DI EMILY SPENCE
Dissident Voice
Al momento attuale, molte ricerche ambientali stanno preannunciando future carenze nelle risorse. La lista di queste è lunga e include acqua, petrolio, una varietà di minerali e metalli, così come altri materiali.
Ma ancora la maggior parte delle persone prosegue sulla propria strada come se non avesse sentito dire nulla del genere. Si rifiutano di accantonare il sogno di una crescita economica infinita.
Parte del loro problema è forse nell’incapacità di fare delle connessioni. Molti sembrano non avere alcuna idea delle conseguenze collettive dei loro comportamenti individuali.
Ad esempio, non riescono a camminare in un gigantesco Wal-Mart o un altro supermercato e vedere la distruzione ambientale e l’uso dell’energia che si nasconde dietro ogni prodotto che è sugli scaffali, e neppure che la gigantesca mole che viene resa disponibile possa creare un qualche problema.
Non riescono a guardare alle merci fatte di cotone o al cibo e immaginare le distese oceaniche di terra necessarie e l’annichilazione di una gran diversità di organismi causati dalla conduzione dell’agricoltura. Non riescono quando vanno al reparto della carta e farsi un’idea che, non considerando la moltitudine di oggetti che potrebbero esser ricavati dal legname, la carta igienica venduta negli Stati Uniti, da sola, distrugge 13 milioni di acri di foresta all’anno, insieme a tutte le forme di vita che dipendono da queste foreste.
In particolare i taglialegna, le cartiere, i camionisti trasportano materie prime e prodotti finali e i commessi dei negozi non vogliono contestualizzare questo tipo d’immagine.
Non vogliono vedere il loro ruolo all’interno del processo più di quanto non fanno le persone che, mentre si lamentano dell’impatto della sovrappopolazione sulle autostrade affollate, decidono poi di avere molti figli, che, naturalmente porteranno a un numero ancora maggiore di carta igienica acquistata in futuro.
Infatti, come gli individui che si torcevano le mani di fronte alle esplosioni delle cime montuose per l’estrazione del carbone e per lo sfruttamento delle foreste e per il massacro degli abitanti indigeni delle foreste, da parte dei teppisti stipendiati dalle compagnie petrolifere, non vogliono che gli si dica di tagliare un qualsiasi consumo, se non forse solo per la carta igienica.
Specialmente se sono appassionati dei viaggi-vacanza o se hanno visto il consumo di energia della propria abitazione schizzare in alto a causa della moltitudine di apparecchi tenuti in funzione contemporaneamente, non vogliono concepire che potrebbero essere implicati in qualcosa che ha a che fare con l’abbassamento dei loro stili di vita. Non vogliono collegare le loro abitudini al fatto che oltre il 70% dell’elettricità negli Stati Uniti è ottenuta dai combustibili fossili. Non vogliono pensare che forse la loro domanda sempre in crescita di benzina alla pompa o la loro inclinazioni per i viaggi in aereo è qualcosa di indirettamente connesso al tipo di danni che si sono visti nelle foreste amazzoniche, negli Appalachi, nel delta del Niger o nel Golfo del Messico.
E soprattutto non vogliono che gli si dica che la crescita economica non tornerà più ai livelli precedenti. Non vogliono immaginare una vita cambiata in modo drammatico nel momento in cui il petrolio terminerà, mentre il suo prezzo e tutto quello che dipende da esso continuerà a salire. Non vogliono domandarsi se il sistema economico capitalistico causerà una ancor maggiore rovina ecologica se continuerà a essere portato alle sue estreme conseguenze.
Inoltre, non vogliono considerare che forse saranno costretti a cambiare alcuni degli obbiettivi della loro esistenza e il loro stile di vita nei tempi a venire a causa di una combinazione di fattori, quali l’interruzione delle forniture energetiche, le variabili del cambiamento climatico, la diminuzione delle risorse a disposizione e la sovrappopolazione. No, al contrario vorranno aggiungere ancora delle maglie alla catena socioeconomica così da essere capaci di consumare ancora più beni e, se vogliono ardentemente fare i ricchi, può darsi che si comprino pure la seconda casa per le vacanze, uno yacht, un camper o altri tesori tanto agognati.
E ancora non riescono a pensare che forse solo due gruppi di persone ce la faranno a salvarsi in un prossimo futuro e probabilmente uno di loro non sarà la sempre meno numerosa classe media. Non vogliono comprendere che gli unici che ce la faranno potranno essere solo quelli veramente ricchi, che potranno permettersi di comprare qualsiasi cosa senza considerarne la scarsità e il relativo aumento di prezzo, e le persone all’altro lato dello spettro, che si sono semplicemente allontanate dallo status quo per formare delle comunità d’agricoltori autosufficienti, le ‘città della transizione’ e le cooperative egalitarie che saranno capaci di provvedere alla maggior parte delle necessità dei propri membri.
Invece, vogliono immaginarsi che ogni cosa nella propria vita sarà sempre più bella, come in un incantesimo. Siamo tutti insieme racchiusi in una situazione nella quale convivono sette miliardi di umani che richiedono cibo, acqua, un rifugio e tutta un’altra serie di cose mentre incrementano ancora di numero a un tasso mai raggiunto nella storia umana.
Tutti insieme, stiamo scavando e arando ogni fazzoletto di terra su cui riusciamo a mettere le mani. Stiamo setacciando e dragando ogni oceano e ogni mare dai quali possiamo succhiare le nostre richieste. Stiamo costruendo dighe su ogni corso d’acqua che possa essere controllato. Stiamo pompando e inquinando le fonti di acqua fresche di tutto il mondo a un ritmo più rapido di quanto non possano riempirsi di nuovo, esaurendo le altre risorse a nostra disposizione nella sua interezza, trasformando l’acqua degli oceani in acido, insozzando l’atmosfera, terrorizzando la terra con le miniere in profondità, facendo esplodere le montagne per estrarne il carbone e, in sostituzione, far apparire montagne di immondizia.
Simultaneamente, stiamo metodicamente sfregiando le foreste del pianeta al ritmo di un acro al secondo, distruggendo moltitudini di specie una dopo l’altra, creando le premesse per un cambiamento climatico di una grandezza che va oltre l’immaginabile e generando delle esplosioni radioattive che possono far scomparire la vita in ogni angolo della Terra. (Un titolo recente di una notizia: “I dati delle Radiazioni nel reattore di Fukushima Sono Saliti ai Massimi da quando la Crisi è Iniziata”. Immaginate l’arroganza di una specie che si rifiuta di imparare qualcosa da Hiroshima, Nagasaki, Three Mile Island e Chernobyl, visto che ancora oggi c’è il desiderio di costruire ancora altre centrali nucleari e bombe A.)
Allo stesso tempo, le nazioni stanno combattendo l’una contro l’altra per le risorse e sempre, sempre insistendo sulla necessità di un possesso ancora maggiore. In relazione a questo, la proliferazione delle voglie e dei bisogni è senza limiti.
Così domandiamo più cibo, più acqua, più materiale da costruzione per masse di persone in aumento, ancora più lavoro e, specialmente, più spazio nel quale poter circolare visto che si aggiungono 219.000 esseri umani ogni singolo giorno (otto milioni di persone l’anno) che al contempo cacciano via altre specie viventi i cui ambienti naturali vengono da noi rilevati nel processo. Nel frattempo, miliardi di persone sono immersi nella povertà fino al collo per aver le proprie regioni già oltrepassato la capacità di carico e, facendo così, spesso si portano con sé anche gli ultimi alberi rimasti, così come accadde nell’Isola di Pasqua.
A un certo punto, qualcosa dovrà pur succedere. Questo modello di distruzione rapace non può persistere in modo indefinito. E sarà così perché la gran parte delle risorse è già stata consumata in tutto il globo. Il pesce nell’oceano sta scemando e ci si aspetta che possa finire alla metà del secolo. I cambiamenti climatici hanno fatto arrivare i parassiti degli abeti e dei pini in un numero tale che si stanno divorando milioni e milioni di acri di foresta e si stanno diffondendo fino dove possono, in modo molto simile ai rivali umani.
In modo concorrente, il metano viene rilasciato dagli strati superficiali sottomarini e dal permafrost per aggiungersi alle emissioni di CO2 per l’utilizzo dei combustibili fossili estratte dai depositi sotterranei che hanno impiegato milioni di anni a formarsi, e che ne saranno andati nel corso di un brevissimo secolo. In relazione a ciò, gli effetti del cambiamento climatico che incombono saranno terrificanti e limiteranno molte aree dell’attività umana.
La ragione principale per cui tutto questo macello verrà fermato è una sola: la crescita infinita, che sia crescita economica o della popolazione, non può continuare in modo indefinito. Come ha detto l’economista Kenneth Ewart Boulding, “Chi crede che la crescita esponenziale possa andare avanti in un mondo finito o è un pazzo o è un economista.”
In modo conseguente, ci si può immagine che un disastro si sta avvicinando, uno molto peggiore dell’attuale crisi. In larga misura, siamo vicini al punto di non ritorno e, per le persone che vivono nei posti più malmessi nel caso di collasso, la disperazione, i conflitti e il caos saranno probabilmente terribili per grandezza e ferocia.
Come potrebbe non essere così quando il nostro governo e lo status quo non incoraggiano la nostra transizione verso una stabile economia di stato, con gli affari basati sugli scambi regionali e gli accordi economici basati sull’inclusione e la cooperazione invece della competizione globale? Come potranno non verificarsi guai ulteriori quando un sistema capitalistico vizioso è in attività, per il quale il massimo profitto, e non le persone e i loro bisogni, è sempre la metà che passa sopra a tutto?
Anche se auspicabile da molti punti di vista, come può uno schema alternativo essere realizzato quando si scontra con i paradigmi prevalenti e con il corporativismo delle über–élite che controllano le gigantesche compagnie transnazionali e i loro lecchini che sono al governo?
Tutto considerato, la cosa migliore da fare, a meno che uno non sia incredibilmente ricco, sarebbe andarsene a fare una girata in campagna, in senso letterale. In queste circostanze, potrebbe essere sensato trovare una nicchia tranquilla in qualche posto nel quale c’è già una comunità i cui membri hanno già le abilità necessarie, una conoscenza dei metodi di costruzione e un ambiente circostante intatto in modo da poter creare uno stile di vita il più possibile indipendente. Anche se un cambiamento del genere può sembrare duro, la scelta di non far niente di diverso potrebbe diventare sempre più problematica alla luce delle misure repressive di tipo sociale e ambientale che possiamo vedere davanti a noi.
Emily Spence è un autrice che vive in Massachusetts. Ha trascorso molti anni impegnata nelle materie dei diritti umani, delle pratiche ambientali e dei servizi sociali. Può essere contattata presso: EHSpence@aol.com.
Fonte: http://dissidentvoice.org/
Link: http://dissidentvoice.org/2011/04/the-economic-and-social-losses-on-the-way/
29.04.2011
Scelto e tradotto perwww.comedonchisciotte.org da SUPERVICE