendo semplicemente registrato; mentre attingendo alla fonte, alle severe scritture dei pubblici registri, non avremo alcuna necessità di dichiararci estranei alla cosa. In altre parole, per evitare d’essere (dolorosamente) fraintesi: le voci rimangono voci e si riferiscono a titolo di cronaca; i referti sono invece controllabilissimi.
Riferiamo dunque, per sentito dire (con tutti i margini di verosimiglianza, di aderenza, di piena corrispondenza che l’inciso conserva), che l’ultimo bilancio ENI è stato oggetto di contestazione: all’interno, ovviamente, e per parte di un sindaco o revisore dei conti, il quale avrebbe mosso tre sostanziali rilievi al bilancio stesso. Primo: i grossi passivi, magari non evidenziati, di cui non è chiara la copertura e la definizione. Secondo: eccezioni sulla voce propaganda che ammonta ad oltre quattro miliardi, ma con ben duecento milioni per studi e ricerche di natura non bene precisate e, sembra, neppure garantiti dalle relative pezze giustificative. Terzo: voci di bilancio gonfiate, ossia viziate di populismo amministrativo perché tutto appaia, Madama la Marchesa, perfettamente e socialmente ordinato.
Tale fuga registrata non specifica né identifica l’autore della contestazione; se sia, cioè, Tarzini, o Marnetto, o Giocoli, o Tornaghi, o Mucci; limitandoci ad aggiungere che l’assemblea, già fissata per il 26 aprile, è stata rinviata poi al 30 dello stesso mese e infine sine die, in attesa di tutte le firme necessarie perché il bilancio risulti valido all’esame successivo dell’Assemblea.
Che qualcosa si stia muovendo all’interno del pachiderma di Stato? Si dice che rumori molesti si alzino nel seno delle varie Società del Gruppo; che il trasferimento di Cefis alla Montedison sia stato uno choc, con lo smarrimento e le paure della circostanza, con il trauma conseguente al cambio della guardia. Registrazione di voci, ripetiamo. Potrebbe non esser vero niente. Potrebbe essere pienamente autentico, con qualche nota in più. Naturalmente non si conducono le inchieste con i burburigmi di corridoio.
I prossimi giorni ci diranno se la burrasca è davvero passata, se ha lasciato tracce alluvionali o ha contribuito invece a rendere sempre più nitido l’orizzonte. Del resto, anche se non fosse successo nulla, i metodi di discussione applicati ai bilanci dell’ENI esigono grande comprensione e credito quasi illimitato nei revisori perché sia giustificabile qualche riserva, anche appianata bonariamente con dettagliate spiegazioni e rimandi alla serietà dei criteri di gestione dell’ente.
Un altro fatto invece riportiamo, non ancorato a voci tendenziose o a dei rumori stagionali. Esso rientra nelle attività di sottobosco che evidenziano l’apporto dell’ex Presidente dell’ENI, il taumaturgo della Provvidenza economica, come l’ha definito, con lirismo analogico, l’euforico e stranamente disteso Ministro on. Piccoli il giorno stesso del famoso discorso della corona per l’investitura alla Montedison dell’invitto ex colonnello dell’oro nero. Effettivamente alla Montedison c’è bisogno di ribaltare parecchio; e conoscendo le simpatie attitudinarie del dott. Cefis per ogni sorta di ribaltamento, in un certo ordine di cose è da attendersi appunto che muoverà le acque in seno al nuovo fronte d’azione al quale l’han destinato i Numi dell’Italia democratica. A modo suo, ribalterà il ribaltabile.
Delle immobiliari intestate da Cefis a qualche graziosa testa di turco segretaria privata o parentado in genere abbiamo diffusamente parlato su queste pagine. È giocoforza mascherare le attività sussidiarie (e sussidiate), arricchendo benevolmente il personale alle dipendenze, donando insomma a sé e agli altri.
Il Comune di Milano non ha precisato per gli anni passati, almeno l’imponibile di Eugenio Cefis agli effetti della imposta di famiglia, certamente esigua per un uomo che di suo non ha molto, salvo gli ex-voto e lo stipendio di funzionario. Di questo passo, la sua eventuale iscrizione all’elenco dei poveri non sarebbe una goffa battuta di spirito, tanto che lo stesso Ministro delle Finanze sembra prenderla sul serio, almeno badando al suo silenzio fiscale dal quale l’avevamo pregato di uscire: per difendere un galantuomo, se occorreva, o per dar ragione ad altri galantuomini, visto che ce n’è bisogno.
Ad ogni modo abbiamo voluto procedere per conto nostro, usando la tecnica di routine, come sprovveduti ma non del tutto digiuni Maigret di provincia. Mestiere, tutto sommato, interessante; a volte addirittura divertente, quello di sceverare dai severi libri ufficiali, dai pubblici registri notizie e deduzioni altamente istruttive.
Non ci ripeteremo soltanto il nostro parere in merito alla trovata di Eugenio di accasare le società di cui lui, e lui solo, è proprietario. È una strada francamente poco raccomandabile questa, di periferia, per un Cavaliere del Lavoro, al quale dovrebbero risultare familiari e consoni i viali del centro alla luce del sole. Invece Cefis preferisce la nebbia e i viottoli, dove si può agevolmente passare per proletari a spasso, per mediatori di granaglie in sopralluogo, per distratti piccolo-borghesi in pensione. Ne abbiamo parlato, forse sino alla noia.
Rileviamo ora invece le nostre penultime sicuramente scoperte, altre immobiliari scaricate sulle robuste spalle della gentile signora addetta alla segreteria del nostro impareggiabile manovratore.
Ecco la ” S.I.M. ” Società Immobiliare Milano – a responsabilità limitata, costituita dal notaio di Famiglia Neri, con un capitale di sole novecentomilalire. Ecco l’altra s.r.l. “Immobiliare Centro Sud” con appena cinquantamilalire di capitale in più della precedente, col solito oggetto (acquisito, vendita, gestione di beni immobili).
Una serie di società che si assomigliano, l’astuzia di farla franca con la Franca, un gioco di parole che la signora Franca (Ambrogia) Micheli in Ricci vorrà perdonarci perché involontario. Nell’Ufficio privato di via Chiossetto Cefis deve trovarsi proprio bene, in una botte di ferro, sottratta agli sguardi indiscreti. Società a conduzione familiare, meglio società nella società. Eugenio Cefis è al tempo stesso, dietro le mura di quell’edificio accogliente, in mezzo ai suoi Lari economici, il principale della signora Micheli, e il dipendente, il socio.
La domanda, ingenua e infantile, è sempre la stessa: che ne dice il fisco quello spaventapasseri che l’on. Preti sbandiera fieramente nel Paese degli evasori di queste attività dilettantistiche, di questi timorati, innocui giochi di società nei quali entra in veste di cliente il padrone di casa?
La titolare è giuridicamente la signora Franca che deve avere una competenza in materia come ne abbiamo noi in lingue orientali. Con un socio di tale peso al fianco, nessun titolare nutrirebbe dubbi sulla bontà della gestione, la rispondenza contabile e l’utilità delle operazioni. La “Società Immobiliare Milano” e la “Immobiliare Centro-Sud” sono due altri episodi che vanno ad aggiungersi ai precedenti. Li segnaliamo, per dovere di cittadini, senza alcun astio di parte, senza vittimismi, senza fanatismo moralista, al signor Ministro delle Finanze per gli accertamenti che vorrà ordinare.
Non si tratta né di gravose riforme di struttura né di inutili supplementi d’indagine. Se qualcuno, pubblicamente, mi dà del ladro, ho il diritto di sapermi difeso (e chi mi accusa, di vedersi confortato o confuso) da chi tutela l’onorabilità e vigila sui doveri dei cittadini che non sono di serie A, B, C, ma giocano, nel campionato fiscale, in uno stesso girone (all’italiana). Un invito che il Ministro, preso dal mestiere di grattare le croste in fondo al barile (per rifarci ad una sua celebrata espressione), certamente troverà modo di accogliere.
L’omissione di soccorso, in ogni caso, rimane: per la verità, che si vede abbandonata persino dai samaritani del governo. Per conto nostro procederemo con i mezzi che abbiamo, accumulando barilotti di polvere avvolti in tela catramata: non è detto che si riesca a bagnare le polveri sempre e comunque. Il coraggio subentra alla stanchezza, pensiamo, alla rassegnata (e sovvenzionata)
congiura del silenzio, quando non si lascia – come nel nostro caso – intimidire da nessuno.

Questo è Cefis, pp. 100-104 (8 – continua)

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