L’Italia per il lavoro, è caduta al penultimo posto della classifiche sull’occupazione fra i 28 del Ue. Dietro c’è solo Grecia. Invece Spagna e Croazia negli ultimi due anni ci hanno superato. Quanti hanno applaudito in questi giorni per i successi del Jobs Act faranno bene a leggere le statistiche. La riforma è costata moltissimo ma ha avuto risultati modesti a conferma, casomai ve ne fosse bisogno, che lo Stato può dare tutti i contributi che vuole, può fare tutte le leggi che crede e spingere quanto può: l’occupazione parte solo se c’è la ripresa e l’Italia, a causa dell’euro, è ingessata. Con questa premessa guardiamo le cifre. Secondo Eurostat in Italia lavora il 60,5% della popolazione attiva (15-65 anni). In Grecia il 54,9%. Tutti gli altri sono davanti visto che la media della Ue è arrivata al 70,10%.
Queste cifre sono elaborate da un organismo internazionale come Eurostat e non sono offuscate dalle interpretazioni. Il risultato è una vera gelata sul Jobs Act. Il poco di spinta è venuta dalle agevolazioni fiscali che si stanno progressivamente affievolendo. Conosciamo già la replica per mettere a tacere i gufi: ci sono comunque più occupati oggi che rispetto alla fine del 2015. Sicuramente è così. Peccato che altri abbiano fatto meglio di noi tanto che l’Italia è davanti solo alla povera Grecia. Il vento europeo è girato dal 2014 e spira a favore di Renzi. Ma il governo italiano non è riuscito a cogliere la direzione. Certo non tutto può essere attribuito alle responsabilità del governo perché sicuramente hanno remato contro i difetti strutturali del Paese. Una responsabilità però svetta su tutte le altre ed è l’euro. Non a caso i Paesi che hanno creato più lavoro sono quelli che non adottano la moneta unica. Il migliore di tutti, infatti, è stato Viktor Orban, visto che la sua Ungheria è salita dalla 24° alla 16° posizione in classifica, e l’occupazione è aumentata di 5,9 punti percentuali, a un ritmo sette volte e mezzo superiore a quello dell’ Italia. Oppure Renzi può guardare alla Bulgaria (3,6 punti percentuali di crescita). Se mira ai piani alti potrebbe chiedere consiglio a David Cameron, visto che il Regno Unito è passato dal 5° al 3° posto e gli occupati sono saliti dal 74,8 al 76,9% . Ma fare un’osservazione del genere richiederebbe anche un esame di coscienza e anche il mea culpa. Troppa roba per un governo che non ammette mai di avere sbagliato.
Fonte: uneuropadiversa.it