di Vittorio Malagutti – 23 agosto 2011
Da mesi dietro le quinte si stanno muovendo emissari dei governi che hanno sostenuto la guerra. L’Italia con l’Eni parte favorita, ma dovrà fronteggiare il pressing delle altre potenze occidentali. La produzione di greggio, comunque, non potrà ripartire prima di un paio d’anni

“La Libia è un importante produttore di petrolio anche se non tra i primissimi al mondo. Comunque la sua produzione, prima dell’inizio delle ostilità, valeva circa un milione 600 mila barili al giorno, che corrisponde a circa il 2% della produzione mondiale. Importante, però, la Libia lo è soprattutto per l’Italia, infatti il petrolio libico vale oltre il 20% del fabbisogno nazionale. E’ evidente che a causa della guerra la produzione è stata pressoché sospesa in tutti i campi petroliferi, al momento le stime dicono che non si produce più di 50 milama forse anche meno, barili di petrolio al giorno. Quindi è chiaro che anzitutto si tratterà di rimettere in funzione gli impianti e poi, ma forse prima ancora, capire a chi andranno le risorse petrolifere libiche, quali compagnie occidentali potranno fare accordi con le compagnie di Stato di Tripoli.”
L’Italia avrà una fetta della torta? Con l’avvento del nuovo governo, saranno mantenuti gli accordi commerciali assunti con le nostre imprese?
“Questa è la domanda a cui tutti vorrebbero dare risposta. In questo momento non c’è chiarezza anzitutto su quanto ancora potrà durare la battaglia. Abbiamo visto questa mattina le ultime notizie su Gheddafi, si stanno svolgendo combattimenti duri all’interno di Tripoli. In secondo luogo, si tratterà di capire quali saranno gli equilibri all’interno del nuovo governo libico che è diviso in fazioni, in tribù e a prima vista non sarà molto facile trovare la mediazione e formare un governo vero e proprio. E’ evidente che tutte le potenze occidentali che in questi mesi hanno a vario titolo e a vario modo sostenuto le operazioni belliche si stanno muovendo. Non è casuale che il leader della coalizione anti Gheddafi Jibril nelle prossime ore sarà a Parigi per incontrare il presidente Sarkozy, ma dietro le quinte già da mesi si stanno muovendo emissari dei governi. L’Italia conl’Eni controlla un importante campo petrolifero off shore a circa 100 km da Tripoli con una produzione che vale circa 280 mila barili di petrolio al giorno che ne fanno, assieme agli spagnoli di Repsol il più importante operatore straniero. E’ evidente che in questo caso Italia e Spagna partono favorite perché hanno già dei rapporti, nel caso dell’Italia addirittura secolari, con la Libia. Si tratta però di verificare se sapranno mantenere questi rapporti, quale sarà la politica che farà il nuovo governo e soprattutto se Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti non sapranno avvantaggiarsi del ruolo dominante che hanno avuto in questa guerra contro Gheddafi. Ricordiamo che gli Stati Uniti hanno già un paio di compagnie che hanno delle joint venture con compagnie di Stato libiche, quindi malgrado gli odi, le tempeste del passato, sono già presenti in Libia, e che la Francia sta facendo un pressing diplomatico molto forte. Persino la Germania che è stata l’unico Paese importante dell’Occidente a chiamarsi fuori completamente dalla guerra in queste ore si sta muovendo. E’ ancora molto difficile capire cosa potrà succedere nei prossimi mesi di fronte al pressing di tutti i governi occidentali. Certo è che per l’Italia sarà fondamentale, importantissimo riuscire a salvaguardare gli interessi che già si avevano nel paese con l’Eni e magari riuscire a spuntare delle nuove concessioni, dei nuovi accordi, negli altri campi petroliferi che ci sono nel paese.”
Quanto tempo ci vorrà per riavere l’oro nero dalla Libia? Sono credibili le stime di molti analisti che parlano di una graduale ripresa in vista di un cambio stabile di regime per riportarsi nel 2012 ad almeno il 50% del livello ante guerra e al 100% nel 2013?
“Gli analisti in effetti sono piuttosto divisi tra di loro. Ci sono ad esempio alcuni manager anche dell’Eni che parlano addirittura di pochi mesi per riprendere in buona parte la produzione. Altri invece, prendendo il caso passato dell’Iraq, parlano addirittura di un paio di anni prima di riprendere a pieno regime la produzione di petrolio. Certo molto dipenderà dai possibili danni prodotti agli impianti dalle operazioni belliche. Ad esempio, gli impianti che ci sono nella zona est del paese, quella che sin dall’inizio è stata sotto il controllo dei rivoltosi, dovrebbero essere teoricamente in condizioni migliori, ma è difficile sapere qualcosa di preciso. Probabilmente, gli impianti verranno gradualmente rimessi in funzione e qui si tratta di capire appunto quali saranno rimessi in funzione prima, se quelli dell’Eni o quelli di altre compagnie. Tuttavia, prima di arrivare di nuovo alla produzione di 1 milione 600 mila barili al giorno, forse è lecito attendersi che ci vorranno almeno un anno e mezzo, due anni“