Autore: La legge per tutti
Pignoramento
In caso di locazione dell’immobile, il creditore può agire con l’azione revocatoria ma deve dimostrare la mala fede dell’inquilino.
Uno dei metodi che alcuni debitori utilizzano per evitare il pignoramento della casa è quello di darla in affitto: si tratta, nella gran parte dei casi, di simulazioni volte solo a scoraggiare il creditore. Difatti la legge stabilisce che, se il contratto di affitto è stato registrato prima della trascrizione dell’atto di pignoramento, può essere opposto al creditore procedente. Non che, quindi, l’immobile non possa essere pignorato e venduto, ma l’inquilino non potrà essere sfrattato dal nuovo proprietario il quale, pertanto, non potrà adibire l’immobile a propria abitazione. Il che, come facilmente si può comprendere, è un notevole deterrente alla buona riuscita dell’asta: chi mai acquisterebbe un immobile sapendo che, al suo interno, c’è un soggetto che potrebbe rimanerci magari per altri otto anni o che, in caso di mancato pagamento del canone, sarebbe difficile mandare via?
Peraltro anche se il padrone di casa non riesce a dimostrare che la locazione è anteriore, l’inquilino può rimanere in casa per altri sei anni. A riguardo leggi l’approfondimento “Locazione: immobile pignorato ma dentro c’è l’inquilino”.
La legge consente al creditore una tutela: l’azione revocatoria. Egli, cioè, potrebbe dimostrare che la locazione è stata solo il frutto di un accordo fraudolento tra proprietario di casa e inquilino al solo fine di resistere ai tentativi di pignoramento dell’immobile. Senonché non sempre è facile vincere questo genere di causa e una conferma viene da una recente sentenza del Tribunale di Padova [1]. Secondo tale pronuncia, perché possa vincere l’azione revocatoria, il creditore deve dimostrare che l’inquilino era a conoscenza del pignoramento dell’immobile a lui affittato. Diversamente egli non può chiedere la nullità del contratto di locazione a suo dire “simulato”.
Il codice civile [2] stabilisce che è possibile revocare un atto a titolo oneroso (tale è l’affitto), se il terzo (l’inquilino in questo caso) era consapevole del pregiudizio arrecato con tale atto al creditore; invece, nel caso in cui l’atto sia stato stipulato prima del sorgere del credito, per la revocatoria è necessario che il terzo fosse partecipe della dolosa preordinazione.
Secondo i giudici non è necessaria quindi l’intenzione del conduttore di danneggiare il creditore, tantomeno la sua cooperazione alla frode e il suo profitto. È sufficiente che il terzo che ha compiuto l’atto sia consapevole che, in conseguenza di esso, vengono sottratte le garanzie spettanti ai creditori, sì da compromettere la realizzazione del credito.
Come è facile immaginare, la prova della consapevolezza del terzo inquilino è estremamente difficile da fornire (anche se può essere fornita con presunzioni [3]) e, spesso, le cause si concludono con il rigetto della domanda della banca. Come nel caso deciso dalla sentenza del tribunale di Padova qui in commento.
La vicenda
Una banca aveva avviato un pignoramento nei confronti di un cliente che non aveva rispettato l’obbligo di restituzione del mutuo; tuttavia quest’ultimo, dopo l’esecuzione forzata, aveva stipulato e registrato un contratto di locazione sull’immobile.
L’istituto di credito citava così in giudizio tanto il padrone di casa quanto l’inquilino il quale, a dire della banca, era a conoscenza della notifica del pignoramento al cliente moroso.
Il conduttore era riuscito a dimostrare al giudice di aver pagato, con bonifico bancario, prima della notifica del precetto, i canoni di tutto il periodo di durata del contratto di locazione, contratto che era stato però registrato dopo la notifica del predetto precetto.
La domanda della banca è stata rigettata per difetto di prova, non essendo riuscita a dimostrare il sospetto che il contratto di locazione fosse simulato, ossia concluso per ostacolare l’esecuzione forzata né che il conduttore fosse a conoscenza del pignoramento dell’immobile e che, ciò nonostante, avesse stipulato, in modo fraudolento, il contratto con il locatore.
LA SENTENZA
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[1] Trib. Padova, sent. n. 93/2016.
[2] Art. 2901 cod. civ.
[3] Cass. sent. n. 4077/96.