Siamo stati tra i primi a documentarlo con vari articoli per Unimondo. Ma adesso a certificarlo sono le Nazioni Unite. Lo scorso 27 gennaio è stato infatti trasmesso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” (qui in .pdf) che dimostra il ritrovamento, a seguito di due bombardamenti a Sana’a nel settembre 2016, di più di cinque “bombe inerti” sganciate dall’aviazione saudita contrassegnate dalla sigla “Commercial and Government Entity (CAGE) Code A4447”. Quest’ultima è riconducibile all’azienda RWM Italia S.p.A. del gruppo tedesco Rheinmetall, con sede legale in via Industrale 8/D a Ghedi, in provincia di Brescia. Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, “l’utilizzo di queste armi rivela una tattica precisa, volta a limitare i danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili”. Gli esperti spiegano inoltre che “una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un impatto pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una velocità di circa 160 km all’ora” (cfr. pp. 171-2).

Confermano cioè quanto documentato già due anni fa dall’Osservatorio OPAL di Brescia e denunciato con un esposto che Rete Disarmo ha presentato in varie Procure: bombe aeree MK 82, Mk 83 e MK 84 prodotte dall’azienda RWM Italia, con sede legale a Ghedi (Brescia) che ha uno stabilimento a Domusnovas in Sardegna, sono state fornite dall’Italia all’Arabia Saudita e sono state impiegate dalla Royal Saudi Air Force per i bombardamenti in Yemen (si veda questo articolo). Tutto ciò avviene nonostante il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non abbia mai legittimato l’intervento militare in Yemen della coalizione a guida saudita. Sulla faccenda la Procura di Brescia ha aperto un’indagine per accertare se vi siano state violazioni della legge n. 185 del 1990 che regolamenta l’esportazione di sistemi militari italiani.

Gentiloni finge di non sapere

A parte qualche rara e positiva eccezione, la documentazione dell’Onu non è stata riportata dagli organi di informazione italiani che continuano a parlare della guerra in Yemen come di un “conflitto dimenticato”. L’informazione nazionale, infatti, solo in qualche raro caso (tra cui i rilevati servizi della trasmissione “Le Iene“) ha dato notizia dei bombardamenti sauditi sulle zone abitate da civili, in particolare quando vi è stato un consistente numero di morti o sono stati bombardati ospedali. I media nazionali hanno però spesso omesso di segnalare che molti dei raid aerei effettuati dai sauditi sono condotti con la tecnica del “double tap” che mira non solo a distruggere gli obiettivi, ma anche di uccidere i soccorritori. Ma, soprattutto, i nostri organi di stampa – tranne qualche rara eccezione – riescono puntualmente a “dimenticare” di informare gli italiani che tra le bombe sganciate dai sauditi in Yemen vi sono anche quelle fabbricate dalla RWM Italia a Domusnovas in Sardegna ed esportate con il beneplacito dei governi Renzi e Gentiloni.

L’attuale presidente del Consiglio, quando era ancora il titolare della Farnesina, aveva risposto in modo pilatesco ad un’interrogazione parlamentare che aveva chiesto spiegazioni proprio in merito al ritrovamento in Yemen di bombe sganciate su obiettivi civili dalla coalizione saudita. «L’Arabia Saudita – aveva detto Gentiloni – non è oggetto di alcuna forma di embargo, sanzione o restrizione internazionale nel settore delle vendite di armamenti». Aggiungendo che «Naturalmente, ove in sede Nazioni Unite o Unione europea fossero accertate eventuali violazioni, l’Italia si adeguerebbe immediatamente a prescrizioni o divieti». Una dichiarazione di sapore nobiliare. E non potrebbe essere altrimenti considerata la discendenza del conte Paolo Gentiloni Silveri dai nobili di Filottrano, Cingoli e Macerata.

Adesso le violazioni sono accertate dalle Nazioni Unite, ma il presidente del Consiglio sembra non esserne al corrente: nelle scorse settimane è stato dato il via libera all’ennesima fornitura di bombe imbarcate su una nave cargo al porto di Cagliari con destinazione Jedda, Arabia Saudita. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio OPAL e dalla Rete Disarmo, lo scorso anno dall’Italia sono state inviate all’Arabia Saudita bombe e munizionamento militare per un valore complessivo di oltre 40 milioni di euro, in crescita rispetto ai 37,6 milioni di euro del 2015. Le spedizioni sono state tutte effettuate dalla provincia di Cagliari e sono riconducibili alla RWM Italia, azienda del gruppo tedesco Rheinmetall.

Alfano lo sa, ma non risponde

Chissà se il nuovo titolare della Farnesina, il ministro Angelino Alfano, si dimostrerà un po’ meno altezzoso del suo predecessore. Finora non ha risposto alla lettera che la sezione italiana di Amnesty International insieme alla Rete per il Disarmo e ad un ampio gruppo di associazioni hanno inviato per chiedere di bloccare le forniture di bombe e armamenti alla coalizione saudita.

“In Yemen si sta consumando una guerra di cui nessuno parla, che finora ha distrutto la vita di migliaia di civili e provocato un disastro umanitario che vede oggi oltre 3 milioni di persone senza alcun rifugio e 2 milioni di bambini che non possono andare a scuola” – ha affermato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia. “Nonostante questo, il Governo italiano sta continuando ad autorizzare la fornitura di armi all’Arabia Saudita, violando, a nostro avviso, il diritto nazionale ed internazionale e contribuendo al perpetuarsi delle violenze. E’ ora di porre fine a queste vendite”.

Come ha documentato il rapporto degli esperti dell’Onu “I bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita hanno devastato le infrastrutture civili in Yemen, ma non sono riuscite a scalfire la volontà politica dell’alleanza Houthi-Saleh a continuare il conflitto”.  Ad oggi infatti – come riportano diverse fonti – ad avvantaggiarsi del conflitto in Yemen sono soprattutto i gruppi collegati ad Al Qaeda. Gli esperti dell’Onu riportano un’altra informazione che non dovrebbe lasciare indifferenti i governi che stanno fornendo armamenti alle forze militari della coalizione a guida saudita.  “Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale”. (p. 3)

Aiuti allo Yemen per lavarsi la coscienza

Alfano, a differenza del suo predecessore sembra almeno essere informato del fatto che in Yemen vi sia un conflitto. Ha infatti avvisato i turisti italiani attraverso il sito ViaggiareSicuri.it”, promosso dall’Unità di crisi del Ministero degli Esteri, che “Il 26 marzo 2015 una coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha iniziato le operazioni militari contro gli Houthi. Il conflitto è ancora in corso e coinvolge un gran numero di governatorati dello Yemen. Il protrarsi del conflitto ha causato un gravissimo deterioramento della situazione umanitaria nel Paese”. Il sito avvisa quindi che “È’ assolutamente sconsigliato, in questo particolare momento, recarsi in Yemen ed effettuare viaggi in tutto il Paese”.

Non solo. La Farnesina ha destinato nei mesi scorsi circa 4 milioni di euro della cooperazione allo sviluppo. Il primo, lo scorso febbraio, per “interventi per l’infanzia e per la prevenzione della violenza sulle donne”, mentre il secondo, definito qualche settimana fa, è stato destinato alle attività di distribuzione di cibo e per assicurare assistenza nel settore della salute e supporto agli ospedali in Yemen. Quegli stessi ospedali e strutture sanitarie che vengono bombardati anche con bombe italiane. Sulle quali, la Farnesina continua a tacere.

Giorgio Beretta
giorgio.beretta@unimondo.org

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