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Il differenziale Btp-Bund da ormai quattro mesi è sopra i 400 punti (oggi quota a 426 punti base) forse aspettando di vedere cosa ha in serbo il numero uno della Bce, Mario Draghi, per fronteggiare la crisi. Il buon andamento delle aste di titoli di Stato e la promessa di interventi da parte della Bce, infatti, non sono bastati per riportare lo spread a livelli sostenibili.
Del resto molti ritengono che tali rendimenti siano ingiustificati. Oggi è Bankitalia a ribadirlo. In uno studio elaborato da via Nazionale è emerso che le dinamiche macroeconomiche e fiscali dell’Italia non giustificano il forte incremento dello spread registrato a partire dall’estate 2011 che, sulla base dei relativi dati, dovrebbe collocarsi a quota 200 punti.
Il numero 128 della collana “Questioni di Economia e Finanza”, intitolato “Recent estimates of sovereign risk premia for euro-area countries” analizza i fattori che determinano il livello dei tassi di interesse sui titoli di Stato, focalizzandosi sul forte aumento dei premi per il rischio sovrano che ha recentemente interessato alcuni paesi dell’area dell’euro, tra cui l’Italia.
Lo scopo principale è comprendere se l’elevato livello del premio per il rischio attualmente richiesto dagli investitori trovi giustificazione negli andamenti macroeconomici e fiscali dei singoli paesi dell’area. L’elaborazione mostra che la dinamica delle determinanti macroeconomiche e fiscali fondamentali (crescita economica, condizioni fiscali, rischi finanziari) a partire dall’estate del 2011 non sarebbe sufficiente a giustificare il forte incremento dei premi per il rischio occorso in alcuni Paesi, tra cui l’Italia.
Vari modelli indicano infatti che, sulla base dell’andamento dei fondamentali economici del Paese, il premio per il rischio sulla scadenza dei dieci anni, misurato dal differenziale di rendimento fra il Btp decennale e il corrispondente Bund tedesco (il cosiddetto spread), dovrebbe collocarsi su valori dell’ordine dei 200 punti base (contro un livello di circa 450 punti base nella media di giugno del 2012).
Sono quindi ampie le differenze tra gli spread stimati e quelli correnti si riscontrano anche per scadenze più brevi (180 punti base contro 410 sulla scadenza a due anni e 270 punti base contro 490 su quella a cinque anni). Una parte significativa dello spread, a detta dei tecnici di Bankitalia, è spiegata dal forte calo del rendimento del Bund tedesco, che ha beneficiato di ingenti flussi di acquisti legati alla ricerca di attività ritenute più sicure da parte degli investitori.
Il lavoro argomenta inoltre che il recente andamento dello spread è in larga parte riconducibile a fenomeni di contagio non legati alle condizioni di fondo del Paese. L’allargamento del differenziale avrebbe quindi riflesso, in particolare, l’emergere tra gli investitori di timori sulla solidità dell’Unione monetaria. L’affiorare della percezione di un rischio di reversibilità dell’euro contribuisce inoltre a spiegare l’incremento dei tassi d’interesse nei Paesi più esposti alle tensioni e il sensibile calo dei tassi nei Paesi considerati più solidi.